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Vikings 6×13 – The SignalTEMPO DI LETTURA 5 min

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Vikings 6x13 recensioneForse la scelta di rilasciare l’ultima parte assoluta di Vikings tutta in un solo colpo si sta rivelando più efficace di quanto si potesse pensare. Con un accordo speciale infatti, Prime Video ha scippato l’esclusiva degli ultimi 10 episodi a History, regalando ai fan la possibilità di lanciarsi alla scoperta del finale di Vikings con il più classico dei binge-watching. Una scelta che può essere apprezzata o meno a seconda dei gusti di fruizione (e di questo se ne è già discusso in altre sedi), ma che in questo caso specifico potrebbe risultare favorevole alla serie stessa.
Negli ultimi anni, l’arrancare di Vikings si è fatto sempre più evidente, vuoi per l’inesorabile dipartita dei protagonisti storici, vuoi per l’aumento degli episodi passati da 10 a 20 sin dalla quarta stagione. Questo ha portato la serie di Michael Hirst a dar vita a puntate spesso vuote, con un susseguirsi di eventi di relativa importanza che sembravano voler solo prendere tempo. E anche quest’ultima parte non sembra venir meno a questa pecca, portando il rilascio in blocco a risultare molto più favorevole nel digerire episodi un po’ meno carichi di azione e pathos.
Come già visto nello scorso episodio, anche “The Signal” si mostra come una puntata di transizione, che vuole semplicemente presentare tutti gli eventi che avvengono nelle tre diverse locations prese in esame senza però osare oltre.

GLI ULTIMI FIGLI DI RAGNAR


Innanzitutto va sottolineato come il giostrarsi degli autori tra i tre filoni principali non stia funzionando al meglio. La puntata non fa altro che dividersi in tanti spezzoni diversi, con storyline che si susseguono a sprazzi confusi, regalando solo poche scene spicciole per ogni protagonista senza fermarsi ad approfondirne nessuno. Certo, questo può essere sicuramente imputato al fatto che la narrazione è appena ripresa e quindi la storia non è ancora entrata nel vivo (pessima scusa se si considera che è comunque una seconda parte e per giunta l’ultima in assoluto), tuttavia alcuni frangenti sembrano già privi di quella verve necessaria ad attirare l’attenzione sin dal preambolo.
Su tutti, non può che dispiacere nel veder messo così da parte il personaggio di Ubbe. Il figlio di Ragnar non ha mai avuto uno spazio adeguato all’interno della trama, ritagliandosi spesso e volentieri piccoli frangenti in cui riusciva a fare un passo in avanti per poi tornare nuovamente in stand-by. L’avventura che adesso lo vede protagonista ha sicuramente dei margini di miglioramento, soprattutto se dovesse andare a buon fine e rendere Ubbe protagonista di una pagina di storia vera; tuttavia, per ora l’essere recluso tra le onde e alle prese con una lotta non ancora ben definita con Kjetill non fa altro che abbassare lo standard della sua storyline. Senza contare che, a livello di protagonisti, si è di nuovo abbandonata l’Islanda con un nulla di fatto. Ma qual era dunque lo scopo di questa trama?
Molto ambivalente invece è la questione che riguarda gli altri due fratelli Lothbrok. L’inizio di episodio lasciava presagire un’ennesima spaccatura non solo tra Ivar e Hvitserk ma anche a livello narrativo, per una gestione che risultava ripetitiva e senza più possibilità di redimersi. La nuova dipendenza di Hvitserk, Ivar che sembrava cadere dritto nel bel mezzo di una trappola e lo scontro bambinesco tra i due aveva fatto suonare già i primi campanelli d’allarme. Lo sviluppo che invece ha poi preso questa parte di storia si è rivelato senza dubbio il migliore dell’episodio, soprattutto perché, ad ora, è anche l’unico che sembra muoversi e andare da qualche parte. La collaborazione tra Ivar e Hvitserk almeno nei momenti importanti sembra funzionare bene, in più risulta decisamente positivo vedere come Katia non fosse alle prese con un ennesimo doppiogioco, anzi, sia realmente intenta ad aiutare Igor e partecipare al piano di Dir. Si spera che la fuga vada a buon fine, dato che la guerra aperta che ne scaturirebbe contro un Oleg furioso sarebbe sicuramente uno degli highlights maggiori in vista del finale.

KATTEGAT ALLA ROVINA


Con tutti i Lothbrok in giro per il mondo, la povera Kattegat sembra invece abbandonata a sé stessa. Questo è un altro dei punti deboli della puntate e, se non si agirà al più presto, anche di questa parte di stagione. Tra tutti i personaggi coinvolti Gunnhild si è sempre mostrata carismatica e accattivante al punto giusto, tuttavia la donna da sola può fare ben poco e il resto della crew che le gravita intorno in quel di Kattegat ad ora non aiuta per niente. L’elezione per la corona tra lei e Ingrid, apparecchiata dalle trame di Erik, si è mostrata sin dall’inizio priva di qualsiasi fervore a livello narrativo, portando questa parte della narrazione ad essere una delle meno intriganti. Paradossalmente, va dato merito al fantomatico King of all Norway di aver alzato l’asticella in questa altrimenti scarna situazione. L’arrivo di Harald serve infatti ad aumentare un po’ la verve inerente la questione politica a Kattegat che altrimenti rischiava di soccombere alla noia più totale. Sicuramente Kattegat sta già pagando l’abbandono del nido da parte di praticamente tutti i protagonisti principali, e lasciare l’intera vicenda in mano a character meno interessanti non giova di certo all’intera narrazione.
Un momentaneo stallo che si spera non duri troppo, aspettando che le maggiori storyline convergano presto lì dove tutto è iniziato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La grande fuga capitanata da Ivar: una storyline che promette decisamente bene
  • Accantonamento della diatriba tra Ivar e Hvitserk: in questo modo e in questo contesto del tutto inutile 
  • Grandi aspettative verso l’Oleg furioso 
  • La maledizione dei figli di Bjorn: dopo Hali, anche la povera Asa 
  • Kattegat abbandonata a sé stessa sotto la guida di personaggi che non spiccano 

 

Vikings continua a marciare verso il finale ad un ritmo troppo lento, con storyline ancora troppo distaccate e lacunose. Si spera solo che la fuga di Ivar &Co sia l’inizio di una vera e propria escalation finale.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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