“This manual cannot teach anyone how to be, or become, a good interrogator. At best it can help readers to avoid the characteristic mistakes of poor interrogators.” (Kubark Counterintelligence Interrogation)
Gli anni della Guerra Fredda negli Stati Uniti sono stati gli anni delle sperimentazioni e della più grande progressione scientifica che si sia mai vista. Ma non solo la scienza ha visto la propria fioritura in questi anni. Molte branche sono nate in questo periodo dove la psiche umana è diventata il soggetto diretto verso il quale si voleva sperimentare, scoprire e portare potenziamento.
Non si sta parlando di Stranger Things o di fantasiose teorie del complotto, ma alle volte la realtà supera la fantasia: il progetto MKULTRA era il nome in codice di una serie di esperimenti clandestini ed illegali portati avanti sugli esseri umani che, unitamente alle procedure degli interrogatori, comportavano il progressivo cedimento mentale (e fisico) della persona da cui si intendeva estrapolare informazioni. Messe da parte manette e la fantomatica lampada sparata in faccia, la CIA intendeva sperimentare droghe naturali o sintetiche, ma anche elettroshock, ipnosi, onde sonore ed elettromagnetiche, cercando di trovare quel mix corretto per far effettivamente confessare una persona.
Potrebbe risultare una cosa aberrante da leggere e la mente forse fatica a concepire tutte queste informazioni nel mondo reale e non fantasioso di una serie tv, tuttavia i documenti desecretati e le immagini provenienti da prigioni di guerra e non (si pensi ad esempio ad Abu Ghraib o Guantanamo), combaciano con quanto narrato e presentato da questa docuserie originale Netflix.
Wormwood ha quindi una naturale venatura di critica sociale, data la tematica, tuttavia Errol Morris non è Michael Moore e la struttura con la quale si intende affrontare la storia lo chiarisce fin da subito: la serie tv si fonde con gli elementi documentaristici presentando una sinergia rara ed un primo capitolo di circa quaranta minuti di cui non si sente il peso; è evidente l’assenza di elementi a loro modo di black humor che sotto un certo aspetto Moore inserisce per strappare un’amara risata al proprio pubblico.
Morris predilige sfruttare le proprie voci narranti sotto vari punti di vista, variando la telecamera di ripresa ed alternandoli tra loro; Peter Sarsgaard, un attore di qualità forse il più delle volte sottovalutato, si fonde alla perfezione con la struttura narrativa, riuscendo a presentare in poche riprese un Frank Olson umano e padre di famiglia (quindi una figura “robusta”), ma anche dipendente da altre persone sul campo di lavoro (rappresentazione della fragilità umana e caratteriale del personaggio).
“‘He had an accident and he fell or jumped out the window’. And how do these terms comport with each other? If he jumped out the window how is that an accident? But on the other hand what does it mean to say you fell out of a hotel room window? What does that even mean? What does that look like? A lot of my childhood and youth were spent kind of juggling these terms around. How does fall, jump and accident… how can you arrange this triangle of terms so that this thing gets sorted out in any possible way?”
La storia in generale verte non su Frank, ma sul figlio Eric e su come la morte del padre venga assorbita e rielaborata in ambito famigliare. Ma questo accadeva nel 1953, una data sepolta dalla polvere depositatasi nel tempo. Infatti, solo nel 1975 la United States President’s Commission on CIA Activities within the United States (Rockefeller Commission) riconoscerà a tutti gli effetti che la morte di Frank Olson non è stato un semplice incidente o suicidio, ma causato dalla serie di esperimenti a base di LSD che la CIA portava avanti in segreto. Ventidue anni servirono per ammettere la colpa dell’Agenzia per una morte innocente e, ben presto, si puntò subito alla veloce insabbiatura: il Presidente Ford (che aveva sostituito Nixon, scampato ad un sicuro impeachement) accoglie la famiglia Olson alla Casa Bianca, fa da cicerone ma ben presto si cerca di mettere a tacere la vicenda legata alla morte di Frank, puntando su un risarcimento. Ed a quanto pare, a questo punto della storia (1975), tanto basta alla famiglia Olson per poter ritrovare pace, riabilitare il nome del padre e poter cercare di mettersi alle spalle una serie di avvenimenti che per anni (22) hanno tormentato il loro sonno.
Wormwood rappresenta un prodotto ibrido tra miniserie tv (solo sei episodi) e documentario, ma il risultato finale portato in scena toglie qualsiasi dubbio: assenza di attimi morti, ricambi tra voci narranti e scene recitate con Sarsgaard, insomma una produzione di alto livello per una tematica che tanto affonda le radici nel passato ma che tanto può riscontrare tracce della sua presenza e ridondanza nel presente. Wormwood riesce, in poche parole, a risultare attuale e tangibile, nonostante tratti di fatti passati.
“And the third angel sounded, and there fell a great star from heaven, burning as it were a lamp, and it fell upon the third part of the rivers, and upon the fountains of waters. And the name of the star is called Wormwood: and the third part of the waters became wormwood; and many men died of the waters, because they were made bitter.” (Revelation 8:10-11)
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.