Chi vi scrive è ancora in lutto per la cancellazione ingiusta e autolesionista di Lie To Me, uno dei pochi procedurali diversi dal solito anche solo per il fatto che lavorava su una tematica come quella del linguaggio corporeo che è un campo aperto ed estremamente interessante. Quando negli Upfronts la ABC aveva annunciato Mind Games sembrava che lo scettro del defunto Lie To Me potesse essere ripreso in mano tramite un drama basato su “giochi mentali” e manipolazione incosciente di terze persone, tuttavia l’incognita del come sarebbe stato proposto il tutto era fondamentale e quindi mi riservai di bollarlo con un “Not Bad”. Ora, a distanza di 10 mesi, mi sono approcciato al “Pilot” con dovuta cautela, anche viste le bassissime medie d’ascolto, e posso dire con una certa tristezza nel cuore che Mind Games è la tipica serie dalle ottime premesse ma realizzata malissimo. Detto questo avete il diritto di farvi scendere una lacrimuccia.
Il creatore della serie è Kyle Killen, uno che non ha mai avuto molta fortuna in tv e che probabilmente continuerà a non averla: nel 2010 esordì sulla FOX con Lone Star, se non l’avete mai sentita è perchè venne cancellata dopo soli due episodi; successivamente ci riprovò con il più noto Awake che, pur riuscendo a concludere la stagione, venne cancellato senza troppi problemi da NBC l’anno scorso. Per uno con questo curriculum non dovrebbe essere difficile capire i propri errori e con una terza chance è lecito aspettarsi dei miglioramenti, tuttavia la realtà è ben diversa e gli ascolti sembrano garantire a Mind Games una cancellazione in tempi brevi a meno di sorprese.
Un’occasione sprecata come questa è spesso e volentieri caratterizzata da un susseguirsi di scelte sbagliate che, una volta radicate nel profondo, molto difficilmente possono essere cancellate, nello specifico qui si parla di cast, spiegazioni scientifiche ed attenzione ai dettagli. Premesso che non ho avuto voglia di andare a confermare la veridicità delle procedure utilizzate per la manipolazione delle persone ma supponendo che abbiano un fondamento di verità, rimane il fatto che le loro spiegazioni, così come la loro messa in pratica, lasciano alquanto a desiderare. La teatralità ha preso nettamente il sopravvento sulla mera realizzazione tecnica e questa è una colpa su cui non si può soprassedere perchè l’attenzione ai dettagli, specialmente in un pilot ed in un ambito relativamente inesplorato come questo, è doverosa quanto necessaria al pieno apprezzamento.
Altro grosso problema di Mind Games è il cast. Ammetto di non avere una simpatia viscerale per Christian Slater e quindi magari sono partito con dei pregiudizi nei suoi confronti tuttavia, alla fine della fiera, di salvabile ci sono solo lui ed i due aiutanti e questo basterebbe per farvi capire quanto sia stato poco azzeccato il casting. Merito anche di una sceneggiatura non all’altezza, i due protagonisti, Clark e Ross Edwards, risultano fin troppo sopra le righe per poter risultare credibili sia nella realtà che su schermo. Se Steve Zahn ha il difficile compito di interpretare il genio bipolare, nonchè ex professore universitario esperto di fama mondiale nel campo del comportamento umano, della psicologia e della motivazione, Clark Edwards, Slater deve invece provare a tener su la baracca, sia televisiva sia imprenditoriale, tramite l’utilizzo di trucchetti e di doppi giochi degni di Dr. House. Non ho mai amato molto far paragoni con altri character proveniente da serie diametralmente opposte ma è normale che House abbia fatto scuola ed è normale che si pensi a lui quando si ha la necessità di creare da zero un personaggio fuori dagli schemi che abbia un certo appeal verso il pubblico. Slater e Zahn funzionano abbastanza bene su schermo però è innegabile come quest’ultimo, già gravato da un bipolarismo poco realistico, sia appesantito nella recitazione dalle fin troppo lunghe e snervanti conversazioni su Beth. E se non funziona uno dei protagonisti come può funzionare l’intera serie?
Il plot va verso lidi inesplorati e si muove schizofrenico senza lasciare dei punti fermi e questo, per quanto sembri una brutta cosa, è in realtà il solo punto a favore del “Pilot”. Se sai già come andrà finire un episodio vuol dire che il finale è telefonato e la sceneggiatura non è così buona come supponeva il team di scrittori, quindi, almeno da questo punto di vista Killen ha fatto un discreto lavoro. Bisogna comunque mettere i puntini sulle “i” e specificare che aver focalizzato troppo l’attenzione su problematiche sentimentali/famigliari a discapito di quelle lavorative è un demerito che si va direttamente a ricollegare alla scarsa quantità di tempo dedicata alla spiegazione delle tecniche di mind gaming. Il risultato è un prodotto superficiale che, pur sembrando gradevole, nasconde delle pecche macroscopiche che ne minano la struttura ma ciò che dispiace di più è vedere come un’idea intrigante e potenzialmente rivoluzionaria come questa (per una serie) sia stata gestita in maniera così vaga e pressapochista. Poteva essere un capolavoro, poteva.
PRO:
- Idea intrigante e tanto potenziale
- Feeling su schermo tra Zahn e Slater
- Manipolazioni mentali spiegate male e attenzione ai dettagli davvero bassa
- Casting molto poco convincente
- Intrighi e doppi giochi che sfiorano il credibile
Pilot 1×01 | 3.58 milioni – 1.1 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.