Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. 1×18 – ProvidenceTEMPO DI LETTURA 14 min

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Provvidenza: è il termine teologico che indica la sovranità, la sovrintendenza o l’insieme delle azioni attive di Dio in soccorso degli uomini.” O almeno, così Wikipedia spiega la traduzione italiana della parola “Providence”. E sapete che vi dico? Che non c’è modo migliore per descrivere la diciottesima puntata della prima stagione di Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. Dopo una Signora Puntata come “Turn, Turn, Turn“, c’era una problematica all’orizzonte, una problematica a cui ogni grande puntata dal carattere stravolgente deve far fronte: lo show terrà il tenore dell’episodio precedente, oppure scivolerà nella noia e nel pericolosissimo abbiocco da divano?
Fortunatamente, si è verificato il primo dei due scenari presentati, e visto come si è comportato il serial nella prima parte della prima stagione, vederlo azzeccare così tante puntate di fila senza mostrare un capello grigio, è di sicuro quello che rientra nella categoria “Atto Divino”. Contrariamente a quanto si possa pensare, sono puntate del genere che confermano lo status quo dello show e l’effettivo raggiungimento del next level. Sapete, non per sputare nel piatto dove si mangia, ma per quanto puntate come la scorsa siano bellissime ed esaltanti da vedere, non dico che sarebbero capaci tutti di farle, ma quasi; obiettivamente, nella costruzione di un serial e di tutti i suoi eventi che definiscono i personaggi, episodi catastrofici e pieni di morti sono paradossalmente i più semplici, poiché (come ci insegnavano alle elementari) far crescere un albero è faticoso ed impegnativo, ma bruciarlo? Ci si impiega pochissimo. E’ da questi episodi, i quali affrontano faccia a faccia gli aftermatch della puntata precedente, che si può realmente capire se lo show sa quello che sta facendo ed è consapevole di come girano le cose. Da questo “Providence”, ufficialmente, non ci sono più dubbi: Marvel’s Agents Of SHIELD ha fatto il suo attesissimo level up. Da cosa si capisce? Ora ve lo spieghiamo.
Innanzitutto, lo si capisce dal protagonista morale (o meglio, amorale) della puntata: John Garrett, ormai ufficialmente identificato come il celeberrimo Chiaroveggente. Mai prima d’ora lo show aveva avuto un cattivo così incisivo, così carismatico, così magnetico e attraente (non nel senso fisico, sia chiaro), un antagonista che ogni volta che compare davanti alla camera da presa, non è quello che dice o fa, ma come lo dice e come lo fa che gli fa guadagnare la simpatia dei più, anche se è uno stronzo voltagabbana pronto a sterminare come cani i nostri beniamini. Non a caso occupa proprio il personaggio di Bill Paxton l’immagine d’apertura della nostra recensione, lui e quello sguardo che sembra dirti: “Cazzo guardi? Sparisci e vai a leccarti la pipì che ti sei appena fatto nei pantaloni”; e quello che è ancora più eccezionale, è che l’attore sembra proprio divertirsi in questo ruolo. Non ci sentiamo così fanboy da paragonarlo al Walter White di Bryan Cranston, ma di sicuro ci sentiamo di dire che hanno frequentato la stessa scuola per malvagi. Lo segue a ruota pure l’allievo, l’agente S.H.I.E.L.D. (o meglio, ex) Grant Ward.
Da clonazzo di Capitan America misto a soldato “faso tuto mi” e tutto regole e protocolli, a re degli agenti doppiogiochisti; è grazie a questo suo voltafaccia che scopriamo inoltre certi retroscena di alcuni sviluppi che sembravano avere una spiegazione più che logica (anche se poco esplicita), come la sua relazione con May. Insomma, che c’era di misterioso? Due persone si piacciono, non vogliono avere intenzioni serie, e quindi si trombano come treni. Chi l’avrebbe mai detto che in realtà era solo un modo per evitare di attirarsi addosso paranoie generali del Team Coulson e controproducenti sospetti su di lui? Scazza che per una intera stagione questo personaggio sia stato lì, nel mezzo dei personaggi mediocri, nè troppo interessanti, ma nemmeno troppo noiosi e ora, invece, sia nel ruolo del cattivo che trova la sua dimensione e (come Paxton) anche Brett Dalton sembra divertirsi un macello; purtroppo a volte le serie TV funzionano così: se vuoi emozioni, devi aspettare che i tempi siano maturi. E ora guardate che bel raccolto di emozioni e situazioni che abbiamo!
E a proposito di raccolti: se per l’HYDRA s’è sbarcato il lunario, per lo S.H.I.E.L.D. c’è in corso una crisi senza precedenti che ha costretto l’organizzazione e i suoi pochi fedeli a tirare la cinghia sotto ogni punto di vista. Organizzazione blanda, poche armi e tecnologia antiquata e difettosa, più che la Madre delle organizzazioni segrete, sembra un piccolo paesino che deve riprendersi da una guerra. Lo S.H.I.E.L.D. è colato a picco, e il Team Coulson con esso, solo che molti di loro sono più impantanati sul fondo di altri, basti guardare l’isterico sfogo di Phil che tra una menzogna e l’altra, si vede sia portare via l’unica ragione della sua “vita” (dato che ancora non s’è capito cosa diavolo sia), sia scoprire che il suo gruppo è un castello di ghiaccio messo sotto il sole del deserto; il momento in cui la sua fragile debolezza viene messa a nudo è costruito in una maniera così intima e toccante che la lacrimuccia ci sta proprio, è sempre bello guardare a occhio nudo l’animo di figure come gli agenti segreti che si confessano e sputano il marcio che attanaglia il loro cuore. Anche per Clark Gregg, non si può di certo dire che non abbia preso a cuore il personaggio. Nonostante la dilagante sfiducia del Team protagonista del serial e delle pezzentissime condizioni in cui sono costretti ad operare, stranamente, sembrano funzionare meglio in quest’episodio che in ogni altro; tutti i membri della squadra non si fidano di almeno uno di loro e tutti hanno motivi personalissimi per sentirsi sfrattati di casa con lo smantellamento dell’organizzazione di Nick Fury, ma resistono ancora, e stanno ancora tutti insieme nonostante i problemi, perché è meglio essere “agenti delle cause perse” che “agenti del niente”.
La grande coesione generale del Team si vede anche dal ruolo di Skye, già da molto tempo fortemente ridimensionato: ora questo è un gruppo e non il gruppo di Skye come sembrava nei primi episodi. Se avete l’impressione che la puntata abbia sollevato un sacco di punti esclamativi e di situazioni apparentemente irrisolvibili, beh, non siete pazzi, è davvero così; lo show vuole davvero farci credere che la speranza sia stata la prima a morire e che adesso non ci sia più niente da fare. E ci riesce. HYDRA prepotentemente sul piede di guerra, pericolosamente armata, con i servigi di Ian Quinn, Raina e probabilmente Graviton e Ward che si appresta a seminare scompiglio nelle già pericolanti vite dei suoi ex-amici: la domanda “Cosa succederà ora?” non è mai stata posta così forte. Almeno sappiamo che Nick Fury sta bene: la speranza di certo non è morta, però sta molto male.
In generale, è uno di quegli episodi dove non sembra succedere niente, ma quel niente è reso magistralmente. Tutto il ben di Odino, però, ha solo un piccolo difetto: il budget. Probabilmente molti si stanno lamentando del fatto che mancano certi dispendi di mezzi e di effetti speciali che contraddistinguevano i primi episodi; il problema è che, vuoi una prima metà stagione scadente, vuoi le continue pause ingiustificate, il tutto ha contribuito ad un controproducente abbassamento di ascolti che ha considerevolmente influenzato i soldi che la ABC sgancia al serial. La cosa funziona un po’ come i genitori e la scuola: voti alti, tante caramelle. Beh, nonostante il grande spettacolo che ci sta regalando, il trattamento a cui è stata sottoposta la serie e il mediocre andazzo dei primi episodi hanno costretto la produzione a tirare la cinghia; ciò è facilmente intuibile dalle locations che sembrano i paesaggi che ti danno con il Playmobil: piccoli e fintissimi. Tutto ciò, anche se è un considerevole problema, non sembra ostacolare la più che eccellente fattura dell’episodio e della serie in sé, che sta sparando tutti i suoi colpi migliori per farsi riconfermare la seconda stagione.

 

L’angolo del Nerd della fumetteria all’angolo
 
Quest’episodio è stato molto ghiotto di riferimenti e citazioni, quindi, direi che è il caso di riportarvele. Shall we start?
  1. Come “T.A.H.I.T.I.“, “Yes Men“, “End Of The Beginning” e “Turn, Turn, Turn” quest’episodio fa parte di una saga in sette parti intitolata: “Uprising”. E’ il primo arco narrativo della serie che, a quanto pare, porterà il Team Coulson in rotta di collisione con il Chiaroveggente. Le parti di cui è composto l’evento sopracitato è stato aumentato a sette.
  2. “Providence” è stato pubblicizzato dalla Marvel Comics con una immagine promozionale realizzata dal disegnatore Paolo Rivera. Cliccate qui per visualizzarla.
  3. Nell’episodio, compare il Barber Shop Headquarter, location molto ricorrente nei primi anni editoriali di Capitan America e Nick Fury. Questo particolare nascondiglio dello S.H.I.E.L.D. fa la sua prima comparsa su Strange Tales #136 del 1965 e ha avuto diverse funzioni nel corso degli anni: quella di fungere come un nascondiglio vero e proprio (da utilizzare solo in caso di emergenza) oppure come punto di estrazione con cui raggiungere facilmente la base S.H.I.E.L.D. più vicina. Nei fumetti, a seguito di diverse falle, intrusioni e talpe nell’organizzazione, queste basi sono cadute in disuso e molte di loro sono state distrutte o smantellate. Il primo Barber Shop Headquarter era situato a Manhattan, per poi essere disseminato da tutte le parti del mondo via via che lo S.H.I.E.L.D. cresceva; in Marvel’s Agentes Of S.H.I.E.L.D. quest’aspetto non viene approfondito moltissimo, ma viene lasciato intendere che venga usato come distaccamento secondario di istanza a Cuba.
  4. Quando Skye riconsegna il suo distintivo, ci rimane un pò male e commenta il fatto di non esserselo goduto abbastanza dicendo che senza di questo non sono agenti S.H.I.E.L.D. ma “agents of nothing”. Guarda caso, “Agents Of Nothing” è un commento che si rifà tantissimo alla storia d’apertura della serie mensile “Secret Warriors” chiamata (per l’appunto) “Nick Fury: Agent Of Nothing”. Seppur presentando un contesto e uno sviluppo diverso, questa storia in sei parti racconta di Nick Fury al comando di un gruppo di agenti segreti (imparentati, in qualche modo, a criminali ed eroi poco noti dell’Universo Marvel) addestrati da lui stesso e usati come un gruppo black op finalizzato a fronteggiare L’HYDRA e l’H.A.M.M.E.R., ora che quest’ultima ha smantellato lo S.H.I.E.L.D. Anche se molto diversa, la piega che ha preso Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. vede il Team Coulson ricoprire praticamente lo stesso ruolo: l’ultima speranza dell’organizzazione contro HYDRA. Forse non era una vera e propria citazione, ma le coincidenze e le similitudini con questa storia erano molto forti.
  5. In quest’episodio fa un brevissimo cameo il criminale Blackout, villain di Serie C dell’Universo Marvel che si è scontrato varie volte contro Nova e Capitan Marvel; è tra i criminali che viene fatto fuggire da John Garret ed è l’unico a cui viene ripresa la faccia per pochi istanti. La produzione ha dichiarato che avrà un ruolo di maggior importanza nell’episodio diciannove.
  6. Quando Ward e Garret parlano di tutti i criminali che hanno arrestato, citano un certo John Horton. Come Blackout, anch’egli è uno dei criminali di serie C dell’Universo Marvel meglio conosciuto con l’alias di Griffin. Nel tentativo di farsi un nome nella criminalità di New Orleans, fu reclutato dall’organizzazione segreta conosciuta come “Impero Segreto”, la quale fece esperimenti su di lui e lo trasformò in una manticora (una sorta di chimera, per intenderci). Nel corso degli anni non ha avuto dei nemici fissi, ma si scontrò molte volte con un supergruppo di Los Angeles (ora scioltosi) chiamato “I Campioni” formato da: Angelo, l’Uomo Ghiaccio, la Vedova Nera, Ercole, Ghost Rider e Stella Nera.
  7. Garrett, nel suo giro per incoraggiare i suoi uomini, parla con un certo Kaminsky. Che sia Arnold Kaminsky alias Tech? Un nemico di Serie C dei Fantastici Quattro? Potrebbe, se non fosse per il fatto che i diritti degli FQ e di tutto il suo cast sia in mano alla Fox con la quale la Marvel non ha bei rapporti.
  8. In quest’episodio, ricompare Grativon. Per maggior informazioni sul personaggio, consultate la recensione di “The Asset“.
Facce da Fumetto
Conosciamo un pò di più i volti noti (e ignoti) dell’Universo Marvel cartaceo trapiantati qui, in questo serial televisivo dedito ad espanderne l’universo.
Glenn Talbot

 

Il Maggiore Glenn Talbot è il diretto subordinato del Generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross (eterno nemico ed inseguitore di Hulk), assegnato alla Base Gamma sotto sua esplicita richiesta nel ruolo di supervisore alla sicurezza; in realtà, con il tempo, si scoprirà che i veri motivi per cui fu assegnato a quel ruolo furono per: una missione segreta con l’obiettivo di monitorare le azioni di Bruce Banner e tenerlo d’occhio; fare una maggiore conoscenza della figlia, nella speranza che Betty Ross preferisca sposare lui invece che Banner. Comparso per la prima volta su Astonishing Tales #61 del 1964, egli è a tutti gli effetti uno degli antagonisti più importanti nel cast dei villains di Hulk, visto che è lui a scoprire per primo che Bruce e Hulk sono la stessa persona (informando, poi, i suoi superiori e i media). A seguito dello scandalo che ha reso pubblica la sua identità, nel tentativo di evitare l’arresto, Banner diventa un fuggitivo e Talbot riesce a sposare Betty Ross, ma il loro matrimonio fallisce poiché la donna è ancora innamorata dell’alter-ego di Hulk, provocando nel Maggiore un forte risentimento verso il Golia Verde. E’ proprio grazie a questo infinito odio verso Hulk/Bruce Banner che Glenn Talbot comincerà una caccia spietata contro di lui, una caccia che durerà per molti anni. Troverà la morte, in uno dei suoi ultimi e scapestrati piani, fronteggiandolo per vendetta con una armatura sperimentale e difettosa che non reggerà i colpi dello scontro. In questa versione interpretata da Adrian Pasdar, oltre ad essere presentata già con il suo grado massimo (Colonnello, che raggiungerà molto tempo dopo nei fumetti), non lascia molti indizi riguardo al suo coinvolgimento nelle trame di Hulk; quello che sappiamo, è che appare in perfetta linea con la caratterizzazione originale del personaggio: un omuncolo burocratico tutto “signorsissignore”, precisino, altezzoso e scassacoglioni. 

Eric Koenig

 

Eric Koenig è uno degli uomini di cui Nick Fury si fida di più al mondo. Egli combatté al suo fianco nella Seconda Guerra Mondiale come uno dei membri originali del suo squadrone: gli Howling Commandos, ricoprendo il ruolo di pilota; originariamente era un soldato dell’esercito tedesco, ma disertò quando i Nazisti uccisero sua sorella, si unì quindi a Fury e al suo gruppo in cerca di vendetta. Concluso il conflitto, Koenig fu uno degli Howlers scelti per formare lo S.H.I.E.L.D., nomina che fa di lui uno dei primissimi agenti dell’organizzazione. Eric ci lavorò come agente operativo fino a quando l’organizzazione non fu smantellata da Norman Osborn e rimpiazzata con l’HAMMER, versione dell SHIELD ad immagine e somiglianza dell’ex-Goblin; a seguito di questo cambio, Koenig se ne andò e si unì alla versione PMC (Private Military Company) degli Howling Commandos gestita da Dum Dum Dugan e Jasper Sitwell. Però, durante un raid che vide una gigantesca fazione di Howling Commandos e HYDRA scontrarsi, Eric Koenig rimase ucciso durante il conflitto. La versione presentataci in quest’episodio da Patton Oswalt differisce molto da quella originale, a partire dal fisico (palesemente distante dalla versione originale); si discosta dalla controparte cartacea soprattutto per il carattere, che nei fumetti è molto serioso, freddo, distante e chiuso. Qui invece sembra essere tutto l’opposto, anche se mantiene un certo profilo professionale.

PRO:
  • Superlativa gestione delle conseguenze causate dall’episodio precedente
  • Grant Ward & John Garrett
  • Team Coulson
  • Twist finale con Ward di nuovo nel gruppo: cosa ci aspetta?
CONTRO:
  • Considerevoli problemi di budget

 

Grande episodio. Compatto, solido, con grandi personaggi e tutti nella loro dimensione tridimensionale fatta di un background psicologico preciso ed emotività sincera, calati in una trama sempre ricca di sorprese, elettrizzante e ora capace di tenere con il fiato sospeso. Peccato per il discorso budget e per il fatto che manchino circa quattro episodi alla fine della stagione, perché Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. ci sta regalando ad ogni puntata un grandissimo spettacolo e forti emozioni. Speriamo che tutti i colpi migliori che sta sparando servano per riconfermare la seconda stagione, perché se partirà come sta finendo, ne vederemo certamente delle belle!

 

Turn, Turn, Turn – 1×17 4.91 milioni – 1.7 rating
Providence – 1×18 5.52 milioni – 2.1 rating

 

VOTO EMMY

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