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Under The Dome 3×03 – ReduxTEMPO DI LETTURA 5 min

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A livello teorico, ma sopratutto per motivi di produzione e trasmissione delle puntate, “Redux” è catalogata come la terza puntata della terza stagione di Under The Dome. A livello pratico e di storytelling, l’episodio si presenta invece come la seconda puntata della terza stagione, poiché gli episodi uno e due si ponevano come due parti di una unica trama che si è preferito non trasmettere in doppio appuntamento, ma in unico e ben mirato colpo di fucile diretto ai testicoli, alla salute mentale e alla pazienza dello spettatore attraverso una première lunga ottanta minuti di pura sofferenza: giusto perché gli showrunner non vogliono abbastanza male ai loro fan. Cos’è cambiato nel giro di una settimana? I minuti di agonia, che scendono da ottanta a quaranta, ancora comunque troppi.
Partendo dalle cose che il serial, tratto dal The Dome di uno Stephen King in palese hiatus di bravura, riesce a fare bene, abbiamo una (sorprendente) accurata scelta delle tempistiche. Da una serie tanto povera di qualità quanto Olivia Wilde è povera di tette, Under The Dome riesce ad azzeccare il momento in cui confezionare una puntata intimista e di approfondimento caratteriale. Dal momento che tutti i personaggi che sono tornati da un’esperienza che li ha visti al centro di un viaggio temporale/spaziale/spazio-temporale/tempo-spaziorale, “Redux” si pone come obiettivo quello di mostrare gli effetti della loro esperienza traumatizzante, mostrandoci personaggi pieni di dubbi e terribilmente confusi e indecisi su quale realtà ascoltare: quella della Cupola, o quella del Dreamworld, così come l’avevamo chiamata la scorsa recensione. Qualcuno potrebbe dire che è logico e legittimo sfornare una puntata del genere adesso, visto che (come detto prima) “Redux” è praticamente la seconda puntata e che non ci sia nulla di così straordinario nel farlo. Dimenticate, però, che stiamo parlando di Under The Dome e che il serial aveva già commesso terribili e imperdonabili scivoloni che manco uno studente di cinematografia totalmente privo di coscienza avrebbe commesso. Traduzione: visto con chi abbiamo a che fare, non si sa mai. Sfortunatamente, però, nell’azzeccare il momento in cui mostrarci il nuovo sviluppo caratteriale dei Domers, quello che ci viene mostrato è, come frutto dei soliti difetti del telefilm, un insieme di caratterizzazioni totalmente forvianti e assurde: va bene non eccellere in certi campi come Olivia Wilde, ma almeno lei compensa egregiamente in altre maniere, come il suo bel viso e la sua grande capacità recitativa. E come sappiamo fin troppo bene, Under The Dome non è Olivia Wilde.
Per spiegare cosa intendiamo con “caratterizzazioni forvianti e assurde”, prendiamo due capre capri espiatori: Junior e Sam. Il primo, ormai, parla da sé: in 29 episodi non ha mai avuto una caratterizzazione costante, né tanto meno una evoluzione genuina e fluida, passando di puntata in puntata a nuove personalità come il peggiore degli psicopatici border line dell’episodio, cambiando più vesti lui che Lady Gaga; il personaggio dovrebbe suscitare empatia ed essere il simbolo della tematica di come i figli siano più o meno oppressi/in competizione con la reputazione dei genitori, ma invece è solo il prodotto di chi mette in pratica quello che ha capito leggendo un qualsivoglia testo di Freud al contrario e in sanscrito. Il secondo, invece, lo spieghiamo riportando un pezzo dell’episodio: Junior depresso per essere tornato dal Dreamworld tenta il suicidio, Sam però lo soccorre esordendo con la frase: “Cos’è successo di così brutto da farti desiderare il suicidio?” (o a grandi linee diceva una cosa così). Se il tv serial portasse la firma della Gialappa’s Band, ci saremmo fatti semplicemente una risata e avremmo raccontato la scena ai nostri amici in una sera di svago al bar. E invece no, la frase era intrisa di una serietà senza pari: cosa può esser successo di brutto da tre settimane a questa parte, escluso scoprire di avere una madre morta per finta per proteggere una cospirazione cosmica, vivere una vita parallela in una dimensione illusoria ed essere rinchiuso sottovuoto come un fottuto salmerino? Chiaramente, sono ragazzate per lo stoico Sam, il quale s’improvvisa pure assistente sociale e dà man forte a quelli che non sono riusciti a superare il trauma del passaggio da realtà a Dearmworld: lui, che falciava liceali nel tempo libero, è un po’ come Schettino che tiene una conferenza sulla sicurezza in mare. E questo era solo Sam: ora spalmate questa caratterizzazione su tutti gli altri del cast.
Dulcis in fundo: tutta la parentesi sci-fi che abbiamo elogiato la scorsa recensione, viene nuovamente e prontamente accantonata per far spazio a nuovi ed ennesimi triangoli amorosi, usciti dalla peggior serie teen, che tanto ci avevano scartavetrato i genitali nella seconda stagione, portandosi con sé anche quella dose di buona volontà che vedeva lo show cercare di darci un po’ di risposte in questa terza stagione; nemmeno i nuovi personaggi aiutano su questo fronte, che sebbene Catherine si ponga come una intrigante villain di natura fortemente machiavellica, facendo pure fuori Melanie per acquistare un po’ di fiducia (a proposito, grazie), il tutto non aiuta a far arrivare queste risposte.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Azzeccata tempistica per lo stretching caratteriale
  • La nuova villain
  • Ciao Melanie!
  • Junior
  • Sam, ora disponibile anche in versione assistente sociale: accettiamo solo casi disperati.
  • In generale, tutti gli altri personaggi.
  • Pessime caratterizzazioni
  • Elementi soap-opera. Di nuovo
  • Ma proprio nessuno nessuno s’è ricordato che Ben è morto?
  • Abbisognamo risposte. La pazienza è tipo finita

 

Salvo qualche miglioria che avrebbe già dovuto essere una costante nel serial, “Redux” mantiene inalterata la sua decadente qualità, addirittura peggiorando in certi fronti. Almeno c’era il cane, il quale sfoggia una recitazione di gran lunga migliore dei suoi colleghi, che quelli si che sono cani.

 

But I’m Not 3×02 6.90 milioni – 1.6 rating
Redux 3×03 5.18 milioni – 1.0 rating

 

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