0
(0)
La campanella non salva Under The Dome. I rintocchi crepuscolari e tetri del campanile si ergono tiranni sui minuti contati dello show, i quali, al loro scadere, lasciano spazio ad un unico suono: quello della falce del Mietitore Seriale, che vibrando fende l’aria e pone fine all’esistenza dell’adattamento televisivo del The Dome di Stephen King, troppo impegnato a covare odio verso Stanley Kubrick come la gallina di Nevio Nipoti, che a scrivere un libro peggiore di questa introduzione. Eppure, nonostante ciò, nonostante il colpo sia andato perfettamente a segno, nell’opera del mietitore si avverte un senso di incompiutezza: si avverte un senso di un qualcosa lasciato a metà e di un cerchio che, forse apposta, non si è voluto del tutto chiudere. Detto in parole meno romanzate: Under The Dome è finito, ma non nel modo che ci si aspettava e con quella conclusione definitiva che (anche involontariamente) si attendeva.
Il principale difetto di “The Enemy Within” è proprio questo: il fatto che questo series finale abbia anche la doppia valenza di season finale che chiuda le vicende della terza stagione e apra quelle per una ipotetica quarta (senza Dome), avvicinandosi più ad episodi come “My Name Is Oliver Queen” di Arrow, dove la puntata fungeva da chiusura di un grosso capitolo della vita del protagonista, aprendo così le danze per il capitolo successivo. Fortunatamente, questa quarta stagione di Under The Dome non la vederemo mai ma gli showrunner (nel loro infinito sadismo e odio per il telespettatore) piantano comunque i semi per una possibile continuazione del telefilm, forse perché speranzosi che qualche altro network poco sano di mente acquisti i diritti per la sua ritrasmissione, come successe in tempi non sospetti a Community, passato da NBC a Yahoo!. Ognuno crede nelle bugie che più gli fanno comodo: i mariti cornuti preferiscono pensare che la propria moglie si stia semplicemente esercitando a fare il cosplay di Lori Grimes, così come gli sceneggiatori del serial in questione continuano a ripetersi che un giorno Under The Dome rinascerà come Heroes. Nonostante ciò, la domanda però persiste: perché giocarsela così? Perché orchestrare questo finale aperto che quasi mai suona come vera e definitiva conclusione di una storia?
Purtroppo questa domanda è di una levatura simile a quesiti come “chi ha ucciso JFK?”: sono punti interrogativi di cui non si saprà (forse) mai la risposta, lasciando spazio a dozzine di teorie; quindi, quello che possiamo offrirvi è solamente la nostra teoria, anche perché difficilmente sapremo veramente come le cose, dietro le quinte, siano andate. Il sospetto è che già agli inizi della terza stagione CBS abbia richiamato ufficialmente il serial, avvertendo la crew di rigare dritto e di non sprecare il miracolo del rinnovo avvenuto a fine della seconda stagione; “parole scritte sull’acqua”, come disse Catullo. Dopo la dipartita dell’originale showrunner e produttore esecutivo Brian K. Vaughan, è stato sempre più difficile mettere ordine e senso all’interno della narrazione, facendo si che il metodo CoseACaso™ s’impadronisse dello show. La voce della cancellazione, insomma, girava nell’aria, ma la crew ha preferito comportarsi come se fosse già stata confermata una nuova stagione, dando comunque una conclusione alla trama che vedeva l’imbottigliamento di Chester’s Mill.
Al di là, poi, di tutte le altre brutture che “The Enemy Within” ci offre, una vera presa per il culo è il modo superficiale e abbastanza anonimo con cui la Cupola viene distrutta, tolta dalla storia come se fosse ormai una pesante zavorra che impediva al serial di esplodere in una nuova forma: forma che, va detto, è totalmente slegata dal romanzo originale e più vicino ad un altro serial di indecente fattura. Il motore trainante di 39 episodi viene tirato via in fretta e furia, come se fosse una fastidiosa macchia di sugo su un vestito elegante: ci mancava solo che Under The Dome non fosse più Under The Dome, ma qualcos’altro di infinitamente più incentrato sul plagio e intriso di ancor meno senso e ancor più scemenza. Anche questo dettaglio conferisce ancor più amarezza al season/series Finale: il fatto che, se fosse continuato, non avrebbe avuto più molto senso chiamarlo Under The Dome. Certo, i personaggi sarebbero stati gli stessi ma gli scopi sarebbero stati differenti, se non totalmente opposti agli originali, basti vedere alcuni radicali cambi di caratterizzazione, come: un Big Jim che imita Kevin Spacey in House Of Cards, Dawn come nuovo e totalmente insipido villain e Norrie che, più che un soldato donna (con la parrucca che usava), sembrava più un pene eretto vestito da soldato e munito di un preservativo a forma di parrucca.
In compenso c’è il cane che alza il livello e si è comportato in una maniera analoga a quella di Brian dei Griffin: mai trovato strano e ironico che un cane fosse più intelligente di tutto il cast animato del cartoon? Forse è meglio spendere il nostro tempo sviluppando questo pensiero piuttosto che immaginare l’apocalittico scenario di scemenza che sarebbe emerso nella quarta stagione di Under The Dome, disponibile solo nei network dei nostri incubi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Tra Ottave Note spuntate fuori dal nulla, la cui provenienza è stata spiegata con le parole di un Luca Giurato sotto un mix di prozac e metadone, dialoghi scritti da un ciarlatano e un generale mood dell’episodio che si trascina verso la fine, ansimando e pregando che il minutaggio della puntata si esaurisca presto, Under The Dome emette gli ultimi rantoli e muore dissanguato. Non è stata la vendetta che ci aspettavamo e di sicuro non rende giustizia ai tre anni di sofferenza passati a perdere tempo dietro a questo telefilm basandoci solamente sul buon nome di Stephen King, ma almeno è finita. Il cielo è azzurro sopra Matera.
Incandescence 3×12 | 3.70 milioni – 0.9 rating |
The Enemy Within 3×13 | 4.23 milioni – 0.8 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora