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Come si risolve il problema di scrivere la sceneggiatura di un episodio di un telefilm in pieno blocco dell’artista, tenendo pure conto di una scadenza che alita pesantemente sul collo dello sceneggiatore, dove la data di consegna si avvicina prepotentemente? Semplicissimo: riciclando vecchie idee, o alla peggio, confezionando un clip-show, se il serial in questione è curato da “sceneggiatori troppo pigri per inventarsi qualcosa di nuovo”, come auto-ironizzava Scrubs ogni volta che si trovava di fronte a scarsità d’idee. Sfortunatamente per noi, Under The Dome non solo non è Scrubs, ma alla corte dei suoi sceneggiatori ha trovato quelli forse più pigri e meno bravi: così, giusto perché l’espressione “al peggio non c’è mai fine” non ha abbastanza esempi.
Vedendo come sono andate le cose con lo scorso “Redux” e il nuovo “The Kinship”, tanto valeva che il serial tratto dal The Dome di uno Stephen King la cui bravura è stata rapita dagli alieni per studiarla e vedere come infonderla in anomalie umane come Fabio Volo, mandasse nuovamente in onda i due episodi in una nuova doppia puntata post-premiere; il difetto principale di questa scelta suicida, sarebbe stato quello di sorbirsi nuovamente ottanta minuti di questo poco autorevole tv serial estivo, ma almeno la crew avrebbe dimostrato onestà di intenti perché, a tutti gli effetti, “Redux” e “The Kinship” sono la stessa medesima puntata. Spieghiamo meglio il tutto prendendo come esempio la doppia première formata da “Move On” e “But I’m Not“. La coppia di episodi venne mandata in onda in un’unica serata perché entrambi legati da un filo conduttore comune, cioè quello del viaggio/breve permanenza nel Dreamworld di alcuni dei protagonisti, trama che sarebbe servita come chiusura del cerchio della stagione due e apertura di quella della stagione tre. Mandare in onda in separata sede le due puntate sarebbe stato un errore poiché girate con la formula “due in uno”, ovvero con una trama così lunga da aver bisogno del doppio del minutaggio per essere raccontata nella sua interezza.
Volendo, anche per “Redux” e “The Kinship” si sarebbe potuto seguire la stessa linea di pensiero, dato che la matrice con cui la terza e la quarta puntata sono state scritte e dirette è praticamente la stessa. Anzi, peggio ancora: il terzo e il quarto episodio si presentano come una di quelle lettere d’ordine proforma, in cui tutto il discorso è già impostato e bisogna solo aggiunge i nomi del destinatario e le date d’invio, che sono ovviamente diverse. In sintesi, assistiamo ad uno di quei copia/incolla pietosi dove la sceneggiatura, la regia e lo svolgimento degli eventi si presenta identico (a livello di eventi/tematiche) a quello della settimana scorsa, e anche se assistiamo a certi “cambiamenti” (tipo Norrie che torna con Joe), i punti e le tappe che “The Kinship” va a toccare sono sempre quelle: i rapporti interpersonali, la lavorazione sulla caratterizzazioni, lo scoppio improvviso degli ormoni che manco la piena pubertà e le conversazioni a cura di Lory DelSanto. Come protesta, RecenSerie era seriamente tentato di copiare e incollare la recensione di “Redux” cambiando giusto qualcosa, ma vogliamo sinceramente troppo bene ai nostri lettori e ci siamo astenuti.
Mentre l’elemento sci-fi è più scomparso della proprietà di linguaggio di Betello, quello da soap-opera è più in vista del “politically correct” di Povia e le risposte ai misteri di Under The Dome (promesso dagli showrunner con la solennità di Nostradamus) sono più lontane dell’inverno di Game Of Thrones, si muove la nuova villain Christine Price, che già comincia a stancare per il modo in cui si sta imponendo. La Price è solamente la versione femminile e di rimpiazzo di Big Jim e niente di più, dato che Rennie Senior ha preferito saggiamente mandare al diavolo tutto e tutti e procedere per conto proprio rendendosi protagonista delle uniche sequenze riuscite della quarta puntata; se proprio i momenti di protagonismo del Grande Jim vi sembrano assurdi, giustifichiamoli dicendo che anche lui (all’insaputa di tutti) è stato nel Dreamworld: in un altra vita, infatti, era Hank Shredder di Breaking Bad. Magari Under The Dome in un altra vita (possibilmente questa in cui scriviamo) fosse almeno la metà della magnus opus di Vince Gilligan. Magari.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Da “Redux” a “The Kinship” poco è cambiato, se escludiamo che l’arrivo per queste tanto pubblicizzate risposte si è fatta ancora più lontana e che questo quarto episodio e è più vicino ad un Harmony, che ad un romanzo del creatore de La Torre Nera. Il livello dunque s’abbassa d’una tacca per l’amara scelta del copia/incolla. Capiamo il bisogno di uno stretching caratteriale dei personaggi profondi come le pozzanghere e il tenersi buone certe rivelazioni per gli ultimi episodi, ma così non solo si continua a riproporre modus operandi di sviluppo caratteriale con cui Under The Dome non s’è mai trovato a suo agio, ma sopratutto si mette nuovamente a dura prova la pazienza dello spettatore. È tempo, visto che i riferimenti alle farfalle sono sempre tante, di uscire da quel dannato bozzolo di versione demo di un serial e cominciare ad essere un vero telefilm: nel limite delle sue possibilità, certo.
Redux 3×03 | 5.18 milioni – 1.0 rating |
The Kinship 3×04 | 5.12 milioni – 1.1 rating |
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