Ogni eroe deve necessariamente avere la sua nemesi: se c’è una cosa che fumetti, film, serie tv ci hanno insegnato è questa.
Il ruolo del villain è importante tanto quanto quello dell’eroe perché entrambi consentono allo spettatore di vedere il confronto tra due modi di agire diversi, coscienze (o no) che si pongono domande, debolezze e pregi dei personaggi. Un eroe senza una nemesi non può essere un eroe e una nemesi assume tale valenza solo se ha qualcuno con cui scontrarsi. Ciò che più affascina poi è assistere all’intreccio delle loro vite e di come i due finiscano addirittura per essere l’uno il complementare dell’altro: se uno di questi ruoli non è ben supportato o non scritto solidamente da risultare interessante e accattivante manca una parte fondamentale del genere eroistico e alla fine la trama ne risente.
Il midseason di Heroes Reborn ha diverse pecche, soprattutto considerato che siamo a meno tre episodi dal finale di stagione (molto probabile della serie) e una di queste si riferisce proprio alla mancanza di un personaggio negativo credibile come lo era Sylar (o come lo è Killgrave in Marvel’s Jessica Jones): Erica ci prova ma non ci riesce fino in fondo.
La donna non si capisce bene dove voglia andare a parare, se la fine del mondo, la città perfetta oppure la distruzione degli EVO ma, soprattutto, non ha il temibile appeal che ci si aspetterebbe dal suo personaggio. Non regge minimamente il confronto con Gabriel Gray, gli eroi che la contrastano non hanno niente da perdere, non c’è quella sensazione di panico, insomma proprio non funziona e questo è negativo per un prodotto che si prefigge di raccontare una vicenda contrapponendo il bene ed il male.
Se poi pensiamo che ciò che scatena la lotta tra buoni e malvagi, ovvero l’atto terroristico che vediamo in “Brave New World” è un’inganno, si perde quel senso di attaccamento alla realtà oltre lo schermo. Cosa resta? Come può il pubblico empatizzare con la vicenda? Attraverso le azioni degli eroi? Not enough.
Purtroppo anche nella fazione dei buoni non ci sono grandissime novità, nè di trama, nè di stile visivo. Prendiamo il filone giapponese che coinvolge Otomo, Miko e Ren: certo, la serie non è famosissima per la sua grafica o per l’estetica ma non si può trovare giustificazione per scelte così discutibili nell’era post-Heroes 2006 perchè, va bene l’effetto “telefilm di altri tempi” come detto in “Sundae, Bloody Sundae“, ma a tutto c’è un limite, soprattutto se a questa mancanza si aggiunge una trama che fa acqua da tutte le parti: Otomo fa ciò che vuole, le occasioni per fermarlo ci sono state senza coglierle, cosa si sta aspettando?
Heroes Reborn è un continuo citare, direttamente o indirettamente, le vecchie glorie ma il problema è che ci riesce male: si è tentato di interessare il pubblico nostalgico ricordando Hiro (questo l’intento principale della vicenda giapponese, insieme al voler resuscitare le dinamiche Hiro-Ando), si cuce addosso a Tommy-Nathan lo stesso potere di Peter Petrelli (senza dare al ragazzo la stessa profondità che Milo Ventimiglia dava al suo personaggio) insieme alla responsabilità di salvare il mondo. Se con la gemella Malina comprendiamo il perché di questo destino, con Tommy ancora non è chiaro e la paura è che la risposta arrivi in fretta e furia durante l’ultima puntata senza un valido scheletro sostenitivo, senza una spiegazione logica o con basi ben fondate nei precedenti episodi.
E Noah? Dopo aver ignorato gli avvertimenti di Nakamura ed aver alterato il futuro (grande mancanza di stile e coerenza del personaggio che pur sapendo perfettamente le conseguenze della cosa, ci cade lo stesso), durante “11:53 To Odessa” viene salvato dal teletrasporto, non si sa da chi e non si sa per dove. Restano solo i suoi occhiali alla povera Malina, convinta che il nonno sia morto. Altro mistero da spiegare, altra domanda che si aggiunge a tutte le altre.
Chi si salva da tutto questo caos di azioni, più o meno sensate, è Matt Parkman e la sua trasformazione in Evil Matt, che gli ha sicuramente giovato, Il suo cambiamento inaspettato continua anche in questa puntata e funziona, nonostante la scena dell’interrogatorio non sia proprio ben riuscita. Però questa novità introdotta da Reborn rispetto ad Heroes è quella che più convince.
Per il resto, al decimo episodio, Kring dimostra di non aver avuto il coraggio di andare fino in fondo costruendo una vicenda completamente diversa senza ancorarsi al passato della serie. Se all’inizio l’effetto malinconico poteva essere piacevole, ora è superfluo e irritante: urge spiegare, collegare i fatti, tagliare i rami secchi e portare a termine la storia senza buttare all’aria gli ultimi episodi rimasti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sundae, Bloody Sundae 1×09 | 3.78 milioni – 1.1 rating |
11:53 To Odessa 1×10 | 3.72 milioni – 1.1 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.