Non si dovrebbe fare, ma inizieremo la recensione con un paragone con Marvel’s Daredevil. Ma lo facciamo solo per farvi capire la profonda differenza di spirito tra i due show.
Sembra quasi una sorta di appuntamento col destino, ma proprio come successe ben otto mesi fa con il serial del Diavolo Custode di Hell’s Kitchen, nella settima puntata anche Marvel’s Jessica Jones si toglie la maschera e si rivela per quello che è.
“Stick“, a suo tempo, ci insegnò una importante lezione: per un supereroe il concetto di “origini” non sta solo nell’acquisizione dei suoi poteri, ma sopratutto nell’impacciato periodo di formazione. Sotto questo punto di vista, la prima stagione del Diavolo Rosso della Marvel racconta le origini e le radici del mito. Invece, “AKA Top Shelf Perverts” ci racconta come Marvel’s Jessica Jones sia il rovescio della medaglia di Marvel’s Daredevil, presentando una serie il cui mito è ormai concluso. Anzi, peggio ancora: il mito che non è mai iniziato perché stroncato sul nascere dalle sevizie di Kilgrave. La vera differenza sostanziale tra Daredevil e Jessica Jones è questa. Il resto è poi l’evoluzione di questa premessa.
Rispetto a Matt Murdock che diventa Daredevil nel corso della 1° stagione, Jessica Jones è già Jessica Jones dall’inizio, una squattrinata investigatrice già completa di: traumi del passato, demoni interiori, super-poteri e un arcinemico. Se in Marvel’s Daredevil vediamo in prima persona gli episodi che renderanno il protagonista Daredevil, qui vengono a galla poco alla volta togliendo, strato dopo strato, quei veli di mistero che avvolgono il background della Jones. Questa volta, la tecnica utilizzata è molto simile a quella scelta da Stefan Zweig nel suo libro “Novella Degli Scacchi”, in cui lo scrittore austriaco passava la maggior parte del romanzo a caratterizzare e descrivere nei minimi dettagli la storia dei due protagonisti attraverso gli occhi di un terzo personaggio; quando poi i due si scontrarono in una partita a scacchi sul finire della storia, i protagonisti si scambiavano delle frasi in riferimento al loro reciproco passato, noto solo al lettore (in quanto onnisciente) come battute d’effetto. Fu un abile trucco di Zweig che riuscì a coinvolgere emotivamente il lettore dando a questi personaggi un passato, permettendo di empatizzare la loro situazione e rendere lo scontro dei due semplice, efficace ma, sopratutto, epico.
Per sette episodi gli showrunner hanno fomentato la reputazione dei personaggi, affinando le personalità e creando un certo hype ed alone di mistero intorno a loro riuscendo nell’intento di creare un background che odorasse di vissuto. Sin dal pilota, abbiamo imparato a conoscere personaggi come Zebediah Kilgrave e Dorothy Walker e, anche se non li avevamo mai incontrati di persona (logicamente), era come se li conoscessimo da tutta una vita ma allo stesso tempo assumessero un alone da “essere mitologico”. Cosa sarebbe successo se gente come Kilgrave e Jessica si fossero ritrovati nella stessa stanza? Sarebbe venuta fuori una grande scena o uno dei due non sarebbe stato all’altezza della propria reputazione, come un po’ ci siamo chiesti in “AKA It’s Called Whisky” e “AKA 99 Friends“? Col senno di poi, le nostre preoccupazioni sono state inutili.
Indubbiamente le sequenze in cui Jessica si scontra verbalmente con sua “madre” Dorothy e il suo personale terrorista psicologico Kilgrave sono i momenti in cui “AKA Top Shelf Perverts” dà il meglio di sè. Entrambe le scene, seppur semplici, rasentano l’epicità grazie a dei dialoghi curatissimi, pregni di scelte di parole studiate e non a caso, oltre che per la sentita recitazione degli interpreti che, forti del discorso fatto qui sopra, hanno potuto dare vita a momenti carichi di tensione, emotività e pathos.
Grazie alla mamma di Trish abbiamo modo di scoprire un’altra fetta del passato di Jessica ma sopratutto di parlare di uno dei tanti discorsi spigolosi che il serial ha deciso di occuparsi: il rapporto genitori/figli. Riprendendo un attimo ancora Marvel’s Daredevil, se Jack Murdock rappresentava una colonna portante nell’educazione di Matt Murdock, Dorothy Walker lo è altrettanto per la figlia Trish, ma per i motivi sbagliati: se Jack è un modello da ammirare, Dorothy è un modello da cui prendere le distanze. Ci sono genitori che non vogliono bene ai propri figli, oppure che li usano e li sfruttano per i loro porci comodi anche come seconda occasione per realizzare gli obiettivi che nella loro inettitudine non sono riusciti a portare a termine, creando di conseguenza disagio e oppressioni. Del resto, succede anche nella realtà, perché dribblarne l’evidenza solo “perché è un telefilm”?
Per quanto bene sia stato orchestrato il confronto tra Jessica e Dorothy, il massimo dell’epicità viene raggiunto nella conversazione tra Kilgrave e la Jones, naturale conseguenza del comportamento isterico e sfiduciato che ha regnato nella protagonista per tutta la durata di “AKA Top Shelf Perverts”. Quanto visto alla stazione di polizia, nella sua semplicità recitativa totalmente priva di effetti speciali, sorprende per intensità e potenza, una potenza totalmente fruibile semplicemente grazie al condizionamento mentale che ci porta a rendere vera e vivida una situazione altrimenti banale. Il potere di Kilgrave è totalmente “low cost”, senza bisogno di spese per la realizzazione e, per assurdo, è molto più impressionante e potente di tanti altri visti fino ad ora nel MCU e non. L’imponenza di una scena talmente banale a livello recitativo quanto impressionante per la drammaticità non è paragonabile con alcuno scontro fisico visto finora. Certo ci sarà sempre qualcuno che potrà preferire uno scontro Iron-Hulk come visto in The Avengers 2: Age Of Ultron ma la drammaticità generata dalle parole di Kilgrave nella stazione di polizia sono più realistiche, tangibili e umane in quanto non coinvolgono uomini in armature miliardarie o grossi e verdi. Il tutto senza considerare che la sequenza è stata addirittura in grado di dare dei motivi per patteggiare anche per il viscido antagonista, facendone finalmente capire i veri scopi, tutt’altro che distruttivi.
Dopo sette episodi in cui veniva praticamente descritto come un sadico uomo nero, qui lo spettatore prova quasi pena per il famigerato Uomo Porpora, poiché questo personaggio spiega il suo amore per la protagonista in maniera sincera, cristallina e convinta dei suoi metodi. Nella sua testa, è lui quello romantico. Nella sua testa, è lui l’eroe. Quello che potrebbe essere visto come un indebolimento del suo personaggio è invece un modo per rafforzarlo, perché tramite quella scena capiamo come pensa ed entriamo nella sua psicologia, senza però snaturare l’immagine a cui siamo abituati.
E, giusto perché non ne avevamo abbastanza, la puntata si conclude davvero con classe, riportando Jessica alla sua vecchia casa e rendendo realtà quel mantra per calmarsi, in una maniera analoga al confronto con Dorothy Walker. Inoltre, si pone anche come beffardo scherzo della sorte che, sfiga vuole, si dimostra in linea con il discorso di apertura della Jones: più qualcosa ti affligge, più cerchi di tenerlo lontano, ma poi più fai così, più ti raggiunge. Detto fatto.
- Quando Jessica entra nel bar in cerca di Luke, trovando però solo il suo collega, questo dice una serie di frasi compresa quella che recita “you’re gonna have his baby“. La frase ha la duplice identità di frase sarcastica e disillusa, ma sopratutto di citazione a Danielle Cage: la figlia di Luke Cage e Jessica Jones, nata sulle pagine di The Pulse #13 del 2006.
- Abbiamo la conferma: il poliziotto visto brevemente in “AKA Crush Syndrome” è Oscar Clemons.
- Fa una piccola apparizione/partecipazione Brett Mahoney, uno dei personaggi del cast di Marvel’s Daredevil. Di lui se ne era parlato meglio in “Daredevil“, season finale della prima stagione di Devil.
- Fa il suo debutto televisivo Dorothy Walker, la madre di Trish. Come l’originale versione cartacea della figlia, Dorothy Walker è un vecchio personaggio della Marvel comparso sulle pagine di Miss America #2 del 1944, all’epoca conosciuta come Mary Walker. Quando la Marvel decisione di introdurre Patsy Walker come supereroina nei panni di Hellcat e rivelando che le sue avventure precedenti erano un fumetto creato dalla madre ispirandosi alla figlia (come meglio spiegato nell’Angolo del Nerd della recensione “AKA Crush Syndrome“), gli autori cambiarono il suo nome in Dorothy e dissero che il personaggio di Mary Walker era la controparte fittizia di Dorothy. La sua apparizione moderna, quindi come Dorothy e non come Mary, avvenne su Defenders #89 del 1980: numero da contare come la sua prima e unica apparizione, dato che Patsy parteciperà proprio in quella storia al funerale della madre, deceduta per vecchiaia.
- A quanto pare, invece di aver realizzato un fumetto sulla figlia, in questa versione televisiva Dorothy ha creato attorno a Trish una serie tv molto simile a quelle discrete serie tipo “Il Mondo Di Patty” e telefilm affini.
- Ancora non è chiaro in quale zona di New York Jessica sia cresciuta insieme a Trish ma, nei fumetti, Jessica passerà la sua infanzia a Forest Hills, nel Queens, la stessa zona in cui abitava Peter Parker. Sia chiaro che questa non è stata una mossa pensata dagli autori fin dall’inizio della creazione di Peter e Jessica, ma solo una mossa “dell’ultimo momento” per rendere il passato della Jones più ricco, quindi da considerarsi come una operazione di retcon. Il creatore concettuale del personaggio, Brian Michael Bendis, nel 2009 scrisse una storia di contorno su Amazing Spider-Man #601 in cui rivelava che Peter Parker e Jessica Jones andavano a scuola assieme e che, oltretutto, la Jones aveva una cotta per l’alter-ego dell’Uomo Ragno. Ma a Bendis questo non bastò, s’impegnò addirittura per trovare all’interno dei vecchi numeri di Amazing Spider-Man un personaggio senza nome a cui attribuire l’identità di Jessica. Ci riuscì e il numero scelto fu quello di Amazing Spider-Man #4 del 1963, numero in cui fa la sua prima apparizione l’Uomo Sabbia; la vignetta designata è questa qui: Jessica è la ragazza coi capelli castani in basso a destra. Alla luce di ciò, la sua prima apparizione ufficiale è da considerarsi quella avvenuta su Alias #1 del 2002, ma narrativamente parlando, Jessica ha fatto la sua prima (velatissima) apparizione su Amazing Spider-Man #4 del 1963.
- La scena in cui Jessica si sdraia sul letto e trova il cadavere di Ruben è la rivisitazione di un momento molto simile sulla serie Alias, in cui la Jones se ne va a letto e comincia ad essere divorata da insetti. Ovviamente, il tutto era opera di Kilgrave. La situazione è stata poi risolta grazie all’aiuto di Scott Lang/Ant-Man, con cui Jessica aveva in ballo un piccolo flirt (che non andò però mai in porto).
- Siccome il distretto di polizia è lo stesso di Marvel’s Daredevil, c’è anche la foto di Stan Lee come cameo “indiretto”.
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