“Well, even death’s not permanent anymore”
Con “Brotherhood” siamo di fronte alla peggior puntata della stagione, fino ad ora? Probabilmente sì. E’ davvero tutto un gigantesco filler? Beh, quantomeno ne ha sicuramente le sembianze, per quanto (come vedremo più avanti) lampi di trama orizzontale, in realtà, siano ben presenti. Le ragioni che rendono la puntata tanto poco convincente, vanno trovate esclusivamente nel suo essere principalmente un mero “riempitivo”? Ecco, è qui che il discorso si fa più “complesso” (se proprio si vuol azzardare il termine).
Innanzitutto, giusto per presentare gli argomenti, partiamo dall’evento principale, ovvero, come da citazione by Felicity, l’ennesimo ritorno dall’oltretomba di un personaggio ritenuto morto e stramorto: il fratello di Diggle. Come ci era parso ormai ben chiaro con l’affair Sara-zombie e l’ultimissimo ritorno di Ray Palmer, l’Arrow anti-fumettistico ha abbracciato totalmente la sua origine cartacea e nessun personaggio sembra più morire più sul serio (a parte il solo e povero Tommy Merlyn nella prima e ormai sempre più indimenticabile stagione). A tal proposito, tenendo conto della tomba mostrataci nel flashforward della premiére, un forte dubbio ci attanaglia e, per spiegarlo meglio, ricorriamo a un paragone ancora fumettistico, giusto per rimanere in tema. Per farlo, però, ci spostiamo in Oriente e in particolare in Giappone, patria dei manga e ancor più nello specifico di One Piece, noto serial fantastico-piratesco scritto da Eichiro Oda. Il mangaka, nel corso della prima metà della sua opera, non ha mai fatto morire un personaggio rilevante o anche solo secondario nella storia corrente (ad eccezione, quindi, dei flashback sui passati perlopiù tormentati dei protagonisti, quasi sempre colpiti da tragici lutti), col risultato frequente di attirare a sé dure critiche da parte dei fan.
Ebbene, durante una saga decisiva, a morire “in diretta” sono ben due personaggi importanti (uno in particolare) e cruciali per il futuro psicologico e narrativo del protagonista (il “Rubber” di Italia 1, per i profani), scioccando la grande maggioranza dei suoi lettori che, arrivati a quel punto, mai se lo sarebbero aspettato, visti i più caritatevoli precedenti. Ebbene, non è che il trio Guggenheim/Kreisberg/Berlanti stiano preparando il campo ad un colpo di scena simile? Che alla fine la dipartita importante a cui nessuno sembra più credere, dato il recente andazzo, si concretizzerà sul serio?
Lasciando il campo delle ipotesi e rientrando nei ranghi più consoni al presente, va detto che se il ritorno di Black Canary e Atom, perlomeno, fosse da ritenersi più che annunciato dallo spin-off in arrivo, con la resurrezione, di fatto, di Andy Diggle dovremmo esser di fronte ad un vero e proprio plot twist, se solo il personaggio non si fosse visto “misteriosamente” ri-tirato in ballo con la sua non-più-tanto-postuma colpevolezza da almeno due episodi. Una storyline, quella dei “fratelli”, che, come si diceva in “Haunted“, possedeva in realtà pure del potenziale (nonché passata quasi colpevolmente in secondo piano per via della presenza di John Costantine) e che invece finisce con l’esser qui completamente sprecata dagli sceneggiatori, tanto da apparire, appunto, come nient’altro che un filler utile esclusivamente ad occupare il rilevante minutaggio di stagione. Un vero peccato, almeno in questa fase iniziale, visto che si tratta di una sottotrama portata avanti fin dalla prima stagione e che poteva, per questo, essere sfruttata decisamente meglio. Arriviamo perciò al dunque: cosa rende “Brotherhood” un filler, perlopiù abbastanza insufficiente? Senza troppi giri di parole, la scrittura, nel suo presentarsi fastidiosamente ridondante, arrangiata e decisamente poco credibile.
Il rifiuto ingiustificato di Diggle di voler salvare il fratello, divenuto cattivo o meno, che ha pianto ininterrottamente per almeno tre stagioni, fa solo da contraltare all’atteggiamento di Oliver, il quale, all’opposto, se la prende sorprendentemente a cuore, mettendo in atto piani suicidi che coinvolgono tutta la sua squadra (tra cui i suoi familiari) pur di riportarlo a casa. Insomma, non è tanto quello che succede che ci va sorprendere per il mero “riempitivo”, ma piuttosto quello che non succede.
Procedono, a tal proposito, la ripresa e la messa in scena “amatoriali” dei combattimenti, che magari faranno storcere il naso agli spettatori di un Marvel’s Daredevil qualunque ma, pensando alla risoluzione arrangiata, e principalmente affidata alla sola fugace CGI, che si riscontra puntualmente nel “fratello minore” The Flash, possiamo persino continuare a promuoverle (decidendo comunque di soprassedere sul perché nessuno sembra proprio volerne sapere di usare un’arma da fuoco). In generale, va registrata una decisa flessione in termini di verosimiglianza visiva, eppure restano tra gli aspetti che almeno intrattengono la visione di un episodio, tra un piagnisteo del personaggio di turno e l’altro.
Come abbiamo anticipato, però, non è tutto da “buttare” e spunti di trama orizzontale, in verità, sono presenti, con contenuti pure piuttosto rilevanti. Spunti che, per la maggior parte, vanno tutti riassunti sotto il nome Thea Merlyn/Queen. Per quanto la visita del sempre ben trovato Malcolm/Barrowman, con la generosa e umanitaria offerta di farle uccidere un pedofilo per placare la sua sete di sangue (in pieno stile “dark passenger” by Dexter Morgan), valga già da sola come ragione per non mandare gli autori al rogo, l’immunità trovata ai poteri di un incredulo Damien Darhk è indubbiamente il colpo di scena più interessante e inatteso. D’altronde, il legame del villain con la Lega degli Assassini (di cui, ricordiamo, Malcolm è l’attuale leader), furbamente suggerito ma perlopiù lasciato intrigantemente sullo sfondo, sarà probabilmente la chiave di volta in vista dello scontro finale, o perlomeno del mid-season, col suo conto alla rovescia verso il giorno delle elezioni (e di chi ci rimarrà secco) sempre più ai ferri corti. Sarà, poi, che l’attrice che la interpreta, Willa Holland, ha comunque sempre il suo perché (come i vecchi e ormai ex-adolescenti spettatori di The O.C. capiranno perfettamente), ma perfino le iterazioni della “novella” Speedy, ora col candidato sindaco Oliver, ora con chi dirige la sua compagna (con tanto di improbabile e “delicato”appuntamento) riescono a strappare un’insperata risata, involontaria o meno.
E, in materia di campagna elettorale, decisamente positivo il confronto “trasparente” e diplomatico tra Oliver e il Darhk, quasi avvincente o comunque azzeccato nel suo sviluppo, che anticipa ovviamente quello fisico e in “calzamaglia”. Come detto, le elezioni si avvicinano ed è in quel momento che confluiranno le varie sottotrame fin qui portate avanti, e questa duplicità del terreno di scontro dei due personaggi, aiuta ad infondere al conflitto una necessaria e stimolante variazione sul tema. Che ci voleva, visto il rischio scampato, come notano gli stessi protagonisti/autori, di avere un Oliver Infiltrato 2.0. Cosa che non succede nel flashback dove, dopo aver avuto anche qui spiragli di speranza nella trama “soprannaturale” introdotta dai sospetti di Costantine sull’operato del men in charge, si ritorna nel più povero campo del banale, con Oliver che uccide per “sbaglio” (anche qui, escamotage narrativo che poteva esser curato un tantino meglio) il fratello della sua prigioniera e, soprattutto, le mente a riguardo, scatenando chissà quali avverse conseguenze che gli si ritorceranno contro… Ah, l’originalità.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Lost Souls 4×06 | 2.30 milioni – 0.9 rating |
Brotherhood 4×07 | 2.69 milioni – 1.1 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.