Dopo il fulmineo rinnovo arrivato in concomitanza con la messa in onda del secondo episodio, Billions continua la sua marcia regalandoci due episodi di indubbia qualità, ma non per questo esenti da critiche in merito a incisività narrativa, decisioni stilistiche – talvolta eccessivamente sopra le righe – e personaggi ancora un po’ acerbi per quanto concerne caratterizzazione e potenza visiva. Il lavoro fatto per il “Pilot“, confezionato in maniera impeccabile grazie alla sapiente commistione tra solidità ed estro per quanto concerne lo sviluppo diegetico, arricchito da un cast di tutto rispetto, ha poi subìto una comprensibile scossa di assestamento con “Naming Right“, episodio molto ben strutturato e pensato per mettere in risalto la componente badass della serie, ma certamente dai toni molto più pacati rispetto a quelli mostrati nel corso della première.
“It’d be easy to let it slide.”
Con “Yumtime” gli autori tentano di portare il conflitto Bobby/Chuck su un piano diverso rispetto ai precedenti appuntamenti, sottolineando in maniera sempre più marcata la contrapposizione tra giusto e sbagliato, tra profondo senso civico e logica del compromesso, tra legalità e illegalità; in altre parole, una riproposizione del più classico dei conflitti: quello tra bene e male. Un conflitto, quest’ultimo, che ha il pregio di non essere rappresentato allo spettatore nella sua connotazione più ingenua e fiabesca, ma bensì sfumato, onde evitare una demarcazione troppo netta tra i due poli opposti, che quindi fornirebbe un’interpretazione filmicamente caricaturale dello scontro tra i due protagonisti. Accorgimento che consente agli autori di conservare il realismo di fondo veicolato dall’affascinante mondo di Wall Street, puntando inoltre sullo scontro tra due uomini di potere disposti a tutto per giungere all’autorealizzazione e portare a termine le proprie battaglie personali.
In merito a quest’ultimo aspetto, appare evidente come il continuo scontro tra Chuck e Bobby, due maschi alfa da manuale, rappresenti la minaccia principale al delicato equilibrio dello show. Il coinvolgente scontro tra integerrimo uomo di legge e brillante self made man dal passato oscuro rischia di perdere la sua credibilità, riducendosi, senza un adeguato controllo autoriale, a una becera “rivalità da righello”, più adatta ai bagni delle scuole medie che allo spietato mondo della finanza.
Nonostante l’interpretazione magistrale di Paul Giamatti oscuri parzialmente il resto del cast, il suo personaggio rimane ancora relegato ad un ruolo marginale, quasi mancasse il coraggio di approfondire la sua caratterizzazione per conferirgli ulteriore spessore. Discorso opposto per la sua consorte Wendy, interpretata da una bravissima Maggie Siff (vedere Tara in versione mistress sarà certamente una gioia per i fans di Sons Of Anarchy), personaggio meglio sviluppato fino a questo momento e posizionato sapientemente dagli autori a metà tra Chuck e Bobby. L’impressione è quella di avere di fronte due personaggi completamente diversi interpretati dalla stessa persona: da una parte la moglie di Rhoades, dall’altra la collaboratrice di Axelroad, due facce della stessa medaglia, radicalmente dissonanti l’una dall’altra.
“I mean, how can things that dumb have the gall to occupy the same space that I do?”
“Short Squeeze” sposta l’accento sul lato umano di quella macchina macina-dollari chiamata Bobby Axelroad, alle prese con tutta una serie di problematiche che per un attimo riportano tra noi comuni mortali la sua figura a tratti sovrumana. Quest’aura quasi sacrale viene alimentata dalla descrizione iniziale di Decker, resa in maniera impeccabile dalla sequenza con voce fuori campo durante la quale Axelroad viene descritto come uno “stato-nazione”, così potente da poter avere tutto ciò che desidera solo alzando la cornetta del telefono. Una persona di questo genere non ha bisogno di cercare fonti, sono quest’ultime a confluire verso di lui, come fossero centinaia di fiumi in piena, e solo un individuo con la sua intelligenza potrebbe essere in grado di gestire, senza venir travolto, questo incredibile flusso di informazioni. La vera sfida nascosta dietro alla figura mastodontica di Bobby Axelroad è dunque quella di mantenere la giusta disciplina mentale, necessaria a setacciare attentamente quali siano le dritte da seguire, rimanendo comunque ancorati fermamente alla consapevolezza di quanto la propria posizione sia ambita, senza che il timore di poter essere spodestati dal trono prenda il sopravvento.
Utilizzando la scusa dell’esibizione dei Metallica – dopo aver prestato la voce all’allenatore di pallanuoto nella puntata di American Dad andata in onda la scorsa settimana, James Hetfield sembra averci preso gusto e si concede anche un breve scambio di battute con Damian Lewis – gli autori allontanano temporaneamente il boss della Axe Capital dalla sua piccola centrale operativa, lasciata nelle mani del buon Wags, facendolo scontrare con Elise (Kerry Bishé), ragazza decisamente non convenzionale che in qualche modo riesce a mostrare a Bobby i limiti della sua apparente libertà, fungendo inoltre da espediente narrativo per demonizzare il classico stereotipo del miliardario fedifrago. Un elemento, quest’ultimo, che accomuna Axe al suo rivale Chuck, a dimostrazione di come i due individui riescano a mantenere il focus sulla gestione dei proprio affari senza dover utilizzare l’adulterio come fuga momentanea dallo stress che scaturisce dalle rispettive posizioni di potere.
Fatta esclusione per l’inaspettata dimostrazione di fedeltà coniugale, il resto dell’episodio segue un andamento piuttosto lineare, talvolta al limite della scontatezza. Sono dunque i colpi di scena a mancare, quegli scossoni narrativi che dovrebbero spiazzare lo spettatore, alimentando la sua curiosità. L’avanzamento di trama procede a ritmi serrati, lasciando molto spazio all’approfondimento psicologico del protagonista, dando a volte la sensazione di trovarsi di fronte a un episodio filler. Nel complesso comunque la serie riesce a tenere alto l’interesse grazie ad un’ottima gestione dell’affascinante – seppur visto e rivisto sul piccolo e grande schermo – contesto narrativo all’interno del quale la serie si muove, e ad un altrettanto ottimo lavoro operato nella stesura dei dialoghi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Naming Right 1×02 | 0.95 milioni – 0.2 rating |
Yumtime 1×03 | 1.28 milioni – 0.4 rating |
Short Squeeze 1×04 | 0.85 milioni – 0.3 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.