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Il Buio Oltre La Serie #12 – Le Cronache Del Dr. Acula (Parte 2): Il Manuale Del Perfetto BlablaologoTEMPO DI LETTURA 15 min

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I MIGLIORI EPISODI DI SCRUBS: LA TOP 5 DI RECENSERIE


Siamo giunti al terzo e ultimo atto di questa “trilogia del camice” e, prima di proporvi ulteriori spunti di riflessione, abbiamo deciso di riservare questo attacco di recensione a un argomento piuttosto “personale”, proponendovi una top 5 delle puntate preferite del team di Recenserie. Naturalmente, anche voi lettori siete chiamati a dire la vostra, con un commento, un messaggio, un piccione viaggiatore, una lettera minatoria alla redazione, insomma, un po’ come vi pare!

#5 – “La Mia Vecchia Signora” e “La Mia Anima In Fiamme – Pt.2”: la determinazione e il coraggio della signora Turner si scontrano con una delle dichiarazioni d’amore più belle e attese nella storia della serialità televisiva. Da una parte abbiamo le lacrime versate in seguito alla morte dei tre pazienti affidati a Jd, Turk e Elliot sulle note di “Hallelujah” cantata da John Cale, dall’altra la gioia sconfinata nel sentire le parole pronunciate da JD in quella che di certo rimarrà la dichiarazione d’amore più improbabile di sempre (“Ti amo più di Turk.“) e, proprio per questo motivo, anche una delle più belle. Il tutto condito dalla stupenda versione acustica di Hey Ya interpretata da Ted.

#4 – “Il Mio Primo Giorno”: al quarto posto troviamo l’episodio pilota, punto di partenza di tutto quanto e chiaro esempio dell’ottimo livello di scrittura mostrato in tutta la sua lunga carriera. Grazie al lavoro impeccabile effettuato in fase di caratterizzazione, è impossibile non affezionarsi immediatamente a ogni singolo personaggio messo in scena, e una volta terminata la visione, le uniche tre parole che riecheggeranno nella vostra testa saranno “ne voglio ancora”.

#3 – “La Sua Storia (Inserviente)” e “La Mia Strada Verso Casa”: sul gradino più basso del podio troviamo nuovamente due episodi in perfetto pareggio. Questa volta abbiamo, da una parte, la puntata monografica sull’Inserviente, grazie alla quale accediamo finalmente al lato più umano del character, e, dall’altra, l’episodio ispirato alla favola del mago di Oz, già citata in precedenza nel paragrafo relativo alle curiosità della quinta stagione.

#2 – “Il Mio Disastro” e “Il Mio Pranzo”: nuovamente, una situazione di perfetta parità sul secondo gradino del podio, adesso tra due puntate simbolo della serie, le quali, insieme a “Il Mio Mentore Tormentato” e alla puntata monografica su Cox, hanno il compito di delineare in maniera approfondita la personalità del personaggio, mettendone a nudo le debolezze. La morte di Ben e la necessità di riguardare la puntata una seconda volta per notare ogni sua più piccola sfumatura – ad esempio la macchina fotografica di Ben che sparisce subito dopo la sua morte (“Non ti sei ancora stancato di fare foto a qualsiasi cosa?” / “Finché avrò vita.“) – condividono questo secondo posto con il dolore che prova il Dr. Cox nel veder morire tre dei suoi pazienti, avente come accompagnamento musicale “How To Save A Life”, che da quel momento in poi verrà per sempre associata da voi alla scena finale dell’episodio.

#1 – “Il Mio Finale”: ad aggiudicarsi il posto sul gradino più alto del podio – in seguito a un vero e proprio plebiscito – è il doppio series finale, qui inteso come somma delle due puntate, in quanto assolutamente inscindibili nonostante la partizione effettuata dagli autori. Onestamente parlando, ogni spiegazione in merito all’unicità di questo finale sarebbe superflua, dunque non ci resta che rimandarvi al monologo finale di JD, già riportato al termine del primo capitolo di questa trilogia.

 

DIO TI GUARDA! – LE MIRABOLANTI AVVENTURE DI CAPITAN STURA


Nonostante l’argomento Inserviente sia già stato toccato nel primo capitolo di questa “trilogia del camice”, abbiamo comunque deciso di ritornare a concentrarci sul character interpretato da Neil Flynn, limitandoci stavolta a elencare tutte le curiosità più succose relative al suo personaggio. Perché dedicare un paragrafo intero a un’unica figura? Perché ci sembrava giusto, proprio come la nostra decisione di convertirci alla religione vichinga.

– Nell’undicesimo episodio della quinta stagione (“Il Trastullo Della Mia Amica”), uno dei colleghi inservienti sembra dire (nella versione in lingua originale) “Nice one, Tom“, affermazione che svelerebbe così il nome dell’Inserviente. La cosa è stata subito smentita da Lawrence. La frase esatta sarebbe infatti “Nice, you tell him“, versione confermata anche dai sottotitoli presenti nel DVD. Sempre in merito alla questione “nome dell’Inserviente”, il nome confessato a JD nell’ultimo episodio (Glenn Matthews) sarebbe quello vero, fatto confermato dallo stesso Bill Lawrence una volta terminata la serie.

– Lawrence e colleghi erano così sicuri che lo show sarebbe stato cancellato dopo la prima stagione, che decisero di orchestrare il finale di stagione in modo da concludere anche la serie. Il “series finale d’emergenza” prevedeva che l’Inserviente fosse un parto dell’immaginazione di JD, ma, quando poi, lo show si confermò un successo, questa idea venne accantonata. Una prova di quanto detto sta nel “passaggio di testimone” tra JD e il nuovo specializzando, il quale parla di una graffetta incastrata sotto la stessa porta a vetro del pilot, proprio nel finale della prima stagione.

– La caratteristica più curiosa del personaggio è certamente quella dell’improvvisazione: Neil Flynn, infatti, improvvisa quasi tutte le battute. Prima di ogni sequenza veniva consegnato all’attore un copione contenente solo una traccia relativa alla scena, lasciando carta bianca in merito alle battute da recitare. Ogni scena con protagonista l’Inserviente veniva inoltre ripetuta almeno tre volte, in quanto gli altri attori scoppiavano sempre a ridere copiosamente.

– Un altro aspetto curioso legato al personaggio riguarda la sua presunta famiglia. Nel corso della serie l’Inserviente afferma: di avere una matrigna per un quarto Inuit; che in gioventù era convinto che sua nonna fosse sua madre e che sua madre fosse sua sorella (fatto ispirato alla famiglia di Jack Nicholson); di avere un fratello adottivo in una relazione con la sua madre biologica; di avere una moglie con sole tre dita e un figlio con la paura del palcoscenico; di essere stato in Cina e di avere avuto un figlio con una donna del posto.
Nella puntata 5×19 (“La Sua Storia – Inserviente”), durante il dialogo/monologo con il paziente affetto da LIS, apprendiamo inoltre che l’Inserviente avrebbe messo incinta una delle infermiere dell’ospedale.
Infine, nel diciannovesimo episodio della prima stagione (“Il Mio Vecchio”), l’attore R. Lee Ermey – il celebre sergente maggiore Hartman di Full Metal Jacket – interpreta il padre dell’Inserviente, ma più avanti, quando JD afferma di aver visto il padre della sua nemesi, lui risponde “Hai visto un uomo“, mettendo in dubbio l’ennesima parentela.

–  Nel ventesimo episodio della quarta stagione (“Il Mio Nostalgico Capo”), l’Inserviente, fermato dal Dr. Kelso, non riesce ad aprire la porta bloccata dalla paziente obesa perché completamente ubriaco. Nell’inquadratura successiva allo sfondamento della porta da parte di Kelso, l’Inserviente sviene e possiamo vedere le sue gambe spuntare da dietro lo stipite della porta.

– Nell’ottavo episodio della terza stagione (“La Mia Amica Medico”), JD, guardando Il Fuggitivo, scopre che l’Inserviente ha preso parte al film. Neil Flynn ha realmente interpretato quella parte all’interno del film e la sequenza appartiene proprio alla pellicola del ’93.

– In merito alle incongruenze del doppiaggio, nei due episodi conclusivi della serie (“Il Mio Finale – Parte 1 e 2”), l’Inserviente porta al collo la monetina con cui JD, nel pilot, avrebbe bloccato la porta di un presunto ascensore, ma tornando alla prima puntata, notiamo che la porta in questione è una normalissima porta automatica. Nella versione originale invece non vi è alcuna contraddizione.

SPOSTATI FOGLIONE! – ERRORI E LIMITI NATURALI SOTTESI AL DOPPIAGGIO


In Italia, è risaputo, la scuola di doppiaggio è tra le più rinomate al mondo. Sia in ambito cinematografico che televisivo, è possibile individuare eminenti personalità tra le fila dei numerosi doppiatori che hanno prestato la propria voce ai nostri personaggi preferiti.
Alessandro Quarta (JD, Daniel Faraday, Kilgrave), Nanni Baldini (Turk, l’undicesimo Dottore, Stewie Griffin, Jack McFarland, Pacey Witter), Stefano De Sando (Walter White, Tony Soprano, Saul Berenson, Robert Baratheon), Ilaria Latini (Carla, Joey Potter, Martha Jones, Gloria Mendoza, Malcolm), Francesco Pezzulli (Il Todd, Jesse Pinkman, Daryl Dixon, Dawson Leery, Ramsey Bolton, Sherlock Holmes, Matt Murdock/Daredevil), Luca Ward (Wilson Fisk/Kingpin, John Doggett, Sandy Cohen, Alexander Mahone), Pino Insegno (Tormund, Matthew Abaddon, Martin Hart), Dario Penne (Dr. Robert Ford, Bender, Dr. Arthur Arden), Gianluca Iacono (Marshall Eriksen, Vegeta, Gordon Ramsey), Claudio Moneta (Barney Stinson, SpongeBob, Kakashi Hatake)… insomma, potremmo stare qui ore a sciorinare nomi di illustri doppiatori di cui spesso conosciamo meglio la voce che la fisionomia, ma lasceremo a voi il divertimento di scoprire i volti degli interpreti che si nascondono dietro i vostri attori preferiti.
Nonostante il doppiaggio rappresenti un motivo di vanto per il nostro paese, è impossibile non tenere conto degli aspetti negativi legati alla fruizione di una qualsiasi serie televisiva in una lingua che non gli appartiene. Primo fra tutti il fattore pigrizia (o demenza, a seconda del vostro grado di tolleranza nei confronti del genere umano), spesso ammantato dietro all’assurda scusante: “Se devo perdere tempo a leggere i sottotitoli, poi come faccio a seguire la trama?” (nda: da leggere con la voce del vostro amico singletasking che attende un anno piuttosto che compiere tre azioni – leggere, ascoltare e guardare – contemporaneamente). Tralasciando il nostro personale giudizio su questo genere di spettatore (no, davvero, qual è precisamente il vostro problema?), e accantonando per un secondo il coefficiente di ignoranza sotteso a tale enunciato, possiamo comunque affermare con una certa obiettività che, nella maggior parte dei casi, il lavoro di doppiaggio finisce col compromettere la resa finale del telefilm, in alcune situazioni privando lo spettatore delle varie sfumature linguistiche, altre volte assegnando voci completamente dissonanti ai vari personaggi, oppure semplicemente facendo un pessimo lavoro e ottenendo come risultato l’omicidio artistico della serie in questione.
Sebbene il risultato finale risulti ottimo in grandi produzioni quali, ad esempio, Game Of Thrones, Breaking Bad o The Walking Dead, non si può certo dire lo stesso per show appartenenti a fasce d’ascolto inferiori. Le serie british risultano essere quelle più colpite dalla piaga del doppiaggio ad minchiam, un esempio su tutti il lavoro fatto per lo show più longevo di sempre, Dr. Who, in molte occasioni svilito nella sua componente dialogica da adattamenti semplicemente imbarazzanti quali, ad esempio, l’indimenticabile “Bella zì“, utilizzato per tradurre il termine gergale “Dude” (in Scrubs tradotto come “Coso“) nella premiere della nona stagione. O ancora, le variazioni dovute a questioni di censura, come accadde, ad esempio, per molte battute di Xena, modificate per nascondere il rapporto lesbo tra la protagonista e la sua compagna Olimpia (nella versione originale Gabrielle).
Per le comedy la situazione appare, se possibile, ancor più tragica. Basti pensare a due pilastri quali How I Met Your Mother e The Big Bang Theory, svuotate letteralmente del loro fascino grazie a un adattamento ignobile costruito ad-hoc per soddisfare le esigenze fruitive del pubblico in fascia pomeridiana. Tra i difetti più marcati troviamo una scelta poco azzeccata dei doppiatori in relazione agli attori originali e una pessima gestione dei numerosi giochi di parole che, naturalmente, finiscono per essere totalmente stravolti per motivi sia tecnici che stilistici.
Per Scrubs, però, il discorso risulta diverso. La scelta dei doppiatori, nonostante la dissonanza menzionata già nel primo capitolo di questa trilogia, appare oltremodo azzeccata. Grazie alle performance dell’intero team di doppiatori, ogni personaggio mantiene intatta la propria natura, raggiungendo lo straordinario traguardo di non risultare fastidioso una volta guardata la serie in lingua originale. Naturalmente molti giochi di parole si perdono nell’opera di traduzione, conseguenza più che naturale, e le cantonate non mancano neppure da questo punto di vista. Ma, nonostante tutto, il risultato finale risulta impeccabile, tanto da rappresentare una vera e propria eccezione all’interno dello sconfinato panorama comedy. E allora, mossi dalla pedante pignoleria che ci contraddistingue, procediamo a una breve disamina di tutte queste piccole incongruenze proponendovi l’ennesimo elenco di curiosità:

– Il Dr. Walter Mickhead viene citato per la prima volta nel terzo episodio della terza stagione (“La Mia Balena Bianca”), ma nella versione italiana viene chiamato Dr. Foglione per tenere in piedi la risposta di Turk – “You should hear what call Dr. Mickhead” / “Dovresti sentire come chiamano il Dr. Foglione” – data a JD dopo che quest’ultimo gli riferisce che una specializzanda lo ha chiamato Dr. Sterc. Successivamente sarà chiamato con il suo vero nome e il Dr. Foglione verrà nominato altre volte come se si trattasse di un altro medico.

– Il Dr. Seymour Beardfacé, Barberio nella versione italiana, viene chiamato scherzosamente Barbablu per via della sua barba. Nel dodicesimo episodio della quarta stagione (“Il Mio Momento Migliore”), sempre stando alla versione doppiata, dopo che Turk lo batte nella gara dell’appendicectomia più veloce dell’ospedale, quest’ultimo lo chiama dottor Barbone, e lui risponde “Mi chiamo Barbones“, invece che Barberio.

– Nel terzo episodio della quinta stagione (“La Mia Lista”), dopo che Carla racconta del balletto di Turk sulle note di Safety Dance, Elliot le risponde “Carla, didn’t you learn your lesson that time you told him the commissar was in town?“, tradotto “Hai dimenticato quella volta che gli hai detto che c’era der commissà“, gioco di parole incomprensibile che (forse) fa riferimento al singolo del cantante rap Falco “Der Kommissar”, considerato il primo vero successo rap cantato da un bianco.

– Nel quindicesimo episodio della quinta stagione (“Il Mio Miglio In Più”), Turk, conversando con JD in merito alla classifica dei chirurghi dell’ospedale, parla della sua collega Bonnie usando il maschile, nonostante sia perfettamente a conoscenza del fatto che sia una donna.

– Nel quinto episodio della sesta stagione (“La Mia Amica Con I Soldi”), l’Inserviente chiama il Dr. Coleman Slawski dottor Colonel, invece che dottor Colonnello come accade solitamente.

– Nel quinto episodio dell’ottava stagione (“Il Mio Abc”), JD dice a Elliot “Sono cresciuto davanti alla TV, ma non guardavo tutto, solo il Muppet Show.”, battuta che dovrebbe far riferimento ai vari pupazzi presenti nel corso della puntata. I pupazzi però appartengono a un altro show, meno conosciuto in Italia, ovvero Sesame Street (Sesamo Apriti).

PER ME, LA NONA STAGIONE DI SCRUBS, È UNA CAGATA PAZZESCA!


Zach Braff, in risposta alla domanda di un fan, ha dichiarato sul suo profilo twitter che Scrubs potrebbe ritornare. Niente di più che un semplice rumor in realtà, mosso principalmente da un sentimento di gelosia, come ha dichiarato lo stesso Braff, provato nei confronti di altri show – in questo caso specifico Gilmore Girls (Una Mamma Per Amica) e Full House (Gli Amici Di Papà) – che di recente sono tornati a calcare la scena televisiva grazie alla piattaforma Netflix. Naturalmente, in seguito allo scioccante annuncio dell’attore, i fan della serie si sono immediatamente divisi dando origine a due schieramenti contrapposti: quelli felicissimi al solo pensiero di rivedere i nostri due orsetti di vaniglia e cioccolato nuovamente insieme per un’ultima folle reunion, e quelli giustamente preoccupati circa un possibile certo stupro telefilmico. Al momento noi di Recenserie preferiamo rimanere nel mezzo, combattuti tra l’essere veramente euforici e l’essere completamente terrorizzati all’idea di assistere all’ennesimo scivolone della serie.
Ebbene sì, nonostante questo trittico di IBOLS evidenzi una palese mancanza di oggettività da parte del recensore, è impossibile non notare un progressivo declino della serie a partire dalla settima stagione – per alcuni anche prima -, annata colpita dal devastante sciopero degli sceneggiatori che, tra 2007 e 2008, investì numerose produzioni, dimezzando il numero di episodi e costringendo gli autori a stravolgimenti narrativi per garantire una chiusura dignitosa alle varie trame stagionali. Il vero problema, comunque, non furono le ultime stagioni del telefilm. Sebbene il livello qualitativo della serie fosse visibilmente in calo, la comicità mantenuta a livelli ancora accettabili e un finale di serie perfetto in ogni suo aspetto, permisero a Scrubs di fare pace con tutti i suoi spettatori più scontenti, chiudendo nel miglior modo possibile e, soprattutto, con dignità, il suo naturale ciclo diegetico.
Talvolta, però, alcune persone non capiscono quando sia giunto il momento di dire basta. Ed ecco che, a rovinare l’ottimo lavoro fatto per chiudere in bellezza la serie, arrivò lui: “Scrubs – Med School” aka “come buttare merda sulla propria creatura nel maldestro tentativo di dare il via a un inutile, e di certo non richiesto, spin-off”.
Come abbiamo scritto a caratteri cubitali nel primo capitolo di questa “trilogia del camice”, la nona stagione di Scrubs non esiste, la serie si conclude con “Il Mio Finale” e tutto ciò che giunge in seguito altro non è che un brutto, bruttissimo spin-off. Una grande scortesia verso tutti gli spettatori che gli hanno garantito un’audience costante per otto anni. Quindi, addio per sempre signorina Mai-Ling, squillo orientale di lusso, e addio Scrubs – Med School, breve abominio seriale destinato a svanire nell’odierno marasma televisivo senza lasciare alcuna traccia di sé.
Tutto in Med School odora di rimpianto. A partire dalla nuova location universitaria, estremamente spoetizzante rispetto agli iconici corridoi del Sacro Cuore, passando per scelte discutibili quali l’esclusione dell’Inserviente o la riscrittura del Dr. Cox, uno dei personaggi meglio caratterizzati della serie e rovinato nel giro di un paio di episodi, finendo poi con la pochezza della componente dialogica, ridotta a una serie di battute scontate, raramente divertenti e talvolta riciclate dalle stagioni precedenti. Med School rappresenta la realizzazione di tutte quelle paure che attanagliano un qualsiasi spettatore in merito alla sua serie preferita: insomma, è il male puro. Dunque, quando vi ritroverete a consigliare la serie a un vostro amico non dimenticatevi di metterlo in guardia, perché, senza dubbio, la serie non merita di vedere rovinata la propria reputazione per colpa di un brutto spin-off ma, soprattutto, nessun essere umano dovrebbe perdere circa quattro ore e mezza della propria vita in questo modo orribile.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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