Final Fantasy XIV Dad Of Light 1×02 – Beginner DifficultiesTEMPO DI LETTURA 4 min

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Recensendo la premiere di questo coraggioso esperimento nato dalla collaborazione tra Square Enix e Netflix, si è deciso di sottolineare, tenendo bene a mente la particolarità del prodotto e la poca familiarità di gran parte dei lettori rispetto alla produzione culturale nipponica, gli aspetti positivi dello show, quali ad esempio la trattazione di una tematica molto cara agli autori operanti nel Paese del Sol Levante, il travagliato rapporto padre-figlio, o l’intento di sfatare il mito che vedrebbe l’industria videoludica come la fonte di ogni degenerazione comportamentale associabile al periodo dell’adolescenza. Questa volta, invece, complice l’effetto “da secondo episodio”, storicamente uno dei peggiori appuntamenti stagionali in quanto eminentemente preparatorio e privo dell’effetto sorpresa connaturato al pilot, ci soffermeremo su tutti quegli aspetti negativi che rendono la visione, a prescindere che siate cultori o meno dell’universo cine-televisivo giapponese, molto pesante e a tratti insopportabilmente noiosa.
Cominciamo dal primo elemento di disturbo, quello forse più evidente: la recitazione giapponese. Occorre innanzitutto formulare una premessa: quando ci si approccia ad un’opera audiovisiva orientale, che sia essa un anime, un film o una serie televisiva, dobbiamo accantonare completamente tutto ciò che siamo abituati a vedere qui in Occidente, tenendo bene a mente che alcuni elementi, quali ad esempio l’umorismo o l’eccessiva teatralità degli attori stessi – le espressioni facciali di Akio ricordano nella loro esasperazione quasi quelle mostrate dagli attori ai tempi del cinema muto – devono essere valutati tenendo bene a mente il contesto entro cui si muovono, quello giapponese appunto. Si aggiunga poi che il comparto attoriale, per quanto possa essere composto da personalità conosciute in patria – e non sappiamo dire con certezza se questo sia uno di quei casi – difficilmente riesce nell’intento di stupire lo spettatore in quanto a verve e capacità tecnico-artistiche. Giudizio che certamente risulta in parte traviato dall’abitudine di seguire perlopiù opere cinematografiche o televisive realizzate in Occidente, ma che, oggettivamente, racchiude al suo interno un fondo di verità difficilmente controvertibile.
Un altro aspetto negativo, decisamente meno soggettivo rispetto al precedente, è l’alternanza tra sequenze reali e virtuali, una trovata sacrosanta se vista rispetto al concept da cui la serie trae ispirazione – la storia reale già menzionata nella precedente recensione – ma obiettivamente mal realizzata e a tratti disturbante per via di due fattori: in primis l’evidente funzione promozionale ad essa associata, con tanto di “tutorial” da parte di Akio (certamente utile ai neofiti del genere, ma fuori luogo per coloro che cercano una normale esperienza televisiva) nelle diverse fasi di gioco affrontate dal padre; e in secondo luogo – e questo forse può essere riconducibile alla maliziosità congenita di noi occidentali – la decisione di assegnare ad Akio un avatar dalle fattezze femminili, che in più di un’occasione sembra scambiare sguardi complici con quello del padre, creando un effetto oltremodo disturbante ben lontano da quello che dovrebbe suscitare l’avvicinamento, seppur virtuale, tra padre e figlio. Senza contare poi, e questa riflessione riguarda soltanto i fan di South Park, che suddetta alternanza riporta nella mente di chi scrive la celebre puntata “Make Love, Not Warcraft”, durante la quale i protagonisti sono alle prese con il famoso gioco di ruolo online con i propri alter-ego virtuali, mostrati appunto grazie alla stessa strategia, alternando le sequenze d’animazione a quelle di gioco, e ciò invalida ulteriormente il tentativo di cogliere a pieno la profondità delle tematiche sottese all’esperienza videoludica padre-figlio.
Se poi a questi due elementi aggiungiamo un plot principale finora molto debole e un paio di sottotrame non certo esaltanti, è facile comprendere quale sarà il nostro giudizio in merito a questo secondo episodio. Restiamo comunque fiduciosi e in attesa di uno sviluppo della storia in senso positivo. Sviluppo che verosimilmente, conoscendo i ritmi blandi delle opere cinetelevisive giapponesi in genere, difficilmente giungerà per tenere in piedi la baracca.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tematica rapporto padre-figlio molto sentita
  • Eccessiva teatralità degli attori nipponici
  • Se non si è amanti della cultura nipponica ci si troverà a storcere il naso in più di un’occasione
  • Plot principale e sottotrame deboli
  • Alternanza realtà/videogioco mal realizzata
  • Imbarazzo tra avatar
  • Sfacciato product placement
Basata su un concept molto accattivante, Final Fantasy XIV Dad Of Light risulta purtroppo schiacciata da una serie di difetti, alcuni oggettivi altri semplicemente dettati da una concezione occidentale della serialità televisiva molto divergente da quella giapponese, che ne invalidano il risultato finale. Come dimostreranno queste recensioni e l’alternanza tra recensori che ne consegue, il giudizio in merito a questa serie risulta in gran parte determinato dalla tolleranza di chi guarda nei confronti dell’opera orientale tout court, molto diversa dagli standard cui siamo abituati e quindi difficilmente apprezzata da chi oramai è assuefatto dalla produzione europea e d’oltreoceano.
A Relationship Reborn 1×01 ND milioni – ND rating
Beginner Difficulties 1×02 ND milioni – ND rating

 

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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