0
(0)
Arrivati alla quarta puntata, la caratteristica che salta più all’occhio in Marvel’s Jessica Jones è il registro narrativo adottato dalla showrunner, del tutto simile a quello utilizzato nella scorsa stagione. La cosa non è certamente un male, anzi.
Benché Melissa Rosenberg & Co(lleghi) abbiano dimostrato di aver trovato uno stile piuttosto schematico per dispiegare la trama orizzontale, gli sceneggiatori hanno dimostrato che la parola “schematico” non è necessariamente sinonimo di “semplificato”. Semplicemente si è trovata la giusta formula tracciando una linea guida intercambiabile e versatile a seconda delle esigenze. Magari questo discorso non si potrà fare con gli episodi successivi ma, se ci si attiene agli episodi visti finora, tale schematizzazione è piuttosto evidente.
Tornando con la mente alla prima stagione, le puntate che andavano da “AKA Ladies Night” a “AKA It’s Called Whiskey” rappresentavano una piccola trilogia che consolidava la direzione generale della serie, i demoni da affrontare della protagonista e l’ascesa del villain generale. Paragonando la trilogia di cui sopra con gli episodi che vanno dalla 2×01 alla 2×03, si può notare come anche quest’ultima abbia avuto come obiettivo il consolidamento delle precedenti esigenze: chiarire la direzione della serie, le nuove turbe mentali della Jones ed il villain della stagione (al momento identificato nella IGH vista la tutt’ora nebulosa figura della nuova “gifted” con la parrucca). Sia chiaro che tutta questa diatriba non è da leggersi come una critica, ma come una semplice analisi oggettiva della tecnica narrativa utilizzata.
A livello strettamente contenutistico, “AKA God Help the Hobo” rappresenta un vero e proprio interludio verso il vero primo atto dello show: una “puntata ponte” che rinforza le evoluzioni della trama e le storyline personali (esempio il segreto del nuovo fidanzato di Trish). Malcom è il più lampante di questi esempi, visto che sta acquisendo una partecipazione più attiva nello show, non solo come character in sé, ma anche come sidekick di Jessica. Decisamente un valore aggiunto alla serie, al contrario di un personaggio come la Hogarth che – nonostante la drammaticità in crescita della sua storyline – si dimostra ancora una figura che gravita attorno al microuniverso di Marvel’s Jessica Jones, senza farne ancora parte.
Per quanto riguardo il villain stagionale, l’approccio è alquanto strano per ora e differisce totalmente con qualsiasi altra stagione e/o serie Marvel fino a qui. Non c’è infatti un villain specifico, la donna con la parrucca è infatti (per ora) solo un modo di dare una personificazione alla IGH, vera e propria ombra che si staglia su tutto il passato e presente di Jessica. E ovviamente tutto assume una prospettiva diversa facendo sprecare i paragoni tra la donna ed il character interpretato da David Tennant. Nella scorsa stagione Kilgrave (a conti fatti) si è dimostrato sostanzialmente un avversario sfuggevole e più a suo agio nel giocare sulla difensiva. Questa volta, invece, la villain sembra essere più aggressiva e decisa del suo predecessore, giocando d’anticipo e attaccando.
Ritornando sul paragone Jessica/Trish, invece, la serie continua a giocare sul rapporto tra l’archetipo del “personaggio col caratteraccio ma debole dentro” (Jessica) e del “personaggio del carattere docile ma forte quando serve” (Trish). Se già per Jessica si può fare un discorso in cui si vede una certa evoluzione – complice anche il suo ruolo da protagonista – per Trish si deve fare un discorso di vera e propria metamorfosi dato che (in questi episodi) sta sempre di più abbandonando il ruolo di semplice personaggio di supporto in favore di una caratterizzazione sempre più aggressiva. Basti vedere i pochi scrupoli che si fa nell’avere contatti con figure che hanno traumatizzato la sua infanzia oppure utilizzando qualsiasi attrezzo possa conferirle un power-up consistente come quello di Frank Simpson (backfire in 3, 2, 1…). Se questo deve essere il percorso che la porterà a diventare Hellcat, ben venga.
Benché Melissa Rosenberg & Co(lleghi) abbiano dimostrato di aver trovato uno stile piuttosto schematico per dispiegare la trama orizzontale, gli sceneggiatori hanno dimostrato che la parola “schematico” non è necessariamente sinonimo di “semplificato”. Semplicemente si è trovata la giusta formula tracciando una linea guida intercambiabile e versatile a seconda delle esigenze. Magari questo discorso non si potrà fare con gli episodi successivi ma, se ci si attiene agli episodi visti finora, tale schematizzazione è piuttosto evidente.
Tornando con la mente alla prima stagione, le puntate che andavano da “AKA Ladies Night” a “AKA It’s Called Whiskey” rappresentavano una piccola trilogia che consolidava la direzione generale della serie, i demoni da affrontare della protagonista e l’ascesa del villain generale. Paragonando la trilogia di cui sopra con gli episodi che vanno dalla 2×01 alla 2×03, si può notare come anche quest’ultima abbia avuto come obiettivo il consolidamento delle precedenti esigenze: chiarire la direzione della serie, le nuove turbe mentali della Jones ed il villain della stagione (al momento identificato nella IGH vista la tutt’ora nebulosa figura della nuova “gifted” con la parrucca). Sia chiaro che tutta questa diatriba non è da leggersi come una critica, ma come una semplice analisi oggettiva della tecnica narrativa utilizzata.
A livello strettamente contenutistico, “AKA God Help the Hobo” rappresenta un vero e proprio interludio verso il vero primo atto dello show: una “puntata ponte” che rinforza le evoluzioni della trama e le storyline personali (esempio il segreto del nuovo fidanzato di Trish). Malcom è il più lampante di questi esempi, visto che sta acquisendo una partecipazione più attiva nello show, non solo come character in sé, ma anche come sidekick di Jessica. Decisamente un valore aggiunto alla serie, al contrario di un personaggio come la Hogarth che – nonostante la drammaticità in crescita della sua storyline – si dimostra ancora una figura che gravita attorno al microuniverso di Marvel’s Jessica Jones, senza farne ancora parte.
Per quanto riguardo il villain stagionale, l’approccio è alquanto strano per ora e differisce totalmente con qualsiasi altra stagione e/o serie Marvel fino a qui. Non c’è infatti un villain specifico, la donna con la parrucca è infatti (per ora) solo un modo di dare una personificazione alla IGH, vera e propria ombra che si staglia su tutto il passato e presente di Jessica. E ovviamente tutto assume una prospettiva diversa facendo sprecare i paragoni tra la donna ed il character interpretato da David Tennant. Nella scorsa stagione Kilgrave (a conti fatti) si è dimostrato sostanzialmente un avversario sfuggevole e più a suo agio nel giocare sulla difensiva. Questa volta, invece, la villain sembra essere più aggressiva e decisa del suo predecessore, giocando d’anticipo e attaccando.
Ritornando sul paragone Jessica/Trish, invece, la serie continua a giocare sul rapporto tra l’archetipo del “personaggio col caratteraccio ma debole dentro” (Jessica) e del “personaggio del carattere docile ma forte quando serve” (Trish). Se già per Jessica si può fare un discorso in cui si vede una certa evoluzione – complice anche il suo ruolo da protagonista – per Trish si deve fare un discorso di vera e propria metamorfosi dato che (in questi episodi) sta sempre di più abbandonando il ruolo di semplice personaggio di supporto in favore di una caratterizzazione sempre più aggressiva. Basti vedere i pochi scrupoli che si fa nell’avere contatti con figure che hanno traumatizzato la sua infanzia oppure utilizzando qualsiasi attrezzo possa conferirle un power-up consistente come quello di Frank Simpson (backfire in 3, 2, 1…). Se questo deve essere il percorso che la porterà a diventare Hellcat, ben venga.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Con “AKA God Help the Hobo” si prosegue la scia positiva della seconda stagione anche se con una certa lentezza.
AKA Sole Survivor 2×03 | ND milioni – ND rating |
AKA God Help the Hobo 2×04 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora