0
(0)
In scia con la prima stagione, si arriva ad un vero e proprio giro di boa narrativo che vede la sua concretizzazione proprio in questo settimo episodio. Se la prima stagione aveva audacemente decretato il “secondo tempo” con un cambio di villain, in questo caso ciò che va a cambiare è lo status dei villain, saggiamente già presentati dall’inizio.
Il nuovo sostituisce il vecchio, Bushmaster ascende a principale antagonista, mettendo MariahDillard Stokes da parte. Sicuramente la pianificazione del già citato giro di boa ha portato a una soluzione abbastanza sbrigativa. La morte di Piranha (off-screen, come gran parte delle decapitazioni di questa stagione) e l’incendio in casa di Mariah avvengono in maniera assai rapida per la preparazione allo scontro che aveva caratterizzato i precedenti sei episodi. Per non parlare della rivelazione dell’odio di Bushmaster verso gli Stokes: una classica vicenda aziendale tra antenati, raccontata rapidamente e sbrigativamente senza neanche un bello spiegone formato flashback. Il messaggio che passa è chiaro: i primi episodi dovevano inserire Bushmaster in un contesto già collaudato, dandogli un motivo per odiare il precedente status quo, tale motivo però non deve assolutamente avere nessun peso narrativo. Innegabile poi che la figura di Mariah necessitasse di un cambio, visto che la sua immagine di abile donna di potere e gangster senza scrupoli iniziasse a risultare un po’ ripetitiva. La frase finale che rivolge a Luke inoltre porta in scena il tema ricorrente di questa prima metà di stagione, ovvero la questione dell’essere un eroe a pagamento, cosa che Luke Cage effettivamente sarà, almeno secondo la sua base cartacea.
Indubbiamente la guerra che vedrà nei prossimi episodi come antagonista principale Bushmaster sarà stata sicuramente meglio preparata, rispetto a come fu per Diamondback, quindi si può passare tranquillamente sopra alla presa di potere sbrigativa e anti-climatica, soprattutto perché coerente alle linee narrative mantenute nelle precedenti puntate. Si può anche accettare che non tutto sia sempre per forza spettacolare.
La spettacolarità spesso è riservata ai montaggi alternati, magari con una canzone interna alla scena. Ciò avviene anche nel finale di questo episodio, ma il risultato appare abbastanza maldestro. Si è già parlato dello spiegone di Bushmaster e della sua sbrigatività. Si può anche aggiungere che il contesto risponde agli stereotipi che vedono il cattivo raccontare tutti i suoi crucci proprio nel mentre sta per mettere in atto la sua vendetta. Ma si è anche detto di come tutto ciò sia perdonabile a fronte di un cambio di status narrativo per i prossimi episodi. Ciò che non convince è l’alternanza con il dialogo tra Luke e suo padre, al chiarimento tra i due e soprattutto alla tematica per niente abusata del perdono, del senso di colpa, del rapporto con i genitori, con il senso di appartenenza alla propria famiglia, bla bla bla. Si poteva fare meglio.
Se Mariah è stata da subito catalogabile come villain di serie B, un discorso ancora più estremo, in questo senso, può essere fatto per Shades, figura che apparentemente ancora deve trovare la sua dimensione in questa stagione. Questo non è però per forza un aspetto negativo. Complice l’efficacia di Theo Rossi, l’impressione del suo personaggio è quella di scheggia impazzita che non dà punti di riferimento al pubblico. In questo momento è difficile pronosticare quella che sarà la sua funzione della seconda metà di stagione, ma è possibile pronosticare che il suo orbitare intorno alla scena malavitosa dello show lo porteranno nel prossimo futuro ad avere un ruolo importante. Al di là di queste previsioni che sicuramente si riveleranno fallaci, in “On And On” i momenti più intensi sono proprio quelli marginali in cui Shades opera: il confronto con Comanche ricalca uno dei topos della serialità criminosa. La scoperta del tradimento di un amico, con conseguente decisione di prendere provvedimenti, è una soluzione narrativa che difficilmente risulta inefficace dal punto di vista emotivo e spettacolare. Senza contare che la sparatoria di cui Shades si rende protagonista andrà a modificare anche gli equilibri interni al distretto di polizia, tenendo conto che anche in quell’ambito è necessario che si rinnovi un po’ la situazione stazionaria che va avanti da metà stagione.
Il nuovo sostituisce il vecchio, Bushmaster ascende a principale antagonista, mettendo Mariah
Indubbiamente la guerra che vedrà nei prossimi episodi come antagonista principale Bushmaster sarà stata sicuramente meglio preparata, rispetto a come fu per Diamondback, quindi si può passare tranquillamente sopra alla presa di potere sbrigativa e anti-climatica, soprattutto perché coerente alle linee narrative mantenute nelle precedenti puntate. Si può anche accettare che non tutto sia sempre per forza spettacolare.
La spettacolarità spesso è riservata ai montaggi alternati, magari con una canzone interna alla scena. Ciò avviene anche nel finale di questo episodio, ma il risultato appare abbastanza maldestro. Si è già parlato dello spiegone di Bushmaster e della sua sbrigatività. Si può anche aggiungere che il contesto risponde agli stereotipi che vedono il cattivo raccontare tutti i suoi crucci proprio nel mentre sta per mettere in atto la sua vendetta. Ma si è anche detto di come tutto ciò sia perdonabile a fronte di un cambio di status narrativo per i prossimi episodi. Ciò che non convince è l’alternanza con il dialogo tra Luke e suo padre, al chiarimento tra i due e soprattutto alla tematica per niente abusata del perdono, del senso di colpa, del rapporto con i genitori, con il senso di appartenenza alla propria famiglia, bla bla bla. Si poteva fare meglio.
Se Mariah è stata da subito catalogabile come villain di serie B, un discorso ancora più estremo, in questo senso, può essere fatto per Shades, figura che apparentemente ancora deve trovare la sua dimensione in questa stagione. Questo non è però per forza un aspetto negativo. Complice l’efficacia di Theo Rossi, l’impressione del suo personaggio è quella di scheggia impazzita che non dà punti di riferimento al pubblico. In questo momento è difficile pronosticare quella che sarà la sua funzione della seconda metà di stagione, ma è possibile pronosticare che il suo orbitare intorno alla scena malavitosa dello show lo porteranno nel prossimo futuro ad avere un ruolo importante. Al di là di queste previsioni che sicuramente si riveleranno fallaci, in “On And On” i momenti più intensi sono proprio quelli marginali in cui Shades opera: il confronto con Comanche ricalca uno dei topos della serialità criminosa. La scoperta del tradimento di un amico, con conseguente decisione di prendere provvedimenti, è una soluzione narrativa che difficilmente risulta inefficace dal punto di vista emotivo e spettacolare. Senza contare che la sparatoria di cui Shades si rende protagonista andrà a modificare anche gli equilibri interni al distretto di polizia, tenendo conto che anche in quell’ambito è necessario che si rinnovi un po’ la situazione stazionaria che va avanti da metà stagione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Quando i punti negativi riguardano i momenti cardine dell’episodio (e della stagione intera) e i punti positivi ne sono invece le dirette e inevitabili conseguenze (come il cambio di equilibri), oltre che situazioni di contorno (Shades), ecco che non si può salire molto con la valutazione. Certo la curiosità per il cambio di status porta inevitabilmente a salvare questo decisivo episodio.
The Basement 2×06 | ND milioni – ND rating |
On And On 2×07 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.