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Castle Rock 1×04 – The BoxTEMPO DI LETTURA 5 min

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“Do you know when they say Castle Rock is unluck? Really is not so unluck, isn’t? That shit happens because bad people knows they’re safe here.”

Dopo un inizio folgorante, costituito da un trittico di puntate che ha mostrato, in tutto il suo squallore esistenziale, la cittadina di Castle Rock e i suoi abitanti e personaggi principali, era normale che il ritmo si sarebbe prima o poi rilassato, anche solo per far riprendere fiato allo spettatore dopo la visione dello sguardo allucinato di Bill Skarsgard.
Il momento di “rilassamento” è sancito dal fatto che, la puntata in questione, si sofferma sempre più su lunghe sequenze dialogiche e atmosfere horror che non portano in realtà a niente, quasi come se la violenza fosse sempre tenuta a freno, in attesa di qualcosa che però non arriva mai. Il che può funzionare sicuramente all’inizio come introduzione, ma alla quarta puntata si sperava di vedere finalmente qualcosa di più. Invece “The Box” si presenta fin da subito come una descrizione dettagliata e uno svisceramento di quanto visto finora.
In particolare è il personaggio della guardia carceraria Dennis (uno straordinario Noel Fisher) l’oggetto dell’interessamento principale da parte degli autori. Accompagnato da un’elaborata e azzeccatissima soundtrack, viene mostrata la sua routine lavorativa al carcere di Shawshank, con tutte le brotture e il marcio che questa nasconde nel suo quotidiano (e che, secondo i canoni kinghiani, è il vero orrore).
Una rappresentazione alquanto realistica e verosimile di un problema sociale reale (la violenza nelle carceri) che sicuramente ha lo scopo di far empatizzare fin da subito lo spettatore con Dennis, unico e impotente “angelo custode” per i reclusi del carcere, il quale non può che impazzire verso la fine e dare vita al potente cliffhanger finale che rilancia in maniera definitiva la narrazione, in un episodio altrimenti troppo piatto e ripetitivo.
Il rapporto che si crea tra lui e “The Kid” (l’altra grande maschera kinghiana che è Bill Skarsgard) è fatto apposta per annunciare l’imminente dipartita, sempre nel finale, del personaggio, proprio nel momento in cui c’era maggior bisogno di lui.
Questa continua disattesa per quanto riguarda le aspettative dello spettatore, e il cinismo continuo di cui è impregnata tutta la serie, è chiaramente fatto apposta per spiazzare il più possibile. Nel 2018, con tutta la filmografia e serialità horror uscita finora, l’elemento più innovativo che Castle Rock può lasciare in fondo è proprio questo: un orrore quotidiano tipico della provincia americana più malata. Un orrore che ha un chiaro intento satirico e politico, molto più efficace delle visioni-flashback notturne (quelle di Henry per esempio) o dei fantasmi di Molly visti nel precedente episodio.
La storyline di Dennis risulta perciò la più efficace finora da questo punto di vista, anche perché è quella più vicina alla principale che riguarda il famigerato “The Kid” (di cui ancora non si sanno bene la storia e le intenzioni) e il presente di Castle Rock.
Meno efficace, invece, quella del protagonista Henry con la sua indagine sul misterioso “The Kid” che diventa, sempre di più, una scusa per indagare su sé stesso e sul suo misterioso “rapimento” avvenuto quando era bambino. A poco a poco i tasselli sul suo passato cominciano a incastrarsi, ma con una lentezza esasperante che fa sembrare la sua storyline un modo per allungare il brodo della narrazione e ritardare sempre di più la rivelazione di “The Kid”.
Gli unici elementi di rilievo, di questo segmento narrativo, rimangono l’interpretazione magistrale (nei panni della madre Ruth) di Sissy Spacek, altra grande interprete kinghiana, e i dialoghi con Molly, la quale si presta sempre di più a diventare involontariamente elemento comico della serie, grazie alla sua goffaggine e alle continue gag riguardanti la morte (esemplare la scena con i possibili clienti della sua casa). Uno humor macabro e sfacciato che raramente si vede all’interno di una serie tv horror così tendente al drama come Castle Rock.
A parte questi due elementi, la storyline di Henry si snoda attraverso la sepultura del padre Matthew con annesso road movie malinconico ed esistenzialista con il patrigno Alan (Scott Glenn), una sequenza che poteva tranquillamente essere riassunta in un’unica scena.
La visita ad un vecchio barbiere che fa l’eremita nei boschi del Maine è la scusa per inserire cliché visivi e cinefili a tema horror; nel complesso la scena risulta molto riuscita ma, allo stesso tempo, non può fare a meno di apparire come fortuita e poco credibile all’interno della narrazione generale, quasi una forzatura.
“The Box” dunque procede la sua narrazione tralasciando le vicende legate al presente di Castle Rock e concentrandosi più sulle ombre relative al passato di Henry. Una scelta poco azzeccata dato che la prima è sicuramente la parte più interessante ma, come già detto, appare normale se si vuol dare un attimo di tregua allo spettatore ed una maggior caratterizzazione dei personaggi principali.
Il cliffhanger finale sconvolge e riapre la vicenda con nuove incognite tutte da scoprire, per cui si tratta solo di portare ancora un po’ di pazienza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Noel Fisher…
  • Sissi Spacek
  • L’umorismo macabro di Molly
  • Il vecchio nel bosco
  • Cliffhanger finale
  • …anche se la sua storyline è già finita
  • Troppe lungaggini sul passato di Henry e poco Bill Skarsgard
  • In generale la tipica puntata di puro raccordo che rimanda a quella dopo

 

Prima puntata di raccordo per Castkle Rock. Non eccelsa, rispetto alle prime tre rilasciate da Hulu, ma neanche da buttare. In alcuni punti un po’ forzata, quasi come il sorriso di Dennis!

 

Local Color 1×03 ND milioni – ND rating
The Box 1×04 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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