“Has it begun?”
Una delle critiche più decise e convinte a Castle Rock è la sua apparentemente lentezza nella progressione della trama, nonché la sua incapacità di reggersi in piedi senza continui e tediosi richiami alle opere letterarie di Stephen King. O almeno questa è la situazione della serie, dal punto di vista di chi porta in essere le critiche sopra descritte.
Tuttavia, relativamente al panorama citazionistico c’è da fare un grosso distinguo che oggi come oggi risulta fondamentale, considerata la vasta quantità di serie tv che mirano a rievocare fantasmi del passato dello spettatore piuttosto che crearne di nuovi. Nel campo della serialità si possono incontrare citazioni diegetiche e citazioni non diegetiche, relativamente allo sviluppo narrativo del prodotto che si sta andando a visionare.
Facciamo qualche esempio così da chiarire la questione.
Una citazione diegetica è il richiamo alla prigione di Shawshank: fulcro dello sviluppo della storia, è chiaro che richiami alla mente dello spettatore il film del 1994 Le Ali Della Libertà, ma questo accade semplicemente perché la prigione a cui si sta facendo riferimento è la stessa. Non è un inserimento forzato e senza senso solo per poter fare l’occhiolino ai lettori accaniti di King.
Parallelamente esistono invece citazioni non diegetiche, come si riportava poco sopra. Basti pensare a quel sottobosco di richiami annosi con il quale è riuscito a costruirsi una vera e propria fortuna Stranger Things. E’ una suddivisione questa non atta a demonizzare le citazioni non necessarie, ma per sottolineare una grossa differenza tra richiami necessari e richiami di puro e semplice condimento; è chiaro quindi che attaccarsi al semplice fattore “eccessivi richiami alle opere dello scrittore” risulta abbastanza deleterio, specialmente se l’opera stessa è nata e cresciuta con la volontà di analizzare la metanarrazione e la mitologia delle opere di King.
Chiusa questa enorme parentesi, non resta che parlare dell’episodio.
“Local Color” si addentra nei legami sociali instauratisi (e ripresi) tra Henry e Molly, approfondendoli tramite fondamentali flashback in cui viene mostrato come proprio la ragazzina sarebbe la spietata assassina del padre adottivo di Henry. Ma il tutto sposta quindi l’attenzione sul movente: perché Molly avrebbe compiuto un gesto tanto impensabile per una bambina?
La motivazione potrebbe essere ricercata in un fattore che l’episodio presenta e cerca di analizzare brevemente: l’empatia quasi viscerale che Molly riesce ad instaurare con determinate persone accanto a sé, con quelle che lei definisce “più rumorose”.
Molly sappiamo essere entrata fin da subito in sintonia con Henry, tanto da provare sulla sua stessa pelle sensazioni, emozioni e dolori che attraversavano il corpo del giovane ragazzo. Possibile quindi che Molly decida di vendicare un torto che Henry subisce nel fitto del bosco? Ed in questo caso sarebbe giustificata l’amnesia di Henry, la cui mente decide di estirpare un intero ricordo per proteggersi? Ma che tipo di ricordo, esattamente?
Di pari passo al suddetto approfondimento sociale, elemento che ricopre un alto minutaggio all’interno dell’episodio, Castle Rock fa finalmente incontrare i due personaggi che fino ad ora hanno calamitato l’attenzione dello spettatore: da una parte il misterioso ragazzo (catturato e rinchiuso da Dale Lacy) dall’altra l’avvocato Deaver. L’incontro si basa su silenzi, parole mormorate a mezza bocca ed interminabili sguardi persi nel vuoto: è indubbio che la recitazione di Bill Skarsgård stia regalando uno dei personaggi più iconici e terribilmente psicopatici degli ultimi anni, riuscire a creare una tensione scenica così forte con una semplice occhiata è qualcosa di semplicemente magnifico.
I dubbi relativi a The Kid (Bill Skarsgård) continuano ad essere molti, specialmente dopo la prevedibile morte del suo compagno di cella: Lacy aveva detto di aver trovato il “male”, il “diavolo” e di essere riuscito a rinchiuderlo. Pregava però di non liberarlo per alcun motivo. C’è da capire se il direttore della prigione fosse impazzito (questo cozzerebbe con la descrizione che tutti hanno dato di lui) oppure se semplicemente fosse a conoscenza di un qualcosa che ancora deve essere portato alla luce. Un mistero di cui sembrerebbe essere a conoscenza anche Alan Pangborn (Scott Glenn, anche qui ex sceriffo proprio come in The Leftovers).
La serie è una creazione di Sam Shaw e Dustin Thomason che, come si riportava nella recensione del pilot, hanno già lavorato al drama storico Manhattan, una serie cancellata senza pietà ma che faceva della lentezza narrativa (giustificata in maniera più che adeguata) uno dei punti di forza, specialmente quando ad un certo punto gli sviluppi si presentavano in scena a ripetizione e senza alcun freno. Basta avere un poco di fiducia, quindi, e di pazienza. Siamo solo all’inizio, d’altra parte. Proprio come The Kid ci ricorda sul finire di puntata.
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Habeas Corpus 1×02 | ND milioni – ND rating |
Local Color 1×03 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.