“I remember the first celebrity I ever met. Willie Mays. Boy, did that blow my mind. He was so great. I was just a kid, but it made me go, that’s what I want to be when I grow up.”
Notte del 12 giugno 1994: a presentarsi, con queste parole, è una delle celebrità sportive e cinematografiche più in vista dell’epoca: O.J. Simpson, campione di football e attore (“The Juice? He’s a movie star. You know, he’s in The Naked Gun movie. He’s the guy in the, uh, the, uh, Hertz commercials.“). Non sa che, a breve, il suo volto diventerà celebre per motivi che non riguardano la sua carriera sportiva o le sue partecipazioni alla saga cinematografica di Una pallottola spuntata, bensì per il presunto omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e del suo amante. In particolare questa prima stagione prende spunto dal libro The Run Of His Life: The People vs O.J. Simpsondel giornalista del The New Yorker Jeffrey Toobin, che seguì direttamente il caso. Un evento che sconvolse e divise l’opinione pubblica dell’epoca non tanto per il fatto in sé, quanto per l’attenzione mediatica che si riversò su di esso e per la decisione, da parte del team di avvocati di Simpson, di puntare sulla carta del razzismo nei confronti del loro assistito per smontare le accuse contro di lui, in un’America già allora sconvolta da violente rivolte razziali come apprendiamo dal teaser d’apertura di questo pilot grazie alle immagini di repertorio della Rivolta di Los Angeles del 1992.
Grazie a questa premessa la serie ci fa già capire due cose molto importanti: siamo all’interno di una serie che ci parla di tensioni, di scontri sociali, e, fatto ancora più importante, la storia che ci racconta è presa da fatti reali. Gli sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszewski, coadiuvati dai produttori esecutivi Ryan Murphy e Nina Jacobson, decidono di ripartire dal genere true crime per questa nuova serie antologica “gemella” di American Horror Story (chiamarla spin-off sarebbe blasfemico) che nelle diverse stagioni analizzerà ogni volta un caso giudiziario e di cronaca nera. L’uso del futuro è obbligatorio perchè la serie, in via informale, è già stata rinnovata per una seconda stagione in cui il caso di cronaca nera sarà l’Uragano Katrina, strano ma vero. E quindi decidono di partire col botto mettendo in scena il caso O. J. Simpson, scelta azzeccata e non casuale, che ha evidenti riferimenti all’attualità e alla cronaca recente.
Infatti American Crime Storynon vuole essere semplice agiografia o documentario ma si rivolge costantemente al mondo del presente. A riprova di questo, l’attenzione che viene data al tema del razzismo e della demistificazione della realtà da parte dei media, ma soprattutto alla società americana, descritta come classista, riscontrabile nei dialoghi tra i personaggi e nelle riprese dettagliate degli “status symbol” del potere (emblematica, da questo punto di vista, l’inquietante statua di marmo di Simpson nel suo stesso giardino).
Il riferimento all’attualità è dato anche dai costanti riferimenti e strizzate d’occhio allo spettatore attento che coglie immediatamente il dialogo relativo a Michael Jackson e a quella che poi sarebbe diventata la famiglia televisiva più famosa degli USA: i Kardashian (guarda caso il fuggitivo Simpson si nasconde proprio nella cameretta di “Kimmy”) il cui patriarca è interpretato da David Schwimmer (il Ross di Friends) nella veste inedita e inadatta a lui di attore drammatico. Strizzate d’occhio che risultano a volte troppo esplicite e che, alla lunga, risultano forse appesantire troppo i dialoghi che appaiono come “didascalici”, troppo forzati rispetto a una ricostruzione storica che, invece, è molto accurata.
Il cast corale di questa prima stagione si avvale di grandi interpreti cinematografici e televisivi, come già American Horror Story ci aveva abituato: da Cuba Gooding Jr. (che interpreta un ottimo O.J. Simpson), a uno straordinario ed irriconoscibile John Travolta (l’avvocato della difesa Robert Shapiro), passando per una carismatica Sarah Paulson (l’avvocato dell’accusa Marcia Clark) in uno scenario da procedural drama dove i personaggi non sono mai stereotipati ma dimostrano grande versatilità e sfaccettature diverse. Ognuno di essi è dotato di lati negativi e positivi così da rendere difficile fino all’ultimo, da parte della “giuria televisiva”, stabilire chi sia veramente colpevole e chi no. Il primo impatto con i protagonisti è ottimo, non c’è moltissimo spazio per introspezione o empatia perchè Scott Alexander e Larry Karaszewski si focalizzano più sullo sviluppo della trama che sui character, tuttavia già così le interpretazioni di Sarah Paulson, John Travolta e Cuba Gooding Jr. sono eccellenti e lasciano intendere che da qui alla fine ci sarà molto spazio di manovra per l’analisi e l’empatizzazione. L’unico che appare un po’ impacciato è David Schwimmer, non proprio a suo agio fuori dall’ambiente sit-com in cui è rimasto incastrato dalla fine di Friends.
L’uso costante della telecamera a mano, inoltre, accentua ancora di più la veridicità della rappresentazione, data anche dalla diversa tecnica di ripresa per le telecamere “finte” degli studi televisivi (particolare non da poco considerando che l’episodio, e l’intera stagione, verte tutto sul concetto di “verità” e “finzione”).
I momenti di tensione sono calibrati in maniera ottima grazie all’uso della musica unita a carrellate cinematografiche (come nella scena dell’avvicinamento al capezzale dell’ex-moglie da parte di O.J. Simpson) che colpiscono emotivamente e creano suspense dalla prima all’ultima scena fino ad arrivare al cliffangher finale con la fuga di O. J. Simpson che rende desiderosi di vedere come va a finire il racconto e, nel frattempo, lascia con il dubbio perenne delle nostre convinzioni riguardo la vicenda.
Non resta che aspettare le prossime puntate per vedere come si evolverà la storia ma una cosa è certa: American Crime Story si preannuncia come una delle migliori sorprese di quest’anno.
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From The Ashes Of Tragedy 1×01 | 5.11 milioni – 2.0 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!