“This is the way the world ends.
This is the way the world ends.
This is the way the world ends.
Not with a bang but a whimper.”
T.S. Eliot
IL PASSATO
Era il 1978 quando The Stand (L’Ombra Dello Scorpione in italiano) trovava luce dopo una travagliata prima stesura durata ben sedici mesi, narrava di un contesto sociale, politico e tecnologico ben diverso da quello odierno. Ma soprattutto parlava di un virus (Capitan Trips) con un tasso di infettività del 99,4% e di mortalità del 100%, un aspetto talmente lontano dalla concezione di vita dell’uomo occidentale da essere per l’appunto il punto di partenza di un libro post-apocalittico.
L’opera, esattamente come Le Notti Di Salem, catturò fin dal principio l’attenzione di George A. Romero interessato a renderlo un prodotto per il cinema. Lo scarso successo negli anni ‘80 degli adattamenti di King ed un calo di interesse da parte del regista lo portarono ad allontanarsi dal progetto lasciando Stephen alle prese con la sceneggiatura che lui stesso riconoscerà essere di difficile stesura (“too much story for a movie”); ma riguardo l’idea di adattarla in una serie tv King era scettico, soprattutto per le forti limitazioni e gli standard imposti dalla tv dell’epoca. Arrivato all’accordo, tuttavia, con l’ABC si ritroverà costretto ad un braccio di ferro con il canale proprio per mantenere alcuni degli elementi canonici del prodotto nonché di maggior attrazione per il pubblico.
Finalmente nel 1994 la miniserie, divisa in quattro puntate, vide la luce: dopo dodici anni da quando King aveva iniziato a scrivere alcune bozze dell’ipotetico film, la serie venne mandata in onda nel giro di cinque giorni. Una serie figlia del suo tempo, con le proprie limitazioni e con i propri pregi, in grado di raccogliere 6 nomination agli Emmy e ben due vittorie (make-up e sound mixing).
…E POI ARRIVÒ IL 2020
Le coincidenze a volte sono strane: vociferata ed attesa da tempo, la nuova miniserie riguardante il romanzo omonimo trova spazio (questa volta sulla CBS) proprio in questo vituperato 2020. The Stand, la serie che tratta di una super influenza in grado di sterminare la popolazione mondiale, si trova mandata in onda nell’anno del Covid-19.
Stephen King tra i produttori (nonché sceneggiatore del finale), un cast rinnovato (ovviamente), la pronosticabile atmosfera apocalittica ed un racconto che questa volta il pubblico sente forse più vicino di quanto inizialmente lo stesso King avrebbe mai pensato.
James Marsden (Teddy in Westworld) e Alexander Skarsgård sono i volti che sicuramente raccolgono maggior attenzione in questo primo episodio: Marsden è Stu Redman, mostrato fin dal principio all’interno del centro studi in cui viene analizzato e sottoposto a test in quanto unico sopravvissuto al mortale Capitan Trips. Skarsgård, dal canto suo, appare poco ma porta in scena il personaggio simbolo di Stephen King, nonché villain per eccellenza: Randall Flagg, The Dark Man. Da segnalare inoltre la presenza di Whoopi Goldberg nel ruolo di Mother Abagail.
COM’È INVECCHIATO THE STAND?
Ma la vera domanda è: The Stand, romanzo scritto più di quarant’anni fa, riesce a reggere il peso dell’avanzamento del tempo? Dopo questo primo episodio la risposta è un più che convinto sì, nonostante restino da limare diversi elementi e alcune decisioni prese dalla produzioni lascino il tempo che trovino.
Il primo ostacolo da superare era sicuramente il livellamento tecnologico. Ecco quindi che il cancello della struttura di massima sicurezza diventa una porta di una camera stagna; Harold non viene semplicemente deriso dagli amici, ma pubblicamente messo alla gogna su Instagram; le fake news aggiungono del loro diventando una costola dell’opera aiutando a diffondere false notizie e miti sia attorno alla malattia, sia attorno allo stato di diverse cittadine. Un adeguamento storico più che buono.
Saranno le scelte del cast a sancire quanto l’adattamento sia funzionale: per esempio la scelta di Jovan Adepo per il ruolo di Larry Underwood ha sollevato più di qualche dubbio attorno alla genuinità del prodotto (nel romanzo del 1978, King descrive il lato canoro di Underwood con “making him sound black”). Ma si tratta questo di un puro e semplice appunto visto e considerato quanto marginale sia questo elemento all’interno della storia generale.
EVENTI CRONOLOGICI O COSTRUZIONE IN MEDIAS RES?
Il vero punto debole di questo primo episodio, oltre ad essere una scelta di produzione decisamente discutibile, è sicuramente l’apertura della serie e la costruzione della stessa. The Stand può contare su uno degli incipit narrativi più accattivanti, magnetici e devastanti mai scritti da King: il virus che, per “colpa” di una semplice guardia, si propaga devastando a piè sospinto l’intero Paese prima ed il mondo nella sua totalità poi; il passaggio alla pompa di benzina in cui si trova anche Stu; il centro di detenzione; le storie parallele di Frannie Goldsmith e Harold (presentate queste sì in ordine cronologico, ma in maniera molto affrettata); Larry Underwood ecc ecc.
La CBS depotenzia questo incipit decidendo invece per un’apertura in medias res con Capitan Trips che ha già devastato l’intero pianeta ed i sopravvissuti si ritrovano a raccoglierne i cocci. Si può intravedere la decisione di tentare una strada diversa rispetto alla produzione ABC che aveva invece seguito con ordine lo scritto di King, ma risulta senza ombra di dubbio un’apertura sottotono nonché fautrice di un disordine cronologico (con flashback che ne seguono altri creando semplice confusione) allo spettatore occupato con la visione.
D’altra parte la produzione sembra aver maggior spazio di manovra sia per quanto concerne il lato splatter/horror (qui i malati si mostrano come tali, non banalmente addormentati come nella miniserie del 1994), sia per quanto concerne un determinato tipo di linguaggio (utile a rendere la serie più vicina alla quotidianità e quindi allo spettatore).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Ma Stu Redman, l’iconico Randall Flagg, il diabolico Capitan Trips ed il complessato Harold Luder bastano ed avanzano. Per ora.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.