12 Monkeys 2×03 – One Hundred YearsTEMPO DI LETTURA 4 min

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12 Monkeys continua la sua avventura stagionale confermando il buon lavoro fatto nei precedenti due appuntamenti, confezionando inoltre il migliore episodio per quanto concerne questa seconda annata. Iniziamo riproponendo, esattamente come nella precedente recensione, una breve sinossi per non far perdere la bussola ai telespettatori poco pratici di viaggi nel tempo e timeline multiple.
Questa settimana si ha che fare con un episodio tutto sommato lineare, all’interno del quale si alternano due sole linee temporali, quella del 2044 e quella del 1944. Due dei Messaggeri inviati indietro nel tempo si trovano, esattamente come previsto da Cole, in quest’ultima timeline, con l’intento di uccidere un tale Thomas Crawford utilizzando un pugnale intagliato da un suo osso. Cole e Cassie, inviati indietro nel tempo da Katarina, non arrivano in tempo per impedire la sua morte, ma scoprono che l’uomo è in realtà il bersaglio sbagliato: Crawford, infatti, ha un figlio (suo omonimo), Primario come Jennifer e conscio di quanto sta per succedergli. La Messaggera riesce nella sua missione e il contatto tra il pugnale e il corpo del ragazzo crea un paradosso temporale, che si ripercuote anche sulla realtà del 2044, trasformando il luogo dell’esecuzione di Ramse in una foresta rossa.

K:I’ve loved very few in my life. My father, a husband briefly, and my daughter…all three murdered by a disease in which you had a part. Why? To save the life of your child whom your barely knew?
R:You created time travel. Save your daughter. You of all people should understand.
K: “Understanding doesn’t lessen my contempt for you. My selfishness was in line with saving billions of lives. Yours was bent to destroy them.

Questa settimana, come abbiamo già scritto poco sopra, 12 Monkeys punta su una maggiore linearità, alternando due sole timeline e giocando meno con la mente dello spettatore. Nonostante questa ricerca di semplicità, certamente utile a far rifiatare gli spettatori maggiormente refrattari ai viaggi temporali, a lungo andare la serie comincia a mostrare le prime contraddizioni a livello di scrittura. Tanto per fare un esempio, l’impossibilità da parte dell’esercito delle 12 scimmie di includere il viaggio nel tempo, inventato da Katarina solo in seguito alla pandemia, all’interno di un piano misterioso nel quale lo sterminio globale costituirebbe solo la prima fase. Come avevamo già detto l’anno scorso, la gestione di più linee temporali non è mai semplice. A livello autoriale occorre precisione e accuratezza, elementi essenziali se si vuole conservare la coerenza narrativa necessaria all’ottenimento di un contesto realistico nonostante l’ambito fantascientifico. D’altro canto, presa coscienza dello show e della sua portanza mediatica, errori del genere possono essere perdonati, puntando invece alla valorizzazione dei suoi aspetti positivi.
Le considerazioni in merito alle performance attoriali rimangono pressoché invariate: Aaron Stanford e Kirk Acevedo, in questa puntata separati dai cento anni che danno il nome all’episodio, hanno il compito di mandare avanti (in termini recitativi) le rispettive timeline. Un compito decisamente più difficile per il primo, affiancato dalla solita Schull, resa ancora più fastidiosa dalla svolta caratteriale attuata dal suo personaggio. Se da una parte, infatti, sembra nascere del tenero tra lei e Deacon (seriously?), dall’altra cresce l’astio verso Cole. Un astio maturato, a quanto pare, dalla morte del suo boyfriend Aaron – che ai tempi, ricordiamo, non fu per nulla compianto dalla sua dolce metà, ma anzi trattato da impestato solo per essersi preoccupato della sua incolumità, per poi finire arso vivo sotto uno scaffale – e che ha finito per trasformare radicalmente le loro dinamiche relazionali fino a giungere alla freddezza più estrema. Sorpresa graditissima, inoltre, la breve performance di Erik Knudsen nei panni di Thomas Crawford Jr., bravissimo nel restituire allo spettatore il disagio e la consapevolezza di una persona mentalmente disturbata conscia dell’inevitabilità del suo destino.
Dall’altra parte, sebbene il minutaggio penda radicalmente a favore della linea temporale del passato, le interpretazioni migliori arrivano dal presente. Uno scambio di battute in particolare merita una menzione a sé: naturalmente ci riferiamo al faccia a faccia tra Ramse e Katarina con cui abbiamo aperto la recensione. L’egoismo dimostrato dai due personaggi trova un punto comune nell’amore dei rispettivi cari, ma smette di collimare una volta individuate le conseguenze delle azioni compiute in nome di tale sentimento: da una parte un egoismo funzionale alla salvezza dell’intera razza umana, dall’altra invece votato alla sua totale estinzione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Buona resa della timeline del 1944
  • Lo scontro iniziale tra Cole e Deacon
  • Lo scambio tra Ramse e Katarina
  • L’interpretazione di Erik Knudsen
  • Il paradosso innescato dal rituale misterioso
  • Sviste a livello di scrittura che vanno limitate
  • La svolta del personaggio di Cassandra

 

Al suo terzo appuntamento stagionale, 12 Monkeys ci offre un episodio godibile sotto molti punti di vista, intensificando la sua componente mistery in maniera quasi “lindelofiana”. Una volta presa coscienza dei limiti dello show, più che altro da imputare a ragioni di carattere economico, diventa più facile apprezzare il buon lavoro compiuto da Matalass, Fickett e colleghi in questi due anni di messa in onda. Proprio in virtù di ciò, questa volta ringraziamo e attendiamo settimana prossima per scoprire a quali esiti porterà il misterioso rituale compiuto dai Messaggeri.

 

Primary 2×02 0.31 milioni – 0.1 rating
One Hundred Years 2×03 0.40 milioni – 0.1 rating

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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