A Million Little Things 1×01 – PilotTEMPO DI LETTURA 6 min

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“Friendship is when you don’t care when your buddy throws up in your car when you’re taking him back from chemo. And yet he keeps mentioning it. Friendship is believing that your friend will one day make his movie. It’s holding a friend’s hand when she loses her restaurant, ‘cause you know she’s gonna open up a better one. It’s the person that you trust with your wallet and your keys and your wife and your kids. And it’s being able to have the hard conversations and be willing to listen. It’s a million little things.”

E’ innegabile il fatto che quando una serie tv gode di un certo successo subito gli altri network cercano di riproporne la formula vincente di base, spesso con risultati disastrosi: basti pensare, a titolo di esempio, alle decine di “cloni” di Lost basati sull’idea che bastino una trama intricata e una manciata di misteri per confezionare una nuova serie cult oppure, in tempi più recenti, a quelle produzioni fantastiche/pseudostoriche che guardano all’alchimia di sesso, violenza e morti scioccanti di Game of Thrones come modello. Anche A Million Little Things sembra una di quelle serie create appositamente per cavalcare l’onda del momento, perché assomma in sé, almeno nel pilot, molte delle caratteristiche di due dei maggiori successi di pubblico dell’ultimo periodo, il family drama della NBC This Is Us e il controverso teen drama di Netflix 13 Reasons Why: il cast corale e il focus sugli aspetti sentimentali ed emotivi che conduce alla ricerca di momenti e dialoghi di particolare intensità da un lato, la centralità del suicidio e l’indagine sulle sue cause dall’altro, senza dimenticare l’uso decisivo dei flashback. D’altro canto il creatore dello show, DJ Nash, afferma che l’idea di raccontare un suicidio e le sue ripercussioni sulla vita delle persone vicine gli è venuta da un’esperienza personale, e non abbiamo motivo di credere che stia mentendo su una cosa così delicata. Probabilmente la verità sta nel mezzo.
Come si accennava, A Million Little Things è una narrazione corale che prende l’avvio da un suicidio, quello di Jonathan Dixon. Uomo d’affari di successo, ottimista al punto da fare di “Everything happens for a reason” il proprio mantra, Jon è uno che dalla vita ha avuto tutto e non sembrava di conseguenza avere motivi per compiere l’estremo gesto, eppure l’ha fatto. L’infausto evento sconvolge le vite, oltre che della moglie Delilah e dell’assistente Ashley, anche dei suoi tre amici Eddie, Rome e Gary e delle mogli dei primi due, Katherine e Regina; a questo gruppo già piuttosto folto si aggiunge piuttosto rapidamente anche Maggie, nuovo interesse sessual-amoroso di Gary. Ognuno di loro ha la sua buona dose di problemi, che si tratti di un tumore o di un matrimonio fallimentare, di un ambizioso sogno ancora irrealizzato o di una depressione che rischia di sfociare nel suicidio. Appaiono evidenti i due proverbiali rovesci della medaglia: da un lato il pilot lancia una serie di spunti abbastanza seri, che se sviluppati a dovere potrebbero rendere la serie molto più di un mero clone dell’ultimo successo di NBC; dall’altro lato, però, questo accumulo di drammi e di sventure personali potrebbe far virare il prodotto verso il melodramma più becero e stucchevole, dando vita a una storia troppo strappalacrime (o era una strappa storia lacrime?), e il plot twist finale riguardante la tresca tra Eddie e Delilah è proprio quello che fa temere il peggio in questo senso. Piuttosto interessante e sui generis risulta comunque la vicenda di Gary, che non sarà originale quanto quella di Walter White ma porta sullo schermo una malattia sicuramente poco nota quale il cancro al seno maschile.
Il fulcro della storia, però, per ora rimane il suicidio di Jon, gesto tanto eclatante quanto inspiegabile agli occhi di chi lo conosceva. Oltreoceano stanno già fioccando i primi attacchi contro la rappresentazione di tale gesto nella serie, così come fioccarono all’epoca dell’uscita di 13 Reasons Why, e ancora una volta si tratta di polemiche sterili e inutili, che al massimo avranno l’effetto di dare più visibilità a un prodotto che non ha avuto un esordio eclatante in fatto di rating. Non c’è nessuna glorificazione del suicidio, come diversi attacchi sottolineano, quanto piuttosto la volontà di mostrare che persino un evento traumatico come la morte di un amico può trasformarsi in sprone, in stimolo a ripensare la propria vita e a goderla appieno, proprio perché ci si rende conto di quanto essa sia preziosa e inimitabile. Del resto anche Ungaretti scriveva di non essersi mai sentito attaccato alla vita quanto la notte trascorsa insieme al cadavere di un compagno, e non risulta che i polemisti di cui il mondo è tanto pieno gli abbiano dato addosso per certe affermazioni. E’ un modo tutto sommato originale di raccontare l’impatto del suicidio sulle persone vicine, senza minimamente svuotarlo di drammaticità e dolore.
La morte di Jon, poi, ha un altro effetto non da poco: spinge i suoi amici e soprattutto Gary (che sembra il più cazzone del gruppo ma a sorpresa si rivela anche il più profondo) a interrogarsi sulla natura di quel legame, a chiedersi se davvero poteva definirsi amicizia e come sia stato possibile non capire in tempo il male oscuro che affliggeva Jon. Anzi, la ricerca delle cause che hanno condotto al suicidio rappresenta un’altra pista interessante che il pilot introduce e che toccherà agli episodi successivi approfondire, e qui si inserisce un ulteriore elemento perturbante rappresentato dall’assistente del suicida, Ashley, che nasconde o cancella documenti di vario tipo per motivazioni che al momento non possono essere nemmeno ipotizzate. L’idea che Jonathan Dixon si sia suicidato dopo aver scoperto la relazione tra la moglie e l’amico Eddie fa capolino nel finale ma è chiaro che sarebbe una soluzione troppo semplice del mistero e che la risposta si troverà semmai al termine di un scavo più profondo nella personalità di Jon e nel suo passato. E’ proprio in questa commistione tra la parte più squisitamente sentimentale, se non addirittura soap, e quella investigativa che il nuovo drama di ABC potrebbe trovare la sua forza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Alcuni drammi personali piuttosto interessanti e atipici (vedasi Gary e il cancro al seno maschile)
  • Spunti di riflessione dalle grandi potenzialità se ben sfruttati e affrontati
  • Componente investigativa relativa al suicidio di Jon
  • Alto rischio di trasformarsi in un polpettone strappalacrime e stucchevole

 

Il pilot di A Million Little Things mostra le indubbie potenzialità della narrazione e genera una certa curiosità, ma espone anche i rischi che potrebbe correre in futuro esagerando con la componente sentimentale e soap. Mai come in questi casi il detto “chi vivrà vedrà” calza a pennello, perché solo i prossimi episodi sapranno confermare l’una o l’altra impressione.

 

Pilot 1×01 5.07 milioni – 1.1 rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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