“I’m gonna tell you something. This is gallow grounds you’re walking. And there’s a rope around your neck and a raven-bird on each shoulder waiting for your eyes. The gallows tree has deep roots. It stretches from heaven all the way down to hell. And this world is the only branch from which the rope is swinging.”
Continua inesorabile la piega “intimista” degli eventi di American Gods. Più che di lentezza narrativa si dovrebbe parlare semplicemente di “stasi narrativa”.
La guerra tra Vecchi e Nuovi dei sembra qualcosa di lontano anni luce nella mente dei personaggi e degli autori, mentre padroneggiano gli episodi incentrati sul passato dei singoli personaggi (nella scorsa puntata un aspetto del passato di Mr. Wednesday/Odino, qui la storia di Mad Sweeney attraverso i secoli).
D’altra parte, il “piano” di Mr. Wednesday è talmente machiavellico e complesso che richiede il proprio tempo (la crescita dell’Albero della Vita e la ricostruzione della lancia Gungnir). Così, mentre i “buoni” (inteso come il “Team-vecchi dei”) cazzeggiano nei preparativi per la battaglia finale, i “cattivi” (il “Team-nuovi dei”) si perdono in piccole diatribe quotidiane in attesa di capire bene cosa fare.
Come riempire questo enorme vuoto narrativo che il romanzo di Neil Gaiman poteva risolvere bene nella scrittura ma che a livello visivo offre ben poco?
La risposta, da parte degli autori (che forse hanno corso un po’ troppo nella prima stagione e ora si trovano con davvero poca roba in mano, soprattutto in vista di una probabile prossima stagione) è stata quella di far luce sul background dei vari personaggi protagonisti dello show.
In realtà, sarebbe inesatto affermare che, anche in un episodio come questo, non sia successo effettivamente nulla. Ci sono stati alcuni plot twist non da poco, come Shadow che impugna per la prima volta Gungnir, finalmente ricostruita. Ciò lascia presupporre che sarà lui a doverla usare nella “battaglia finale”, che dovrebbe essere ormai immanente (manca una sola puntata), a meno che tutto non venga rimandato alla prossima stagione.
E poi c’è un ultimo plot twist finale che forse inciderà poco sulla storyline orizzontale ma che sicuramente colpisce emotivamente lo spettatore, soprattutto dopo la visione dell’episodio: la morte del personaggio di Mad Sweeney. Il character del Leprecauno viene qui sviscerato a fondo e si scopre essere un personaggio veramente a tutto tondo (non che finora sia mai stato monodimensionale, anzi), con una storia e un background particolare alle spalle. Attraverso i vari flashback (visioni?) della sua mente malata e gli scritti di Ibis si scopre che il cosiddetto leprecauno ha avuto un passato ben più glorioso di quanto egli stesso ricordi (o che Mr. Wednesday gli abbia mai veramente raccontato). Mad Sweeney è in realtà re Lugh della stirpe dei Tuatha de Danann, antichi dei della tradizione celtica irlandese, dunque sovrano, guerriero e “dio del sole, della fortuna, delle arti e artigianato di tutto ciò che è civilizzazione”.
Nei quasi 50 minuti di episodio viene narrata tutta la sua parabola discendente: da sovrano amato dal suo popolo fino al disgraziato patto fatto con Mr. Wednesday che lo ha portato alla sua condizionale di inizio episodio (in cui, nella scena della banconota di Ben Franklin pare quasi citare, in maniera parodica, una scena analoga del film The Millionaire). Il tutto in una chiave onirica e surreale in cui la realtà e la fantasia si mescolano continuamente (ma, come dice Mr. Ibis, spesso “stories are truer than the truth”) e in cui la veridicità del racconto di Mad Sweeney viene costantemente messa in dubbio. Efficace, a tal proposito, l’elemento delle Banshees usate per introdurre le varie scene in cui il leprecauno si trasforma in un Mel Gibson magico ed epico, evidenziato dalla splendida fotografia di Paco Cabezas, regista dell’episodio.
A parte la storyline di Mad Sweeney (conclusasi tragicamente, per cui tocca dare un probabile addio ad un personaggio che, a posteriori, è stato uno dei meglio riusciti della serie), la puntata offre come comparse anche Laura e Salim, i quali però appaiono solo in quanto “funzionali” alla storyline del leprecauno e quindi totalmente inutili o, perlomeno, poco in evidenza rispetto ad altri episodi della serie.
E sullo sfondo rimane anche la figura di Shadow Moon, investito del ruolo di “portatore della lancia Gungnir”, il quale, proprio per questo motivo, si presuppone giocherà un ruolo importante nella prossima puntata. E sarebbe anche ora dal momento che fino a prova contraria è il protagonista della serie.
Unico contraltare al “protagonista di puntata” di turno rimane Mr. Wednesday (il solito ottimo Ian McShane), sempre più luciferino e machiavellico, il cui ruolo si fa sempre più ambiguo.
In attesa di vedere (forse) quali saranno gli esiti del suo piano, “Treasure Of The Sun” rimane un bell’episodio di raccordo confezionato a dovere in cui non è certamente possibile annoiarsi. Rimane però una puntata quasi a sé stante, come ormai molte di questa seconda stagione, in cui la storyline principale viene completamente tralasciata in favore di una lentezza innaturale (in una serie che comunque non dovrebbe basarsi sul binge-watching come quelle di Netflix) che non nasconde una certa confusione di fondo da parte degli autori.
“Tutto fumo e niente arrosto” dunque? L’unico modo per saperlo è aspettare la prossima puntata (il final season stagionale) in cui si spera che tutti i nodi vengano al pettine.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Donar The Great 2×06 | 0.24 milioni – 0.1 rating |
Treasure Of The Sun 2×07 | 0.31 milioni – 0.1 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!