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Nell’ultimo anno, il palinsesto televisivo statunitense (e non solo) si è impegnato a dare visibilità alla comunità e alle storie delle persone transgender: prima col personaggio di Sophia Bursett (Laverne Cox) in Orange Is The New Black, poi con Transparent, serie Amazon premiata anche ai Golden Globe, in seguito con la storia della transizione di Caitlyn Jenner che ha avuto un enorme successo, e per finire anche con Sense8 di Netflix. Becoming Us, dunque, è l’ultima delle serie ad arrivare che ha come protagoniste persone transgender. Questa docu-serie riflette bene anche la strada che ABC Family (che la manda in onda) ha intrapreso nell’occuparsi del racconto di diversi tipi di famiglie (esempio maggiore The Fosters, che racconta la vita di una coppia lesbica e dei loro figli biologici e adottivi).
Protagonisti della storia sono Ben Lehwald (di 17 anni), la sua famiglia e tutti i cambiamenti che essa affronta in seguito alla transizione di suo padre Carly (prima Charlie). Questo primo episodio della serie presenta i protagonisti e ci introduce alla loro vita quotidiana. Vediamo infatti Suzy, la madre di Ben, che si è trovata ad affrontare il divorzio da suo marito oltre che la sua transizione e che si preoccupa delle ripercussioni che tutto questo ha, ha avuto ed avrà sul figlio. Vediamo la ragazza di Ben, Danielle, anche lei con un padre transgender (che ha più difficoltà a vivere la sua femminilità rispetto a Carly), ma, soprattutto, vediamo il racconto di come Carly sia arrivata ad accettarsi e la difficoltà di Ben nell’accettare la decisione del padre di effettuare la definitiva operazione per diventare donna, che sono le parti più intense e migliori della series premiere. Inoltre vengono introdotti anche altri personaggi secondari come gli amici e la sorella di Ben, Sutton (figlia solo della madre di Ben), che è fidanzata ed è tornata in città per organizzare il suo matrimonio. Questi innesti, però, non sembrano essere funzionali alla storia e non aggiungono punti di vista interessanti sulla vicenda di Ben e la sua famiglia, almeno fino ad ora, quindi la loro presenza è piuttosto marginale.
La scelta di usare una forma insolita per un telefilm, come la docu-serie, è interessante ed efficace: il fatto di non scegliere di raccontare una storia di fantasia ma una storia vera conferisce maggior rilievo al prodotto poiché il pubblico riesce a percepire che si tratta davvero di vita vissuta e si riesce a identificare di più con i problemi che i protagonisti affrontano. Ecco quindi che i problemi di Ben a scuola, il domandarsi se si è adatti come genitori, i problemi di comunicazione tra Ben e la ragazza diventano qualcosa di più reale e soprattutto credibile. Si vedono tutte le problematiche che si affrontano nell’accettare la transizione di un genitore, senza dare l’idea che sia un percorso facile fatto di supporto e gioia, fattore da non dimenticare.
Durante la visione, però, non si può non notare come a volte i dialoghi siano un po’ forzati o preparati e questo rende più difficile entrare appieno nelle vicende in quanto trasuda sempre un elemento di forzatura dato dalla presenza delle telecamere. L’episodio è abbastanza buono e con un ritmo da documentario che ben si adatta. La presenza delle telecamere non è sicuramente imponente come quella che si può trovare in Modern Family, ma comunque non passa inosservata.
Protagonisti della storia sono Ben Lehwald (di 17 anni), la sua famiglia e tutti i cambiamenti che essa affronta in seguito alla transizione di suo padre Carly (prima Charlie). Questo primo episodio della serie presenta i protagonisti e ci introduce alla loro vita quotidiana. Vediamo infatti Suzy, la madre di Ben, che si è trovata ad affrontare il divorzio da suo marito oltre che la sua transizione e che si preoccupa delle ripercussioni che tutto questo ha, ha avuto ed avrà sul figlio. Vediamo la ragazza di Ben, Danielle, anche lei con un padre transgender (che ha più difficoltà a vivere la sua femminilità rispetto a Carly), ma, soprattutto, vediamo il racconto di come Carly sia arrivata ad accettarsi e la difficoltà di Ben nell’accettare la decisione del padre di effettuare la definitiva operazione per diventare donna, che sono le parti più intense e migliori della series premiere. Inoltre vengono introdotti anche altri personaggi secondari come gli amici e la sorella di Ben, Sutton (figlia solo della madre di Ben), che è fidanzata ed è tornata in città per organizzare il suo matrimonio. Questi innesti, però, non sembrano essere funzionali alla storia e non aggiungono punti di vista interessanti sulla vicenda di Ben e la sua famiglia, almeno fino ad ora, quindi la loro presenza è piuttosto marginale.
La scelta di usare una forma insolita per un telefilm, come la docu-serie, è interessante ed efficace: il fatto di non scegliere di raccontare una storia di fantasia ma una storia vera conferisce maggior rilievo al prodotto poiché il pubblico riesce a percepire che si tratta davvero di vita vissuta e si riesce a identificare di più con i problemi che i protagonisti affrontano. Ecco quindi che i problemi di Ben a scuola, il domandarsi se si è adatti come genitori, i problemi di comunicazione tra Ben e la ragazza diventano qualcosa di più reale e soprattutto credibile. Si vedono tutte le problematiche che si affrontano nell’accettare la transizione di un genitore, senza dare l’idea che sia un percorso facile fatto di supporto e gioia, fattore da non dimenticare.
Durante la visione, però, non si può non notare come a volte i dialoghi siano un po’ forzati o preparati e questo rende più difficile entrare appieno nelle vicende in quanto trasuda sempre un elemento di forzatura dato dalla presenza delle telecamere. L’episodio è abbastanza buono e con un ritmo da documentario che ben si adatta. La presenza delle telecamere non è sicuramente imponente come quella che si può trovare in Modern Family, ma comunque non passa inosservata.
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L’idea della docu-serie è bella specialmente per il suo fine: far vedere “da dentro” come si presenta la vita delle persone transgender e quali sono le loro sfide quotidiane, il tutto non rappresentandole come “fenomeni” ma normalizzandole, nella speranza di aiutare chi vive la stessa esperienza e nella speranza che la comunità transgender sia sempre più accettata.
La rappresentazione fittizia, che sia in tv, al cinema o nell’arte, conta ed è il modo migliore per far passare messaggi importanti e/o portare avanti battaglie. Questa nuova serie ce lo dimostra ancora una volta.
La rappresentazione fittizia, che sia in tv, al cinema o nell’arte, conta ed è il modo migliore per far passare messaggi importanti e/o portare avanti battaglie. Questa nuova serie ce lo dimostra ancora una volta.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.