Big Sky è il nuovo prodotto ABC firmato David E. Kelley, già creatore di serie di successo come Ally McBeal e Boston Legal, ma anche delle più recenti Big Little Lies e The Undoing. La serie si basa sul romanzo The Highway, primo di una serie di romanzi polizieschi scritti da C. J. Box: la vicenda ruota attorno ai rapimenti di alcune ragazze, avvenuti in una zona remota dello stato del Montana.
Fin dal primo episodio ci si domanda cosa Kelley abbia trovato di così interessante nel materiale di origine, da decidere di adattarlo per la televisione.
La serie si apre con un litigio da due donne, entrambe investigatici private presso lo stesso studio, a causa del rapporto consumato da parte di una delle due con il marito dell’altra. Questo incipit lascia già intendere lo spessore morale della serie, tanto che le due arriveranno dopo poche scene a prendersi violentemente a cazzotti.
Per quanto riguarda l’intreccio principale della storia, relativo appunto al serial killer e alla scomparsa di numerose donne, fin da subito viene svelata l’identità del colpevole: si tratta di un camionista che ha un rapporto particolare e controverso con la madre. Questo personaggio è una sorta di Norman Bates, ma si tratta di una versione senza lo spessore morale necessario e soprattutto, non supportato da una degna performance dell’attore che lo interpreta: al povero Brian Geraghty, comparso in Boardwalk Empire, deve essere risultato fatale il giro a Chicago tra Chicago P.D., Chicago Fire e Chicago Med, altrimenti non si spiega questa debacle.
La decisione di mostrare subito il volto del killer, penalizza molto la serie: avrebbe potuto essere molto più accattivante incentrare gli episodi successivi sulla risoluzione in stile “whodunnit?“.
In tale cornice si inseriscono poi due sorelle malcapitate che intraprendono un viaggio in auto per raggiungere anche loro la cittadina nel Montana, imbattendosi (nel corso di un rocambolesco e improbabile inseguimento) proprio nell’uomo che finirà per rapirle.
In generale sembra di assistere a un episodio (anche piuttosto mal riuscito) di Criminal Minds, cosa che potrebbe anche essere retta per i circa quaranta minuti di puntata ma non può davvero rappresentare il punto di partenza per un’intera stagione.
Un’altra nota dolente riguarda proprio gli attori, tra i quali nessuno spicca per intensità, né tantomeno per credibilità. L’unico che avrebbe potuto discostarsi da questa media insufficiente era il supposto protagonista, interpretato da Ryan Philippe (i nostalgici degli anni ’90 lo ricorderanno per il suo ruolo in Cruel Intentions, ma è stato anche protagonista in tv nella prima stagione del più recente Secrets and Lies) che, tuttavia, in seguito a quanto lasciato intendere dal cliffhanger finale, è probabile che comparirà più.
Nemmeno il plot twist finale (alquanto prevedibile) convince a continuare la visione.
Le premesse erano fortemente positive e lasciavano ben sperare, anche perché Kelley ha dimostrato nel corso degli anni di poter sfornare prodotti ben confezionati e degni di nota.
Il potenziale dello show era dettato anche dalla particolare ambientazione: la cittadina sperduta nel Montana tra pini e montagne, infatti, si prestava perfettamente ad ospitare un mystery accattivante, che avrebbe potuto seguire per atmosfera le orme di serie come Twin Peaks o Wayward Pines (o magari Yellowstone, sicuramente più similare per quanto concerne la geografia), pur trattando una diversa tematica.
Tutto il potenziale è stato sprecato e praticamente calpestato nel pilot di questo procedurale, in cui tutto ciò che accade e si vede urla “gia visto”, rendendo questo, di fatto, il peggior lavoro di Kelley.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il pilot di Big Sky potrebbe essere riassunto con una serie di “non”: non convince, non decolla, non brilla di originalità o di freschezza, condito perlopiù dalla performance mediocre degli attori, che rendono i characters vuoti e senza spessore. Pilot bocciato, senza ombra di dubbio.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.