Con questa sesta, e probabilmente ultima (sogno “movie” a parte), stagione di Community un’approccio di partenza è più che fondamentale e doveroso: non siamo di fronte a quella serie originale, dalla comicità innovativa, immediata quanto sottile, che tanto ci aveva piacevolmente sorpreso e divertito fino alla sfinimento nei suoi primi tre anni di vita. La storia la sappiamo benissimo tutti, il temporaneo addio di Dan Harmon della dimenticabile quarta, e il suo ritorno nostalgico quanto poco incisivo nella quinta. Nel frattempo, le dolorose partenze dei personaggi storici, da Pierce a Troy, per finire con Shirley (alle prese con un suo personale spin-off sulla NBC), hanno fatto sì che il numero dei tanti fan della serie si siano ridotti sempre più, condividendo un entusiasmo in discesa.
Eppure, va detto, Dan Harmon e il suo team ci stanno provando, con risultati di certo non eccelsi, ma comunque dignitosi e non privi di insperati guizzi. Dietro le quinte, d’altronde, la consapevolezza della situazione attuale è più che presente, come testimoniano le ripetute frecciate di Abed, che da sempre incarna lo spirito e l’immensa cultura pop degli autori. La stessa new-entry Francesca è un personaggio altrettanto meta-filmico, con il suo presentarsi come una persona neutrale e noiosa, che rispecchia al meglio la risposta ironica (ai limiti del “troll”, per usare un gergo forumistico) della produzione agli spettatori più disillusi. Tenendo conto di alcune gag che riguardano lei (la curiosità di Pelton e Jeff sul suo orientamento sessuale) e l’altro nuovo character Elroy (la battuta sulla pièce teatrale di Chang), piuttosto divertenti e ben riuscite, non si può dire che almeno la prima carta, ovvero quella del “rimpiazzo” dei vecchi personaggi, non stia quantomeno iniziando a dare i suoi buoni frutti. Dopotutto, ripensando allo scialbo inserimento, nella passata stagione, di Mike Ermhantraut Jonathan Banks, ora ritornato a lidi ben più consoni, non si può dire che, almeno su questo punto di vista, non si sia realizzato un certo passo in avanti.
Seconda carta, chiamiamola pure quella della “disperazione”, vede, invece, Harmon & co. puntare sui personaggi secondari tanto amati, buttandoli nella mischia, in pianta stabile, al centro dell’azione della trama. Sorte toccata in primis, come si faceva presente nella recensione scorsa, a Chang, il quale, date anche le “assenze” illustri, ha pian piano guadagnato importanza, visibilità e minutaggio. Presupponiamo che la fama raggiunta dall’attore Ken Jeong nel corso degli anni, specialmente per il successo commerciale della trilogia cinematografica Una notte da leoni (special guest, anche, nell’ultima stagione di Glee), abbia fatto la sua parte, ma ciò non toglie che il percorso del personaggio ha sempre avuto una sua rilevanza, dalla “changnesia” al regime dittatoriale imposto a Greendale. La differenza, stavolta, sta nelle stesse tematiche e dinamiche che riguardano le sue sottotrame. Se una volta, infatti, rappresentava la componente più non-sense, fuori dagli schemi (e di cervello), vera e propria scheggia impazzita e imprevedibile per la trama generale, adesso non solo lo ritroviamo frequentemente al tavolo col resto del gruppo, ma addirittura protagonista di un’intera storyline, nella quale offusca perfino Annie. Certo, i risultati sono anche spassosi, dalle umiliazioni dell’irascibile regista alle diverse espressioni del gruppo durante la sua performance, per esempio, perlopiù epici, eppure la sensazione di stare vedendo “qualcosa di troppo” permane per tutta la durata dell’episodio. In particolare nei momenti di maggiore “serietà”, che mascherano sì il solito intento parodistico, stavolta sugli stereotipi del mondo teatrale, ma allo stesso tempo appesantiscono la fruizione, non riuscendo completamente ad intrattenere lo spettatore.
Destino similare quello del Preside Pelton, altro personaggio iconico e irresistibile quando era ai margini, adesso, proprio come Chang, protagonista di una storyline tutta sua. Dopo le succose e fantastiche gag “telefoniche” dello scorso episodio, noi stessi aspiravamo la ripetizione di scene altrettanto divertenti. Ma mai ci saremmo aspettati una tale importanza nell’arco dei trenta minuti concessi all’episodio (che, forse, iniziano ad essere troppi per la frenetica formula usuale dello show), proprio sulla falsariga dell’ambiguità sessuale che da sempre circonda il personaggio. Immediato il paragone How I Met Your Mother, più che altro per la pratica di svelare certi “misteri” o dubbi che circondano la caratterizzazione di alcuni personaggi, in occasione della stagione finale della serie, e, di conseguenza, sull’effettiva necessità di applicarla anche in questo caso. L’utilizzo di un “fantoccio” politico, poi, con l’obiettivo di ingraziarsi le lobby omosessuali, non suonerà nulla di nuovo a chi, per esempio, segue Shameless e le bizzarre disavventure di Frank Gallagher.
Terza ed ultima carta, stavolta solo in un piccolo accenno finale, quella dell'”affair” tra Jeff ed Annie mai concretizzatosi, ma perennemente sullo sfondo, pronto ad esser tirato fuori periodicamente. Suggerito dal tipico scambio di battute che caratterizza la particolare chimica della coppia (“Milady“, “Milord“), può esser letto sia come una semplice strizzatina d’occhio ai fan, o come la volontà di riportare in auge una questione mai del tutto risolta. Vero, il puro romanticismo non è mai stato nelle corde dello show, eppure, se viene affrontato alla maniera del favoloso e indimenticabile season finale della prima stagione, o almeno lontanamente simile, chissà, magari siamo di fronte a una di quelle poche operazioni tipicamente “fanservice” a cui non sarebbe così malvagio assistere.
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Basic Crisis Room Decorum 6×03 | ND milioni – ND rating |
Queer Status And Advanced Waxing 6×04 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.