Crisis In Six Scenes 1×04 – Episode 4TEMPO DI LETTURA 5 min

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Woody Allen ha diretto il suo primo film, “Che Fai, Rubi?” (in inglese “What’s Up, Tiger Lily?”) nel 1966, esattamente mezzo secolo fa. Si trattava di un esperimento cinematografico molto interessante: un rimontaggio di “Kokusai himitsu keisatsu: Kagi no kagi”, film d’azione giapponese, che diventò (con dialoghi totalmente riscritti) una lotta per una ricetta culinaria. Inoltre, spesso appariva lo stesso Allen che, insieme al direttore del film, parlavano di questo progetto così innovativo, ma al tempo stesso così complesso. Da quel “Che fai, rubi?” è passata un’eternità, e la mente creativa di Allan Stewart Königsberg ha concepito altri 46 film, un numero esorbitante.
Data l’enorme mole, è ovvio che ci siano stati degli alti e bassi, e che il regista abbia vissuto periodi abbastanza bui, artisticamente parlando, dai quali però si è sempre ripreso. Nonostante ora abbia 81 anni, Allen non sembra avere alcuna intenzione di andare in pensione, anzi, e ogni suo lavoro viene sempre atteso con trepidazione, come è giusto che sia, visti il suo talento e la sua fama. Detto ciò, l’hype creatosi attorno a Crisis in six scenes è stato da subito eccessivo e, soprattutto, male indirizzato. In molti si attendevano una rivoluzione, un qualcosa di spiazzante, immaginifico, un punto di svolta per un mondo, quello seriale, già in pieno fermento e rinnovamento. Era davvero lecito aspettarsi questo da un regista che, seppur mostruosamente bravo, è nato nel 1935 e non ha mai visto serie tv (neanche Mad Men o Breaking Bad)? Inoltre, è bene ricordare che gli ultimi lavori di Allen, seppur sempre gradevoli e ben fatti, sono lontani dai suoi lavori migliori (eccezion fatta per il meraviglioso “Midnight in Paris”).
Partendo con questi presupposti, è normale rimanere delusi da questa serie di Amazon, che in questi giorni è stata letteralmente demolita da critica e pubblico: Metacritic le dà 44/100 e sull’app TvShowTime, la media varia dal 3.8/10 del pilot al 6 risicato di un paio di episodi. In definitiva, quasi tutti sembrano aver bocciato l’incursione televisiva dell’iconico regista newyorkese (lui per primo, in quanto si è detto più volte pentito di aver accettato l’offerta del colosso statunitense).
In tutto questo mare di critiche negative, cosa ne pensiamo noi di Recenserie? Come si è potuto notare anche nelle precedenti recensioni, non siamo rimasti estasiati, ma non abbiamo neanche gridato al fallimento, anzi. Data la natura cinematografica di Allen, era ovvio aspettarsi che la prima parte fosse molto lenta. Per questo motivo, ad un pilot che, fino ad ora, rappresenta l’episodio più debole, è stata data una sufficienza: il suo ruolo era quello di dare una prima introduzione, esattamente come i primi 20 minuti di un film. Si potrebbe obiettare che la televisione dovrebbe avere ritmi e strutture diverse, ma era abbastanza utopico aspettarsi che Allen si adattasse alle regole del piccolo schermo.
Sempre ragionando come se fosse un film, con il terzo episodio siamo arrivati esattamente alla fine del primo tempo e, infatti, la storia stava entrando nel vivo: Lennie fa fumare erba ad Alan e consiglia libri politicamente impegnati a Kay. È proprio su questi libri che si basa questo quarto episodio. Questi 23 minuti rispondono interamente alla domanda: cosa succede se persone borghesi e disinteressate a quello che accade fuori dal loro giardino vengono in contatto con ideali radicali e rivoluzionari? C’è chi, come Sidney, continua a non volerci avere nulla a che fare, attirandosi il continuo sdegno di Lennie, e c’è chi, come Kay, inizia a riflettere su quanto limitata sia stata la sua visione della vita fino ad ora. Inoltre, ci sono le amiche del club del libro che reagiscono come se si trattasse di un divertente svago dalla quotidianità, un qualcosa da fare perché ora va di moda. Il loro modo di pensare non è cambiato di una virgola, e lo dimostra il fato che cambiassero argomento ogni due secondi, con evidente frustrazione da parte di Kay. In poche parole, il loro sembra un consumismo da rivoluzione. In ogni caso, hanno deciso di andare a protestare, e sarà sicuramente interessante vedere il seguito di questa storyline, e come reagirà Sidney a questa notizia.
Se il club del libro sembra aver capito superficialmente il movimento degli anni ’60, lo stesso non si può dire di Alan, che divora testi su testi (da Mao Tse-Tung a Frantz Fanon, filosofo e rivoluzionario della Martinica, nonché amico di Jean-Paul Sartre) e si fa conquistare totalmente dagli ideali di uguaglianza, giustizia e rivoluzione, tanto da voler mollare tutto e finire a Cuba. In un certo senso, anche lui non ha capito in pieno ciò con cui ha a che fare, perché questo cambiamento radicale non è frutto di un processo interiore, bensì dell’euforia del momento.
In sostanza, l’unica persona realmente immersa nella realtà sessantottina è sempre Lennie, che però ha il problema opposto: la ragazza è convinta che non ci possa essere svago, divertimento o piacere se si vuole cambiare la società. In un certo senso, anche la sua è una visione limitata, e la porta addirittura a perdere uno scontro verbale con Sidney, che le fa notare come Fidel Castro sia un grande appassionato di baseball, da lei definito poco prima “oppio dei popoli”; questo concetto viene ripreso anche nel finale, quando Alan la porta a vedere la luna. Questo gesto, seppur apparentemente piccolo ed insignificante, rappresenta probabilmente la prima volta dopo moltissimo tempo nella quale Lennie si ferma a vedere qualcosa di bello che c’è nel mondo, invece di pensare sempre che sia tutto tremendo.
Parlando di Lennie, è proprio Miley Cyrus la nota negativa dell’episodio. Nel secondo episodio, la sua recitazione era apparsa estremamente forzata, e rendeva il suo personaggio artificiale. La speranza era che, con il passare degli episodi, la situazione migliorasse, ma a quanto pare non è così, ed è un peccato che, in un mare di attrici giovani e talentuose, Allen abbia scelto proprio lei, che si è rivelata non adatta al ruolo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Dialoghi sempre brillanti
  • Varie reazioni alle idee rivoluzionarie
  • Si sta entrando nel vivo
  • Recitazione di Miley Cyrus

 

Pur non essendo una serie perfetta, Crisis In Six Scenes continua a convincere, e noi non possiamo che ringraziare un uomo di 81 anni che delizia da 50 con le sue opere. Non vi aspettavate mica che potesse innovare come nel ’66, vero?

 

Episode 3 1×03 ND milioni – ND rating
Episode 4 1×04 ND milioni – ND rating

 

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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

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