L’azione riprende circa sei mesi dopo la fine delle vicende della prima stagione. La serie, comunque, non rinuncia ad alcuni suoi elementi costitutivi, come la netta separazione tra la sotto trama riguardante la Casa Bianca e quella riguardante le indagini dell’agente Hannah Wells.
Su entrambi i fronti si nota come i personaggi siano più a loro agio nel loro ruolo. Dopo lo shock iniziale, evidentemente, si stanno abituando alla “nuova normalità”. Questo emerge soprattutto vedendo il Presidente trattare con gli ambasciatori di Russia e Ucraina per risolvere un caso di dirottamento aereo e dà una piacevole sensazione di “l’impossibile è il mio mestiere”. Kirkman fa pure sfoggio del russo, imparato per ingraziarsi i suoceri.
Anche la parte dedicata alle ricerche di Patrick Lloyd, stavolta ambientata in Europa, scorre bene e lascia sperare ancora meglio per il futuro, con l’introduzione nella partita del nuovo agente dell’MI6. Damian Rennet, interpretato da Ben Lawson, reclama l’interesse dello spettatore sin dall’inizio, col modo poco ortodosso di contattarlo usato dalla collega del Bureau. Lo rivedremo nelle prossime puntate.
I problemi ci sono quando si vogliono integrare nella narrazione elementi comici. Primo fra tutti, il nuovo arrivato Lyor Boone. Niente da dire sull’interpretazione di Paulo Costanzo, già visto in Royal Pains, ma questo curatore di pubbliche relazioni pedante, stralunato, forse un po’ autistico, sembra essere lì solo come spina nel fianco dei poveri Seth e Emily, i quali cercano soltanto di svolgere il loro compito al meglio. Non sorprende vedere il povero Seth intento a cercarsi un altro lavoro. Certo, nella stragrande maggioranza degli ambienti di lavoro esistono persone così, croci da sopportare. Non è poi difficile prevedere un momento in cui queste caratteristiche da “bambino speciale” e un pochino picchiatello di Lyor si riveleranno inestimabili per risolvere il problema di giornata, ma si rimpiangono personaggi come la senatrice Hookstraten, con la loro interessante ambiguità.
Sempre parlando di comicità mal riuscita, abbiamo il letterato Grady, con le sue difficoltà a farsi ricevere da Kirkman. Purtroppo, la parte in cui viene accantonato nella prima stanzetta libera disponibile è molto più soddisfacente della retorica finale, quando l’incontro avviene, all’insegna del “Non condivido una parola di quello che dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu possa dirlo”. Puro Voltaire, o meglio Evelyn Beatrice Hall, che gli attribuì la frase. Ovviamente, un presidente deve usare la retorica, come un pittore colori e pennelli, ma a tempo e luogo, nelle giuste dosi.
Alla luce di tutto ciò, forse sarebbe stato preferibile dedicare un po’ di tempo in più ad esplorare la relazione tra il Presidente e il suo amico medico, con cui aveva litigato da anni, morto nell’esplosione dell’aereo per essersi attardato a soccorrere un malato. Lo spunto sembrava buono, ma alla notizia della tragica scomparsa, sostanzialmente, il dottore non si è visto, se non forse di sfuggita, in un vecchio filmato.
Auspicabilmente, questi difetti verranno limati nella scrittura delle prossime puntate.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Brace For Impact 1×21 | 5.07 milioni – 1.1 rating |
One Year In 2×01 | 5.50 milioni – 1.1 rating |
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).