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Quando si vuole analizzare lo stato di salute di una serie tv, un utile metodo può essere rappresentato dai vari voti assegnati ad ogni episodio. Ovviamente, la semplice valutazione numerica non è sufficiente per un’analisi approfondita (se lo fosse, siti come “Recenserie” non esisterebbero), ma è comunque un efficace strumento di sintesi. Ciò è più vero che mai per quanto riguarda “Designated Survivor”; lo show ABC, infatti, nei primi 16 episodi della prima stagione è stato premiato con un “Bless”, molti “Thank” e pochi “Save”. Fino a quel momento lo show si era rivelato abbastanza solido (nonostante qualche piccolo passaggio a vuoto in corrispondenza del midseason finale), con storyline interessanti, un buon ritmo e un Kiefer Sutherland assolutamente convincente. Naturalmente, erano presenti anche alcuni difetti, ma la sensazione era che si sarebbero potuti risolvere in modo relativamente semplice, non trattandosi di problemi strutturali.
Contrariamente ad ogni previsione, invece, “The Ninth Seat” ha dato il via ad un periodo caratterizzato da una mediocrità sempre più evidente; logicamente, anche i voti ne hanno risentito: da quell’episodio in poi (1×17), infatti, ogni puntata è stata “premiata” con un “Save Them All”. Dopo 8 “save” consecutivi, la puntata della scorsa settimana ha interrotto questo trend assolutamente stabile, segno chiarissimo di una grande difficoltà a ritornare sui livelli iniziali, ma non nel modo che ci si sarebbe auspicati: dalle sufficienze più o meno risicate, infatti, si è passati all’insufficienza, il primo “Slap” nella storia di questa serie. Purtroppo, anche questa settimana non ci si discosterà molto.
Sia chiaro, nessuno ha mai chiesto a “Designated Survivor” una rappresentazione accurata e fedele della politica americana, dialoghi degni di Aaron Sorkin o la cattiveria e il cinismo di “House of Cards”. Ciò non significava, però, che sarebbe stata una grande idea allontanarsi totalmente da ognuno di questi aspetti. “Suckers”, in particolare, mostra come la deriva intrapresa sia ormai quasi irreversibile. Prendiamo in considerazione alcuni elementi specifici:
The Suckersgate
Per quanto riguarda la storyline prettamente politica (e presidenziale), il caso della giornata (sì, perché oramai DS ha deciso di essere, per quanto riguarda la Casa Bianca, un procedurale a tempo pieno) riguarda una frase ironica che il Presidente dice ad un senatore, il quale la decontestualizza del tutto e la dà in pasto alla stampa.
In sé per sé, non si tratterebbe neanche di una vicenda non meritevole di essere rappresentata in uno show del genere, soprattutto dato il clima politico attuale (che, volente o nolente, ha influenzato tutta la serialità statunitense degli ultimi mesi) che stanno vivendo oltre oceano. Del resto, tutte le tematiche di questa seconda stagione erano piene di punti di interesse (il virus e le case farmaceutiche, i rapporti col Messico, le statue confederate…); il problema, però, è lo svolgimento di queste vicende, del tutto inappropriato per uno show (teoricamente) ambizioso. Innanzitutto, la scelta del procedurale puro non sta pagando in quanto, trattandosi di politica, la struttura di ogni evento è molto intricata e complessa rispetto a quella che il caso procedurale per eccellenza, l’omicidio, potrebbe avere. Data la scarsità di minuti a disposizione, l’arco narrativo non può prendere in considerazione la complessità di cui sopra, decidendo dunque per un approccio certamente non approfondito. Se a questo si aggiunge, inoltre, una sceneggiatura non ispirata e superficiale, i risultati non possono che essere scarni. Essendo una serie tv statunitense ambientata nella politica e trasmessa da un canale generalista, era lecito attendersi la presenza piuttosto massiccia del tipico patriottismo a stelle e strisce; quello che non è lecito, invece, è usare questo patriottismo nel modo in cui lo hanno usato gli autori in questo caso (e non solo); non è lecito, infatti, incentrare una puntata sul POTUS che il Presidente ha chiamato gli americani “Idioti” e poi cavarsela dicendo “Sì, ma sono idioti perché credono nel Sogno americano”, in quanto si tratta di una frase priva di senso logico, intrisa di cliché e, in definitiva, sintesi perfetta dello spirito (spesso eccessivamente) buono e gentile dello show.
In sé per sé, non si tratterebbe neanche di una vicenda non meritevole di essere rappresentata in uno show del genere, soprattutto dato il clima politico attuale (che, volente o nolente, ha influenzato tutta la serialità statunitense degli ultimi mesi) che stanno vivendo oltre oceano. Del resto, tutte le tematiche di questa seconda stagione erano piene di punti di interesse (il virus e le case farmaceutiche, i rapporti col Messico, le statue confederate…); il problema, però, è lo svolgimento di queste vicende, del tutto inappropriato per uno show (teoricamente) ambizioso. Innanzitutto, la scelta del procedurale puro non sta pagando in quanto, trattandosi di politica, la struttura di ogni evento è molto intricata e complessa rispetto a quella che il caso procedurale per eccellenza, l’omicidio, potrebbe avere. Data la scarsità di minuti a disposizione, l’arco narrativo non può prendere in considerazione la complessità di cui sopra, decidendo dunque per un approccio certamente non approfondito. Se a questo si aggiunge, inoltre, una sceneggiatura non ispirata e superficiale, i risultati non possono che essere scarni. Essendo una serie tv statunitense ambientata nella politica e trasmessa da un canale generalista, era lecito attendersi la presenza piuttosto massiccia del tipico patriottismo a stelle e strisce; quello che non è lecito, invece, è usare questo patriottismo nel modo in cui lo hanno usato gli autori in questo caso (e non solo); non è lecito, infatti, incentrare una puntata sul POTUS che il Presidente ha chiamato gli americani “Idioti” e poi cavarsela dicendo “Sì, ma sono idioti perché credono nel Sogno americano”, in quanto si tratta di una frase priva di senso logico, intrisa di cliché e, in definitiva, sintesi perfetta dello spirito (spesso eccessivamente) buono e gentile dello show.
Una menzione, inoltre, la merita il dialogo finale tra Kirkman e Rouse; non si capisce, infatti, come un tragico evento personale possa giustificare quanto fatto dal senatore. Certo, non ci si aspettava il discorso che Claire Underwood ha fatto a Donald Blythe riguardo a sua moglie, ma neanche questa conclusione così amichevole e fraterna di una questione che ha fatto seriamente traballare il Presidente.
L’udienza della madre della First Lady
Va detto chiaramente: la sotryline relativa alla suocera di Kirkman non è certo la più entusiasmante che si possa immaginare; oltre ad una certa mancanza di interesse, quello che stupisce è che si stia dando così tanta rilevanza ad una vicenda accaduta trent’anni fa. Inoltre, anche l’ipotesi di una cospirazione costante con Eric Little suona quantomeno improbabile, nonostante, su tutto ciò si potrebbe anche chiudere (a malincuore) un occhio; non si può far finta di niente, però, riguardo quanto accaduto al processo. Come fatto notare giustamente da Kendra Daynes, John Foerstel è il direttore dell’FBI e l’ex Procuratore generale degli Stati Uniti. Si tratta, dunque, di una persona estremamente qualificata e con una profonda conoscenza della legge e del funzionamento delle istituzioni. Per questo motivo, non si capisce come sia plausibile un errore pacchiano come quello commesso durante il processo, ossia la presentazione di una sola prova, per di più ottenuta illegalmente (e lui sapeva che era stata ottenuta illegalmente).
Paradossalmente, la storyline più promettente ed interessante, quella relativa all’uccisione di Charlotte Thorn, viene snobbata quasi del tutto dalla Casa Bianca e lasciata esclusivamente nelle mani dell’agente Wells (e dell’agente del MI6, opportunamente tornato per indagare). Considerando il modo in cui è stato impiegato il tempo dedicato alle trame più propriamente politiche, non sarebbe stato meglio congiungere le due anime dello show e farle procedere di pari passo, per lo più su un tema realmente degno di uno show con protagonista l’uomo più potente del mondo? La speranza, però, non è del tutto perduta, visto che le indagini continueranno anche nella prossima puntata e ci dovranno essere, obbligatoriamente, le prime conseguenze concrete dal punto di vista delle relazioni internazionali. Se così non sarà, si dovrà iniziare a parlare di discesa inesorabile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Dopo aver ottenuto il voto più basso della propria storia, Designated Survivor decide di peggiorare ancora, sfornando un episodio ancora peggiore del precedente. Dopo lo schiaffo, questa volta proviamo col fuoco, nella speranza di un cambiamento.
Equilibrium 2×04 | 4.34 milioni – 0.8 rating |
Suckers 2×05 | 3.94 milioni – 0.7 rating |
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.