Benché non sia tra le serie più pubblicizzate della stagione autunnale, Extinct presenta un grosso, fondamentale dettaglio capace di suscitare l’interesse immediato di ogni buon appassionato di sci-fi: è un’opera ideata e scritta da Orson Scott Card e Aaron Johnston. Per chi non lo conoscesse, Orson Scott Card è uno dei maggiori scrittori di fantascienza attualmente in vita, autore di Ender’s Game e altri romanzi che hanno dato vita a un vero e proprio ciclo di Ender, vincitore per due anni consecutivi sia del Premio Hugo sia del Premio Nebula (record tuttora imbattuto), ma anche figura controversa per il suo bigottismo e la sua esplicita opposizione ai matrimoni omosessuali: in poche parole, la chiara dimostrazione che non sempre genio artistico e apertura mentale vadano a braccetto. Aaron Johnston, invece, è co-autore di alcuni romanzi del suddetto ciclo di Ender, insieme a Card stesso. Chi produce e trasmette la serie, invece, è BYU Television, ossia il canale ufficiale della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni a.k.a. la corrente maggioritaria del Mormonismo; non a caso, sia Card sia Johnson ne fanno parte e questo deve aver giocato un ruolo fondamentale nella nascita del progetto. Oggigiorno chiunque si mette a produrre serie televisive perché è la moda del momento, non ci si dovrebbe stupire se anche i Mormoni lo fanno; anzi, questa è già la seconda serie prodotta da BYUtv dopo Granite Flats, un drama ambientato durante la Guerra Fredda, andato in onda dal 2013 al 2015 e particolarmente apprezzato dalla critica.
Riassumendo, abbiamo un bravo e tuttavia retrogrado scrittore di fantascienza, il suo fedele aiutante e un canale religioso che verosimilmente non avrà chissà quali grandi risorse monetarie per pagare attori noti o effetti speciali di livello medio-alto. In una situazione del genere il risultato più probabile sarebbe un prodotto televisivo contenutisticamente valido e intrigante (per la levatura del suo ideatore) ma povero visivamente, con qualche commistione tra religione e fantascienza; purtroppo, Extinct è ben lungi dal sopperire con la trama e le tematiche trattate le carenze del comparto tecnico e degli effetti speciali, rivelandosi, almeno nei primi due episodi trasmessi da BYUtv, una storia noiosa e banale. In due ore di visione, si stenta a trovare una ragione per andare avanti con i rimanenti otto (dei quali sei sono già stati rilasciati in streaming su byutv.org, gli ultimi due saranno trasmessi il 19 novembre in televisione come gran finale). Vedere il nome di Orson Scott Card dietro questo progetto rende tutto ancora più ridicolo, ma è risaputo che non sempre da grandi nomi derivano grandi prodotti e che maggiore è la considerazione dell’autore più rovinosa è la caduta.
L’idea alla base di Extinct è tutt’altro che malvagia: un’invasione di alieni bellicosi, i Karik, causa l’estinzione dell’intera razza umana, ma quattrocento anni dopo un misterioso drone rosso “ricrea”, servendosi di misteriose molecole fosforescenti chiamate Sparks, tre esseri umani completi dei ricordi della loro precedente vita, allo scopo di ripopolare la Terra. Per chi lavora il drone? Cosa sono esattamente gli Sparks? Cosa c’è dietro il ritorno della razza umana? Perché i Karik hanno invaso la Terra quattro secoli prima e che fine hanno fatto poi? Di domande a cui dare risposta, lo si vede bene, ce ne sono tante e questo, a conti fatti, potrebbe essere l’unico vero motivo per cui continuare a seguire questa serie, a parte essere un masochista che prova piacere nel visionare prodotti di scarsa qualità e nel vedere quanto in basso possa cadere la creatività umana.
Extinct è fatta talmente male che non si sa nemmeno da dove iniziare a demolirla: dagli attori? Dagli effetti speciali? Dalla trama? Dalla caratterizzazione dei personaggi? Dai dialoghi? Dal ritmo? Dalle scenografie? Dalle geniali trovate della sceneggiatura? Cominciamo dagli attori. Chad Michael Collins, Victoria Atkin e Yorke Fryer, gli interpreti dei tre protagonisti Ezra, Feena e Abram, sono talmente scadenti nella recitazione da far sembrare i droni che incontrano sul loro cammino degli attori da premio Oscar; e le cose non migliorano guardando al resto del cast, la serie è talmente piena di cani e cagne di ferrettiana memoria che sembra di essere in un canile. In confronto, il tanto vituperato cast di Zoo sembra composto da talentuosi professionisti del palcoscenico.
Altro punto dolente e delicatissimo, visto il genere cui appartiene Extinct, è quello del comparto tecnico. La fantascienza a base di alieni, astronavi e robot richiede un budget non indifferente per il trucco, le scenografie, gli effetti speciali e la CGI; se non la si possiede è molto più dignitoso volgersi ad altri generi e sfornare una distopia ambientata in un futuro prossimo o un drama dei nostri giorni, invece di incaponirsi a fare sci-fi e dare alla luce obbrobri degni di rivaleggiare con quelli prodotti dalla Asylum. I piani alti di BYU Television non sembrano aver ragionato in questi termini, perché hanno deciso lo stesso di produrre e trasmettere una serie che nel 2017, quando altrove ci sono prodotti visivamente magnifici come Star Trek: Discovery, The Orville o Philip K. Dick’s Electric Dreams, dovrebbe essere semplicemente bandita da qualsiasi palinsesto del globo terracqueo. Iperboli a parte, Extinct delude davvero tanto dal punto di vista estetico e serve a poco ricordare che il canale che l’ha prodotta non è ricco quanto HBO o Netflix perché, come già detto, se non si hanno sufficienti soldi è meglio realizzare serie meno costose ma altrettanto dignitose. La CGI si assesta su un livello mediocremente accettabile ma questo è il minimo sindacale per gli standard odierni, scendere al di sotto di questi avrebbe significato voler fare schifo di proposito; gli effetti speciali sono talmente vetusti da dare quasi un tocco vintage (o di estrema povertà, a seconda dei punti di vista) alla serie; gli interni sono spogli e anonimi, realizzati col minimo dispendio possibile per risparmiare e, probabilmente, indurre in depressione lo spettatore. A tal proposito non è un caso che i primi due episodi si svolgano quasi interamente all’aperto, dove la natura offre già splendide scenografie senza dover spendere i già pochi soldi del budget per crearle: in particolare, i paesaggi desertici del pilot sono splendidi, semplicemente mozzafiato, fanno dimenticare per qualche secondo l’oscenità di tutto il resto.
Se la confezione è orrenda, il contenuto non è da meno, con l’aggravante che la bassa qualità della prima può essere giustificata dalla povertà di BYUtv mentre quella del secondo non ha scusanti, anzi dal duo Card-Johnston era lecito aspettarsi il meglio. I tre fortunati umani “ricreati” emergono dalle acque di un lago, opportunamente coperti da una sorta di tuta nera (giustamente non possono mostrare troppa pelle scoperta su un canale religioso!). Perché siano stati resuscitati proprio loro e non, ad esempio, un addestratissimo soldato o un premio Nobel o un talentuoso artista rimane un mistero, la cui soluzione forse costituirà il premio finale per quei coraggiosi che continueranno la visione di Extinct per altri otto episodi. Nemmeno il tempo di risvegliarsi che Ezra, Abram e Feena ricevono la loro prima missione (detto così sembra un RPG in cui vengono affidate delle quests al protagonista dall’NPC di turno, ed effettivamente è così): raggiungere un accampamento di altri umani, precedentemente “ricreati”, portando con sé in un plico oblungo gli Sparks. Se vi state chiedendo perché mai una civiltà così tecnologicamente avanzata da riportare in vita esseri viventi con tutte le loro memorie pre-morte intatte non dovrebbe essere in grado di trasferire da sola gli Sparks e gli umani da un punto A a un punto B ma debba mandarli a piedi armati solo di pistole laser e senza ulteriori protezioni non temete, non siete i soli a porvi tali quesiti senza trovare risposte soddisfacenti al di fuori di un deprimente “è un’esigenza della trama”. Nessuno dei tre protagonisti, inoltre, spicca per caratterizzazione e originalità: Ezra è il classico ex-soldato che si è fatto una famiglia a cui pensa continuamente e ha combattuto nella resistenza contro gli alieni (Colony, Falling Skies, siete voi?); Abram è un terapista ultrasessantenne resuscitato nel corpo di un ventenne (praticamente la trama di Second Chance) e per questo dovrebbe essere il più saggio ed esperto dei tre, ma considerando come si comporta se questo è il massimo della saggezza che la razza umana può tirare fuori siamo a posto; Feena è invece quella col passato misterioso e ancora indecifrabile. Forse è per questo che la narrazione risulta scialba e noiosa, priva di mordente, incapace di suscitare interesse nello spettatore; o forse la colpa è dei pessimi e banali dialoghi o dell’incapacità degli attori di recitare in maniera accettabile o della sciatteria della sceneggiatura o della prevedibilità dei “colpi di scena”; o forse sono tutti questi elementi insieme a rendere Extinct una continua martellata sulle gonadi à la Tafazzi.
Durante il viaggio, ovviamente, il terzetto incontra delle difficoltà, rappresentate da una banda di pezzenti guerriglieri noti come Skin Riders, esseri umani nelle cui nuche risiede un qualche parassita fluorescente; e altrettanto ovviamente in questo gruppo di mentecatti esaltati c’è una persona nota a uno dei protagonisti, ossia Silas, il fratello cazzone scavezzacollo di Ezra. L’introduzione di questo personaggio, unita ai continui flashbacks che Ezra ha sulla sua famiglia di quattrocento anni prima, fa scivolare Extinct nel drammone familiare fantascientifico di cui si sarebbe volentieri fatto a meno (Falling Skies, Colony, siete di nuovo voi?). Comunque sia, i nostri eroi arrivano lo stesso all’accampamento e qui scoprono, per “bocca” di un secondo drone, che gli abitanti del posto sono morti per una misteriosa epidemia; l’unico vaccino efficace può essere creato dagli Sparks portandoli in un lago vicino e lasciandoceli a mollo per qualche ora, e siccome il drone da solo non può farlo tocca agli umani scortarlo. Sì, avete capito bene: chiunque abbia costruito quei droni li ha resi capaci di ricreare intere persone (sia in carne e ossa sia come intelligenze artificiali in forma di ologramma) ma non di comunicare tra di loro a distanza, di difendersi da soli contro gli attacchi degli Skin Riders o di sintetizzare dei vaccini. E questa roba dovrebbe essere stata scritta dal vincitore per due anni consecutivi del Nebula e dell’Hugo?
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.