Sheldon Cooper, in un recente episodio di The Big Bang Theory ha affermato “we’re in the golden age of television“. E come potrebbe essere altrimenti, se addirittura film più o meno celebri diventano “carne da televisione”? È il caso di “Fargo”, celebre film del 1996 dei fratelli Coen, particolare per la sua ambientazione bucolica e noir. “Golden age” quindi lo sarà sicuramente se un film che ha ottenuto ben due premi Oscar si trasforma in modello per un prodotto seriale. A differenza di altri esempi, non abbiamo qui una pura trasposizione televisiva del prodotto cinematografico, dilatato all’occorrenza.
Questo è addirittura un caso più estremo. Vengono direttamente prelevati ambientazione e modello di sceneggiatura (con la benedizione dei creatori, ovviamente, che in questo caso fanno da produttori esecutivi) per creare un’altra storia, ripartita in dieci episodi. Se non si ha bene a mente “Fargo” il film, solo dopo un confronto tra le due trame è possibile rendersi conto che il plot di questa versione televisiva è completamente diverso. Qualcosa rimane comunque impresso, poiché durante la visione di “The Crocodile’s Dilemma” si ha comunque la sensazione di star guardando la stessa cosa. E quel qualcosa è l’anima stessa del film che trascende trama e interpreti. È quell’impronta che lascia e che ci permette di ricordarlo o riconoscerlo anche dopo tanto tempo.
Qual è in questo caso l’anima di Fargo? Si potrebbe rispondere con “neve e sangue” ma si andrebbe troppo sul vago. Si riconosce subito, però, quel tipo di clima pacato e sussurrato, pieno di dialoghi sciocchi e futili (che potrebbero essere scambiati per lentezza): lavatrici da riparare, stanze da riverniciare, neve da spalare, gravidanze, ristorantini da gestire e omicidi a sangue freddo. Poi che la storia non parli di un finto rapimento, ma della frustrazione di un assicuratore è solo un dettaglio.
“Golden age” anche perché oggi nelle serie televisive girano attori di livello altissimo. Martin Freeman, che i cinefili conoscono per “The Hobbit”, “Guida Galattica per Autostoppisti” e “Love Actually” tra gli altri, ha sbancato il mondo della TV grazie al riuscitissimo ruolo di John Watson, in Sherlock. Con tutto il suo talento britannico, lo vediamo immergersi in un modesto assicuratore del Minnesota, accento compreso. Pieno di frustrazioni, con traumi liceali ancora da digerire, è protagonista dell’incontro con un pericoloso criminale senza scrupoli che lo spinge a varcare una pericolosa soglia. Come tematica non è originalissima. La figura anonima e piegata alle convenzioni sociali che si converte alla filosofia dell'”Homo Homini Lupus”, è stata usata come non mai dall’Aiace fino a Breaking Bad. In questo caso però ha una funzione estremamente anticlimatica e traumatica per lo spettatore. Soprattutto per merito di Freeman che con il suo tipico sguardo da uomo sottomesso, ma superiore, riesce a coglierci pienamente di sorpresa.
Pienamente riuscita la figura interpretata da Billy Bob Thornton (che curiosamente, in Love Actually, interpretava il viscido presidente degli Stati Uniti), criminale riflessivo ma spietato. Senza fare paragoni forzati e scomodi, una versione criminale di Rusty Cohle.
Se possono esserci un paio di difetti in questo avvincente Pilot, riguardano sicuramente la gestione della storia. Nell’apparente lentezza della trama, abbiamo in realtà 70 minuti molto veloci. Riusciranno a gestire altri nove episodi senza far calare la tensione? L’inserimento del poliziotto interpretato dal clone figlio di Tom Hanks, Colin, avrà un suo perché? Non è che per non far calare la tensione diventeranno ripetitivi? Questi sono i classici quesiti che si hanno dopo aver visto un ottimo 1×01. Sicuramente il fatto che Fargo sia una serie antologica (formula che verosimilmente diverrà sempre più abusata) non farà risparmiare niente nei restanti 9 episodi che ci aspettano. O almeno si spera che sia così.
PRO:
- Essenza di un film trasportata in una serie tv, cambiando totalmente la trama
- Interpretazioni di Martin Freeman e Billy Bob Thornton
- Cast di lusso in generale
- Svolta traumatica della storia
- Tematica del loser a cui gli yankee sono particolarmente, forse troppo, attaccati
- Forse lo sviluppo è troppo rapido per essere solo il primo episodio
The Crocodile’s Dilemma 1×01 | 2.65 milioni – 0.8 rating |
VOTO EMMY
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.