Halt and Catch Fire 3×01 – 3×02 – Valley Of The Heart’s Delight – One Way Or AnotherTEMPO DI LETTURA 7 min

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Trasmessa dal 1 giugno 2014 su AMC (la stessa casa di produzione di The Walking Dead e Breaking Bad, quindi una garanzia di qualità televisiva), Halt and Catch Fire non ha avuto la stessa fortuna di altre serie ma è riuscita comunque a portarsi alla terza stagione grazie a una piccola nicchia di fan che ne hanno riconosciuto il valore intrinseco dato dalla storia raccontata, dai personaggi rappresentati e dall’alta qualità tecnica e stilistica.
Per chi ancora non la conoscesse, Halt and Catch Fire è un period drama ambientato in Texas (nelle due stagioni passate) e, in questa stagione, in California negli anni 80, durante la cosiddetta “rivoluzione tecnologica” che decretò il successo della Silicon Valley. La serie è un affresco di quel periodo in cui alcune aziende, presenti in questa area, riuscirono a migliorare la fruibilità del computer rendendolo sempre più alla portata di tutti e facendolo diventare l’oggetto domestico che è oggi. La stessa rivoluzione che è oggi nota e riconosciuta come emblema del sogno americano grazie alla vicenda di Steve Jobs e Steve Wozniak, i due geniali inventori-visionari che, fondando la Apple con pochi mezzi e soldi, hanno ridefinito il modo di intendere l’uso del computer portatile, creando attorno a sé una fortuna incredibile. Da questo stesso periodo storico parte la vicenda dei quattro protagonisti della nostra storia: i coniugi Clark, Gordon (Scoot McNairy) e Donna (Kerry Bishè), e la nerd sociopatica e genio del computer Cameron Howe (Mackenzie Davis). A questi tre si aggiunge il cinico ma visionario giovane direttore della Cardiff Electrics, Joe McMillian (Lee Pace), il vero motore pulsante della serie. Questo personaggio, infatti (una summa tra i due già citati creatori della Apple e lo Sean Parker di Justin Timberlake nel film The Social Network), è colui che recluta i tre per creare una nuova agenzia di computer (la Giant) che possa superare le altre ed entrare in concorrenza nientemeno che con la IBM (come se uno decidesse di aprire una piadineria e fare concorrenza a McDonald). Joe, infatti, è consapevole dell’alto potenziale dei suoi collaboratori e ne sfrutta le abilità per i propri fini, in maniera ambigua, dapprima fingendosi amico e poi rubandogli i brevetti migliori. Tanto che i tre decideranno di lasciarlo fondando una loro società (la Mutiny) dove produrranno videogiochi, e una delle prime community online, grazie al supporto di John Bosworth (Toby Huss), ex- dirigente della Cardiff  Electrics.
Da qui parte questa terza stagione di Halt and Catch Fire (il cui nome deriva dall’istruzione fittizia in linguaggio macchina che, se eseguita, porterebbe alla cessazione del funzionamento del computer) con la canzone di Frank Sinatra cantata da Bosworth che, di fatto, è il riassunto delle stagioni precedenti.
Se prima, infatti, la serie evidenziava i fallimenti di questo gruppo di anarcoidi che cercano di rivoluzionare il mondo (così era partita la serie), adesso abbiamo i nostri protagonisti nel momento più alto della loro carriera: la Mutiny inizia brillantemente la sua attività nella Silicon Valley. Già dal teaser iniziale è possibile riconoscere la qualità della serie che riesce (grazie a un montaggio serrato ma non frenetico, a dei dialoghi molto azzeccati e a una recitazione di alto livello che evidenzia tic e nevrosi dei protagonisti) a farci intuire i rapporti di potere nella nuova azienda: la competizione sottintesa tra le due dirigenti Donna e Cameron (diametralmente opposte come comportamento e visione di business) e quella affettiva tra Cameron e Gordon (che si contendono le attenzioni di Donna) nonché il ruolo di subordinazione che lo stesso Gordon ha nei confronti della moglie. Tutti segnali dell’imminente catastrofe che sta per abbattersi nella nuova azienda. Dopo l’euforia iniziale, infatti, i nostri protagonisti devono vedersela con l’inesorabile caduta dovuta principalmente ai rapporti umani.
E qui la serie ci mostra il “lato oscuro” del capitalismo della Silicon Valley, un sistema dove tutti sono in competizione con tutti e dove le idee possono anche venire rubate dai tuoi migliori collaboratori. Da questo punto di vista esemplare è la caratterizzazione dei programmatori della Mutiny (per molti versi una parodia del garage di Steve Jobs), un insieme di nerd cazzoni e sociopatici casi umani che rischiano però di diventare ricchi grazie alla nuova tecnologia che maneggiano. In questo vi è una sottile ironia (data dalle battute, semplici ma efficaci) al sistema di business americano con non pochi riferimenti alle recenti start-up di successo. Un’ironia che lo spettatore può riconoscere dai brevetti della stessa Mutiny (un’anticipatrice dei moderni social network e dell’e-commerce) che già evidenziano quei problemi (soprattutto di privacy) che sono più attuali che mai e che strizzano l’occhio costantemente allo spettatore. Un period drama, quindi, che si rivolge sempre più al presente evidenziando i rischi della nostra società attuale, come evidenziato dallo splendido monologo finale della prima puntata da parte di Joe McMillan (in perfetto stile Steve Jobs), inquietante più che mai.

Sono proprio questi continui riferimenti all’attualità che hanno fatto di Halt and Catch Fire una serie di qualità, evidenziando problematiche attuali con dei personaggi che non sono affatto banali ma molto verosimili e caratterizzati in maniera rigorosa. Come nel caso delle stesse dirigenti della Mutiny, Donna e Cameron, non esattamente il prototipo delle timide secchione-nerd ma, anzi, due donne emancipate e consapevoli del loro potenziale che non hanno paura di affrontare l’ambiente sessista in cui si trovano a operare (cosa rara in questo tipo di serie). O come il giovane programmatore Ryan (Manish Dayal), vero protagonista del secondo episodio, che mette in scena uno scontro generazionale con Bosworth e ha il merito di fare da tramite per il rientro in scena di Joe nella storia (con un meraviglioso ed emblematico primo piano degli occhiali nella scena iniziale).
Tutto ciò viene mostrato grazie all’uso di primi piani e lunghe carrellate unite da momenti di grande intensità in cui la musica e i cambi di luce giocano un ruolo fondamentale nell’evidenziare come la filosofia jobsiana della nuova era informatica si rivolti contro i suoi stessi creatori (e creativi) in un gioco al massacro fatto di idee rubate e battaglie legali per esse.
L’elemento emotivo, dato dal precipitare degli eventi, la fa da padrone e rende la serie un misto di generi che va dal family drama al mob drama (dove la guerra tra aziende sostituisce la guerra tra clan mafiosi), il tutto in un ambiente anni 80 ricostruito con estrema precisione (dalla musica, all’abbigliamento e, non ultimo, alla tecnologia) ma in cui sono inseriti alcuni elementi che rimandano all’attualità e servono a catturare l’attenzione dello spettatore contemporaneo (geniale il robot giocattolo uguale al protagonista di Wall-E).
La vicenda viene mantenuta così costantemente sul filo della tensione ma senza annoiare lo spettatore che, anzi, viene coinvolto empaticamente anche grazie ad alcuni elementi comici che non mancano all’interno della narrazione (vedi l’esultanza in bagno da parte di Donna). Questi stratagemmi narrativi riescono a non appesantire gli episodi e a rendere facile per lo spettatore la comprensione di dinamiche ed aspetti che, altrimenti, sarebbero noti solo a laureati in Ingegneria Informatica un certo tipo di pubblico che rappresenta la nicchia di questa serie. Così non è, per fortuna, anzi la serie, proprio per l’utilizzo di più generi mischiati insieme e dei dialoghi brillanti, risulta adatta a un pubblico trasversale e popolare.
Non resta che vedere come si evolveranno le varie storylines, se avrà fortuna l’entusiasmo del duo Donna-Cameron  o la “filosofia della paura” di Joe, sperando che questa ottima serie possa avere più successo di quanto avuto finora (non avendo nulla da invidiare a serie più blasonate), uscendo così da quella nicchia di pubblico in cui sembra essere stata relegata.          

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ottima interpretazione di tutto il cast
  • Ricostruzione fedele degli anni 80 ma con numerosi riferimenti all’attualità
  • Personaggi ben costruiti e mai banali
  • Primi piani intensi ed emblematici
  • Uso della musica
  • Dialoghi brillanti
  • A volte i riferimenti all’attualità possono sembrare troppo forzati
Inizio molto promettente per questa nuova stagione di Halt and Catch Fire, la serie che mostra il lato oscuro della Silycon Valley degli anni 80. La serie si conferma di ottimo livello con un buon cast e numerosi spunti che richiamano l’attenzione del pubblico ai problemi contemporanei del Web 2.0. Un period drama di grande attualità che presenta personaggi non banali e dialoghi ad altissima tensione che riescono a creare empatia nei confronti di questi e a spiegare, con metafore chiare, concetti altrimenti incomprensibili e con una buona dose di ironia. The Social Network in versione serie tv, insomma.  
Heaven Is A Place 2×10 0.48 milioni – 0.1 rating
Valley of the Heart’s Delight 3×01 0.36 milioni – 0.1 rating
One Way or Another 3×02 0.33 milioni – 0.1 rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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