Invasion è il nuovo show fantascientifico di Apple TV+, creato da Simon Kinberg (The Twilight Zone) e David Weil. Si tratta di un prodotto che interseca al proprio interno svariati elementi di film dello stesso genere ben più celebri: il lato intimista di Arrival; il tetro presagio di un attacco come in Visitors o Independence Day; una sorta di richiamo a The Leftovers (complice una sigla molto simile); un taglio cruento degli alieni come in Men In Black; eccessivi drammi familiari in stile This Is Us (o qualsivoglia family drama che venga in mente). Invasion, in definitiva, è un potpourri di elementi che ne condizionano il risultato rendendo i cinquantacinque minuti circa di visione interessanti, ma anche inconcludenti e che lasciano con un forte dubbio sugli episodi a venire.
INVASIONE DI DRAMMI FAMILIARI
Il concetto di base da cui la trama si dipana è un’invasione aliena vista da prospettive di diversi personaggi sparsi per il mondo. Già qui ci sarebbero da fare degli appunti perché il concetto di “sparsi per il mondo”, almeno in questo primo episodio, viene mal rappresentato: su quattro scenari mostrati (se si considera anche lo Yemen che compare per una manciata di secondi ad inizio episodio) due sono negli USA (New York e Oklahoma). Fa eccezione Tokyo a cui, comunque, viene circoscritto il minutaggio più tedioso e poco attinente a ciò che si aspetta da uno show di questo genere.
A New York (Long Island, per l’esattezza) si prende in esame un’apparente famiglia normale in una giornata tipo: risveglio, colazione, scuola, lavoro. Alcuni fatti sconvolgono i ritmi e mandano progressivamente in briciole il falso equilibrio inizialmente mostrato. Un dispiego di tempo e forze che sì, restituisce un interessante spaccato familiare in forte crisi ma, come si diceva in apertura, era pronosticabile per uno show come This Is Us che parte con prospettive simili, non con un prodotto come Invasion dal taglio fantascientifico. Volendo anche accettare il desiderio di sceneggiatori e regia di ricreare uno show con l’intimismo spinto di Arrival di Villeneuve non si possono non sottolineare le distanze siderali nella gestione proprio delle sequenze più intime. Molto blande, fatte giusto per impreziosire, ma poco interessate a lasciare qualcosa allo spettatore.
Da rivedere, inoltre, la gestione della telecamera in alcuni frangenti: lapalissiana la sequenza all’interno del bagno della giovane ingegnera aerospaziale che, dovendo lasciare spazio alla camera, si ritrova a compiere alcune azioni con l’asciugamano (prenderlo e posarlo) completamente defilata, restituendo una prospettiva completamente sbagliata dell’azione. Se l’intento era cercare di avvicinarsi alla famigerata scena dello specchio di Contact, si è fallito miseramente.
CERCHI NEL GRANO: SI PUÒ ESSERE MENO SCONTATI?
Tokio e New York sono le zone in cui di alieni o di invasioni se ne percepisce davvero poco, salvo qualche blando accenno nel finale forse solo per risollevare il morale al pubblico ed invogliarlo a continuare la visione.
In Oklahoma, invece, qualcosa di più c’è. Lo sceriffo John Bell (Sam Neill) è al suo ultimo giorno di servizio prima della meritata pensione. Ma è un giorno infausto per lui visto che si ritrova coinvolto in un caso che toglierà dalla polvere diversi ricordi, scuotendolo nel profondo. Il tutto cominciato dal più classico degli elementi di un avvistamento UFO: un cerchio nel grano.
Da sottolineare il totale distacco della realtà che alcuni personaggi sembrano avere: il cerchio di grano lo nota solo lo sceriffo, così come l’enorme stormo di corvi che si aggira sopra di esso, né il proprietario del campo, né la collega dello sceriffo sembravano averci fatto caso (o dato peso, forse ancora più assurdo).
ALIENI… NON PERVENUTI
Su cinquantacinque minuti di puntata, quindi, quaranta sono dedicati ai vari drammi familiari e di coppia e poco più di quindici, diluiti enormemente, accennano ad una possibile presenza extraterrestre sulla Terra. Yemen, Tokyo, Stati Uniti: tutti luoghi accumunati da una presenza che non si vede. Perché anche questo è da appuntare: le scene in cui si accenna la presenza aliena quest’ultima è invisibile e/o trasparente (in stile Zephir One di Marvel’s Agents Of SHIELD). Quindi, in conclusione, “Last Day” è come una puntata di This Is Us solo con la parvenza che la trama stia prendendo dei risvolti sci-fi e se ne fatica a capire il motivo: è il fantascientifico a risultare fuori luogo e non il drama. Cosa che in un prodotto come Invasion, forse, non dovrebbe accadere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Puntata abbastanza inconcludente, per quanto introduttiva. Molta carne al fuoco, ma del comparto fantascientifico non si è dimostrato interesse alcuno nell’esposizione preferendo, piuttosto, soffermarsi su quello drama. Se si è trattata della scelta corretta si scoprirà più avanti, certamente “Last Day” non brilla per originalità o per riuscire a suscitare eccessivo interesse nello spettatore. Prodotto da rivedere.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.