L’episodio si apre con la più grande paura di Don: quella che tutti scoprano di Dick.
Mad Men in questi anni altro non è stato che un percorso interiore di Dick Whitman e a noi, poveri profani, ci è stato concesso il lusso di entrare e guardare dentro una delle anime più belle e buie della serialità televisiva, un’anima che ha saputo saltare cinquant’anni senza mai invecchiare. Un’anima che dagli anni sessanta si è catapultata dentro ognuno di noi come se quasi conoscesse i dubbi e le incertezza della nostra vita, della nostra epoca. Matthew Weiner ha creato un personaggio immortale, malleabile a qualsiasi momento storico possa vivere, da qui a venire. Ha creato un amico eterno per ogni vagabondo solitario che si rivede in Dick e che rivede sé stesso nella necessità di farsi un bicchiere per creare, di fumare a dismisura e di allontanare ogni rapporto umano incrociato sulla propria strada. Dick rappresenta tutto questo, mentre Don non è altro che una bella facciata da sfoderare per mascherare ogni vacillamento; una facciata da sfoderare in pubblico, sul lavoro, in tutti quei momenti in qui qualcuno cerca di approcciarsi in maniera più invadente.
Don è il modo di far vedere che Dick sta bene. E ci cascano tutti.
Ci cascano tutti quando vedono la sua bella macchina, le sue generose donazioni, i suoi vestiti, il suo loft al centro di New York, le sue ex bellissime mogli, i suoi adorabili bambini, il suo sfavillante ufficio, il suo lavoro di successo. Già, in sette anni di Mad Men tutti ci sono cascati: Don ha tutto. Dick non ha mai avuto niente.
Gli unici elitari a sapere tutto questo siamo noi. Matthew Weiner ci ha concesso la possibilità di conoscere quello che Roger, Bert, Peggy, Joan, Betty, Megan, Peter, Ted, Duck, Lane non sanno e non sapranno mai riguardo alla persona con cui per tanti anni si sono rapportati. Certo, tutti conosceranno il suo segreto, ma nessuno di loro ha vissuto come noi il percorso interiore di Dick, perché tutti loro hanno intrapreso quello esteriore con Don. Una dualità che non lascia punti scoperti e che, in una maniera quasi manichea di distinguere le cose, lascia a noi il frutto più dolce.
L’abbiamo detto più e più volte a cosa si aggrappava Don in questa vita terrena? Al lavoro, al suo desiderio di splendere nella pubblicità, alla sua creatività, alla sua passione, al suo bisogno di servire a qualcosa, di essere indispensabile. Dallo scorso episodio non c’è più nemmeno il lavoro. Con la McCann che ha fagocitato la Starling Cooper (masticandone anche il nome), Don si è ritrovato inglobato in un mondo che non è il suo, fatto di gente pronta a confondersi tra gli altri pur di avere un pezzo di Coca Cola. È la vittoria dell’alienazione.
Tutto questo non fa per Don che non è abituato ad arrivare in orario sul lavoro, a dividere il cliente con gli altri, a partecipare anonimamente alle riunioni. Don è quello che scappa durante le riunioni, senza dare preavviso a nessuno -beh, infondo a chi importerebbe?- sparendo per giorni, ritornando di nuovo Dick.
E così in un viaggio alla ricerca di sè stesso, Don incontra la sua più grande paura: Dick. E in quei sei giorni di sosta rivede il suo passato, nella cena di riunione con i soldati che hanno prestato servizio durante la guerra; così come ad un certo punto si ritrova di fronte un distributore della Coca Cola, ovvero quello che sarebbe dovuto essere il suo futuro. E tra un passato che avrebbe voluto cambiare ma non si può e un futuro che avrebbe potuto cogliere ma non vuole, Dick rivede la sua occasione per redimersi nel ragazzino che pulisce le camere. Per Don forse è troppo tardi per tornare indietro, la sua vita è arrivata ad un punto di non ritorno. Chi ancora è in tempo è il ragazzino ambizioso, che senza l’aiuto di Dick, avrebbe fatto l’esatta fine di Don.
Chi di tempo ne ha poco invece è Betty. La sua scoperta è straziante, piomba dal nulla e nessuno se lo sarebbe aspettato. Di contro la reazione di Betty è bellissima. Accetta la notizia rifiutando di curarsi, comportandosi ancora una volta da bambina viziata che pensa solo a sé stessa: non lo sa Henry quanto sua moglie ami le tragedie, le dice Sally in un momento molto bello e delicato tra le due. Forse l’ultimo tra una figlia ribelle e una madre che ammette di amarla proprio per questo. Betty non è mai stata sentimentale e quella lettera a Sally la rispecchia perfettamente: indicazioni dettagliate e precise sulle cose di cui occuparsi senza girarci troppo intorno, perché è chiaro che la morte è arrivata e di tempo non ce n’è più. E proprio perché conosciamo Betty, quell’ultima frase scritta alla figlia vale, per lei e per noi, più di mille parole. Betty è là, bellissima esattamente come otto anni fa e determinata come allora.
Che sia un futuro negativo (Betty) o roseo di buone occasioni (Peter) non importa, i nostri personaggi lo accettano e continuano a guardare avanti. Tutti, tranne Dick, che sembra arrivato ad un punto in qui qualunque cosa accada non ha più importanza.
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Lost Horizon 7×12 | 1.79 milioni – 0.6 rating |
The Milk and Honey Route 7×13 | 1.87 milioni – 0.6 rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.