Marvel’s Daredevil 2×10 – The Man In The BoxTEMPO DI LETTURA 7 min

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L’avevamo detto in “Regrets Only“. Lo si era ufficiosamente confermato in “Semper Fidelis“. Ma “Guilty As Sin” e “Seven Minutes In Heaven” lo hanno decretato senza possibilità di smentita. Marvel’s Daredevil si è trasformato in qualcosa a cui nessuno era psicologicamente pronto e capace di prevedere in alcun modo. Il segreto di “The Man In The Box” non sta solo nella capacità di showrunner e sceneggiatori di aver unito il materiale a fumetti disponibile con qualche storia inventata ex-novo, ma anche di aver saputo maneggiare il materiale da pubblicare manipolando la stampa.
Dovrebbe non essere un elemento che faccia in qualche modo la differenza, ma Internet e i social network sono tanto entrati nell’ordinario che ormai pure il mondo della serialità (on-demand come Netflix e non) si è adeguata a questa formalità quotidiana, cercando sempre di servirsene in qualche modo. Lo spettatore di serie tv medio, poi, è tra i primi frequentatori di Internet a maturare tante delle sue convinzioni leggendo proprio queste recensioni in anteprima, oppure giudicando attentamente le foto pubblicitarie rilasciate. Questo crea un effetto boomerang. Se da una parte il prodotto in questione può essere chiacchierato, dall’altro può risentirne della qualità poiché le troppe anticipazioni e promesse possono svalutare pathos, climax e cliffhangers. Il debutto di Deathlok nel Marvel Cinematic Universe è, per esempio, una di quelle sequenze che venne danneggiata dalla troppa pubblicizzazione dell’evento. Marvel’s Daredevil sceglie di stare attenta anche dal lato pubblicitario, non per niente l’apparizione di Vincent D’Onofrio è stata secretata fino ad ora.

Wilson Fisk: When I finally get out of this cage I will dismantle the lives of the two amateurs that put me in here! You, Mr. Murdock, and Franklin Percy Nelson. You’ll both take the blame. I’ll chop both the heads off of that snake. […] You see, I’ve had a lot of time to reflect on my journey here, Mr. Murdock! My mistakes, everything I took for granted. And while I try and sleep in this bleak place, the one thing that keeps me warm is the thought that I will look down upon this city, the city that birthed me, with the woman that I love, who… whom I love with everything that I am. If you’re worried that Frank Castle will wreak havoc on Hell’s Kitchen… just wait.

Viviamo indubbiamente in un epoca in cui è difficile confezionare qualcosa di innovativo e originale a causa della sempre crescente scarsità di idee di qualità e di un pubblico sempre troppo esigente, oltre che mai veramente contento. Ergo, è davvero da premiare questo comportamento da parte di Netflix che riesce a comprendere quanto sia importante la capacità di sorprendere il pubblico oltre ogni sua immaginazione. “The Man In The Box” rappresenta tanto la naturale conseguenza delle evoluzioni di trama messe a segno nei precedenti episodi (sopratutto in “Guilty As Sin” e “Seven Minutes In Heaven“) quanto la (ri)presa di coscienza della serialità stessa che ha compreso a fondo il suo potenziale e l’impatto che ha avuto sul pubblico cercando di continuare ad essere all’altezza della sua reputazione. Il ritorno di Wilson Fisk in pianta stabile garantisce così alla serie una sua continuità e provvede in maniera autentica alla sua profondità. L’ascesa ed il declino di Kingpin hanno forgiato la 1° stagione, così come l’irruzione di Frank Castle, di Elektra e de La Mano hanno portato a credere di essere entrati in un nuovo capitolo: errato. La serie si sta dipanando in due archi narrativi che però trascendono la mera segmentazione nel momento in cui vengono messi in prospettiva e visti come pezzi di un unico puzzle, ed è esattamente qui che Marvel’s Daredevil si rende grande.
L’obiettivo della puntata è quello di aggiungere un ulteriore filo alla ragnatela che si sta tessendo senza dimenticare quanto sta accadendo a livello di ninja e The Hand: le macchinazioni di Fisk dal carcere hanno una forte influenza sia sul Punitore, sia sullo studio legale Murdock & Nelson, sia su tutti coloro che sono legati al caso Frank Castle e non possono essere tralasciate. Matt, anche dopo il confronto allucinante (in senso buono) con Fisk, si esilia dalla realtà tagliando quanti più ponti possibili per non coinvolgere vittime innocenti nella sua lotta contro Kingpin e La Mano. La situazione in cui è stato fagocitato è logorante e deleteria ma è frutto di una serie di scelte precise che Matt sta portando avanti nei panni di Daredevil e, in tal senso, il non andare a trovare Foggy pur avendone la possibilità è emblematico. Claire Temple, in questo caso, ricopre il ruolo della coscienza e prova ad interagire con Matt dando modo al Diavolo di poter parlare ed esplicare meglio il suo comportamento e le sue scelte che altrimenti non verrebbero comprese dal pubblico. Il character di Rosario Dawson continua a dimostrarsi un ottimo deus ex machina per tutte le serie Marvel di Netflix e non si può che esserne felici.
In tutto l’episodio l’unico dettaglio che potrebbe essere stonato, tanto da apparire come una piccola imperfezione, è il fatto palese che il Punitore non sia l’omicida di Samantha Reyes. Il modus operandi e la cattiveria perpetrata non rispecchiavano la metodologia di Frank Castle, anche perché non avrebbe ucciso la Reyes prima di un confronto verbale. Quindi non c’è da stupirsi se l’effetto sorpresa non c’è quando Frank salva Karen, semplicemente era prevedibile ma è un dettaglio trascurabile perché quando c’è qualche dozzina di ninja che scalano un ostilmente il Metro General tutto passa in secondo piano.

 

Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del difensore di Hell’s Kitchen? Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.Marvel’s Agent CarterThe FlashGotham e Marvel’s Jessica Jones eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.

  1. Kingpin e il Punitore vengono rinchiusi nel Blocco D. Il Blocco D non era solo una famosa parte del carcere di Alcatraz in cui venivano rinchiusi i criminali più pericolosi ma anche una citazione alla storia “The Devil In Cell Block D”. La storia era la diretta conseguenza di “The Murdock Papers”, storia (a sua volta) conclusiva di una run in cui Matt Murdock si trovava a dover affrontare lo smascheramento pubblico, portando l’avvocato a veder pubblicata la sua identità sui giornali. In “The Murdock Papers” Matt si vedeva processato e incarcerato, mentre “The Devil In Cell Block D” mostrava la sua vita carceraria a fianco dei suoi peggiori nemici.
  2. Matt firma i documenti passati da Benjamin Donovan con la mano destra. Nei fumetti, invece, è mancino.
  3. Karen dice alla Reyes, prima della sua morte, che Frank Castle ha un suo codice morale. Infatti è così. Il Punitore non è un semplice killer da strapazzo ma una macchina da guerra votata alla distruzione e uccisione di ogni criminale e organizzazione criminosa. Il suo codice gli impone di uccidere solo chi è strettamente colpevole di aver infranto pesantemente la legge, per questo non uccide innocenti o personalità legate alla forze dell’ordine.
  4. In questo episodio Elektra acquista ufficialmente i pugnali Sai, arma caratteristica del personaggio avuta fin dalla sua prima apparizione.
  5. Su Internet è stato teorizzato che il sicario che Elektra affronta, tale Jacques Duchamp, sia una versione rivisitata di Jean-Paul Duchamp altrimenti noto come Frenchie. Il personaggio è un fedele alleato del vigilante Moon Knight che ha servito il Cavaliere Lunare per molti anni come maggiordomo, pilota, spalla e assistente. Una sorta di Alfred Pennyworth molto più spigliato e molto più Marvel. Prima comparsa: Werewolf by Night #32 del 1975.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Matt Murdock “VS” Wilson Fisk
  • Conversazione Matt/Claire sul tetto
  • La morte di Reyes
  • Episodio che ripaga di tanti visioni ignobili della serialità televisiva
  • Fasi, non stagioni
  • Re Artù aveva Excalibur: Elektra i Sai
  • Mancano già tre episodi al season finale
  • Ovvio che Castle non fosse il colpevole dell’omicidio della Reyes

 

Una puntata che finisce con Matt Murdock che completa la sua vestizione in Daredevil per difendere al meglio l’ospedale da un attacco de La Mano non può che promettere una esplosiva triade conclusiva di episodi. “The Man In The Box”, per questo, è molto più di un prologo alla conclusione della seconda stagione, è un episodio che ridefinisce alcuni aspetti della serialità televisiva moderna e vede, grazie al protagonista della serie, molti altri concetti sotto aspetti diversi ed illuminanti.

 

Seven Minutes In Heaven 2×09 ND milioni – ND rating
The Man In The Box 2×10 ND milioni – ND rating

 

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3 Comments

  1. Secondo me non era poi così scontato che Frank non fosse il colpevole dei due omicidi a Reyes e Tepper, perché anche nel primo episodio uccide la gang degli irlandesi nello stesso modo. Cosa ne pensi?

  2. E' proprio per questo motivo che è scontato che non fosse lui. La gang di irlandesi, per lui, erano semplicemente cani da sopprimere in quanto sottoposti. La Reyes invece è direttamente collegata alla morte della sua famiglia, è un discorso diverso. Ammazzeresti così brutalmente qualcuno che ha delle risposte su qualcosa di brutto che ti è successo? Io non credo. Quanto meno, cercheresti di farlo parlare e poi ammazzarlo brutalmente.

  3. Ad una prima vista potrebbe anche sembrare così ma Frank uccide la gang di irlandesi sapendo che TUTTI sono colpevoli.
    Nell'ufficio della Reyes invece la sparatoria avviene in maniera brutale e prende tutti, senza alcuna esclusione. E tra essi ci sono Matt, Foggy e Karen, oltre che l'assistente della Reyes e, fino a prova contraria, 3 di loro sono "senza peccato".
    È questa la grossa differenza perchè, se fosse stato lui, avrebbe minato completamente la filosofia di vita adottata dal giorno del massacro della sua famiglia.

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