“I don’t want to be buried in a Pet Sematary/ I don’t want to live my life again.”
(“Pet Sematary” dei Ramones che introduce uno dei due protagonisti)
Quando si parla di un prodotto (film, serie tv, ecc.) tratto da un’opera di Stephen King scorre sempre un brivido lungo la schiena. Non solo perchè è lo scrittore contemporaneo che, più di altri, ha ridefinito i canoni del genere horror (e non solo), ma soprattutto perché le trasposizioni tratte dalle sue opere si sono sempre divise in due categorie ben definite: “capolavoro assoluto” (“Shining” di Kubrick anche se lo stesso King disapproverebbe) e “cagata pazzesca” (ogni riferimento al recente “La Torre Nera” è voluto e dichiarato). Per essere più chiari: se qualcuno volesse trasporre qualcosa da Stephen King gli conviene farlo bene o non farlo, tanto grande e carico di aspettative è il nome che si porta dietro.
Per fortuna Mr. Mercedes appartiene nettamente alla prima categoria non fosse altro che per la fedeltà quasi assoluta verso il romanzo originario. Sia chiaro: alcuni cambiamenti rispetto alla trama ci sono, inevitabilmente, per rendere il materiale più adatto al medium audiovisivo. Oltretutto non è detto che la soluzione contraria sia sinonimo di cattiva qualità: “American Gods” ha ampiamente dimostrato come si possa operare sul contenuto di una trama pre-esistente facendo comunque risaltare lo spirito originario e le sensazioni dell’opera scritta.
Per quanto riguarda Mr. Mercedes: il teaser iniziale ricalca esattamente le prime dieci pagine del romanzo (e non potrebbe essere altrimenti e chi ha letto il romanzo lo sa bene). Il fattore scatenante di tutta la storia ossia la strage davanti a una Fiera del Lavoro, compiuta da una Mercedes guidata da uno strano individuo con una maschera da clown che si abbatte sulla folla di disoccupati, riesce a riportare sul piccolo schermo le stesse sensazioni suscitate dalla lettura (anche perché lo stesso romanzo ha un tipo di scrittura che è già di per sé “cinematografica”) e la stessa critica sociale che traspare dal libro. Il romanzo, infatti, è una metafora dello stato di paura e incertezza che ha colpito gli USA a seguito della Grande Recessione ed il trauma che questa ha causato.
Tutte queste sensazioni si riscontrano chiaramente nel teaser iniziale che riesce a catturare lo spettatore (anche quello che eventualmente non avesse letto il romanzo) e introduce fin da subito i due protagonisti dello show: il detective Bill Hodges (Brendan Gleeson), incaricato di risolvere il caso, e soprattutto il misterioso killer che si scoprirà presto essere Brady Hartsfield (Harry Treadway), commesso di un negozio di elettronica che si sente schiacciato tra la routine di una vita noiosa (è un genio del computer ingiustamente relegato in quel ruolo) e una madre alcolizzata.
Il fatto di scoprire fin dal primo episodio l’identità dell’assassino non è un rischio per quanto riguarda la suspense (e non è uno spoiler in quanto anche nel romanzo viene nominato quasi subito). La struttura del racconto segue, infatti, lo schema narrativo del Tenente Colombo: l’importanza viene dato alla caccia che i due si fanno reciprocamente e al loro rapporto, non tanto nell’indagine in sé. Hodges e Hartsfield, infatti, sono ciascuno la faccia della stessa medaglia e, per alcuni aspetti, si assomigliano molto: entrambi sono dei “losers” nella loro vita privata e professionale.
La soluzione scelta da King può tranquillamente funzionare in un romanzo ma non è detto che, andando avanti nelle puntate, riesca a tenere a lungo incollata quella fetta di pubblico che non lo ha letto, considerando che la puntata, in generale risulta molto lenta, basandosi più sulla rappresentazione descrittiva dei personaggi che non sull’azione vera e propria, rendendo così il ritmo generale molto altalenante.
Ad ogni modo le interpretazioni di Gleeson e Treadway risultano convincenti e totalmente aderenti alla descrizione che viene fatta nel romanzo.
Efficace poi l’introduzione che viene fatta di Hartsfield con la colonna sonora dei Ramones, evidente omaggio a un’altra famosa trasposizione tratta da un romanzo di King. Va detto che “Pilot”, così come nel romanzo, riprende molti dei leitmotiv delle opere kinghiane che qui diventano dei veri e propri omaggi alla produzione del “Re del terrore” (la maschera da clown, i personaggi alcolizzati, la tartaruga…) che diventano quasi ridondanti e che, forse, potevano essere evitabili.
La tensione rimane comunque alta per tutto l’episodio e, anche se si tratta di una delle opere dell’ultimo King (quindi più convenzionale/mainstream e meno orrorifica), nel suo genere riesce ad attrarre l’attenzione con pochi ma efficaci dialoghi e con una regia attenta a sottolineare i particolari rilevanti e inquietanti dei protagonisti.
La sfida tra Hodges e Hartsfield è quindi aperta. Non resta che vedere chi dei due sarà il vincitore.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!