Il fatto che Once Upon A Time preveda una maestosa trama orizzontale, che a sua volta si suddivide in sotto-trame (sia orizzontali sia verticali), le quali interagiscono tra di loro tramite flashback e flashforward non sempre porta a delle conseguenze positive per l’andamento
dell’episodio in questione.
Non sempre, quindi, l’episodio risulta omogeneo. In questo caso (e come è già successo in parecchie puntate precedenti) si evince un distacco troppo grosso tra le due parti in cui è diviso l’episodio. Distacco che riguarda sia componenti tecniche come lo sviluppo dei dialoghi e della sceneggiatura, sia la mera recitazione degli attori protagonisti. Le vicende del passato di Storybrooke e di Regina vengono issate su un piedistallo se messe a confronto con l’accozzaglia di banalità a cui dobbiamo assistere nell’Isola Che Non C’è.
Alexandre Dumas amava ricordare che “più un figlio è costato lacrime agli occhi della madre, e più caro è al suo cuore”. Ed è proprio questo il concetto che fa da colonna portante a questa nona puntata di Once Upon A Time: la maternità. Nel corso delle prime due stagioni abbiamo individuato diverse tipologie di madri, da quelle che abbandonano i propri figli per egoismo, a quelle che lo fanno per cause di forza maggiore e con il cuore lacerato dal rimorso. Per quanto riguarda Regina, sappiamo molto bene quanto tenga ad Henry, pur non essendo sangue del suo sangue, avendolo dimostrato con metodi anche poco ortodossi, ma sempre sinceri. In questa puntata, però, assistiamo al primo vero incontro tra Regina e il piccolo Henry neonato e il risultato è tanto dolce quanto convincente. Nonostante, infatti, la Evil Queen avesse ottenuto quello che voleva con la Maledizione che creò Storybrooke, un vuoto incolmabile cominciava a farsi largo nel suo cuore. Quel vuoto tanto profetizzato (e anche voluto) da Tremotino, che come sempre si dimostra il Master Of Puppets di questa serie tv. Il vuoto verrà riempito solo dall’arrivo di Henry e vedere come Regina se ne innamori al primo sguardo ci fa rivalutare ancora di più il personaggio (per tutti coloro che ancora non l’hanno fatto). Regina lotta per Henry, si sacrifica per lui, desidera davvero crescerlo ed amarlo e si sente felice solo quando lo stringe tra le braccia. L’emblema, in soldoni, di tutto ciò che una madre dovrebbe essere. Nonostante le apparenze, quindi, Miss Mills si rivela il personaggio meno egoista di tutta Storybrooke, considerando il fatto che accetta di prendersi cura di Henry anche se ben conosce il suo destino e il pericolo che può rappresentare per i suoi piani di vendetta. Pollice in alto per Lana Parrilla, ma ormai ci siamo abituati.
Quello che non funziona in questo episodio è lo sviluppo della trama nell’Isola Che Non C’è. Come volevasi dimostrare il gruppo riesce a salvare Henry e a sconfiggere Peter Pan, almeno in teoria. Lasciamo perdere la facilità e la banalità con le quali riescono a portare a termine la missione di salvataggio, come se gli autori avessero utilizzato tutta la loro creatività e doti di scrittura per il flashback di Storybrooke, lasciando lo spettatore a doversi accontentare di briciole e noia nella seconda parte della puntata. Basti pensare al discorso pieno di amore e speranza di Emma ai bimbi sperduti; credo di essermene perso metà per via dei troppi sbadigli. Il cliff-hanger finale è proprio il sunto della banalità e mancanza di idee che sottolineo dall’inizio della recensione. Ancora una volta c’è un problema con Henry. Ancora una volta bisogna salvarlo. E basta! Non se ne può più. Sopprimetelo del tutto che facciamo prima e smettiamo di soffrire!
- Il primo incontro tra Regina e baby Henry
- La bandiera dell’essere madre portata in alto, inaspettatamente, da Regina
- Snow e Charming quasi muti e inesistenti. Lasciate spazio a Regina che se lo merita di più!
- Le vicende nell’Isola Che Non C’è
- Banalità e noia
- Il cliff-hanger finale che mi ha fatto venir voglia di suicidarmi
Sufficienza stiracchiata (ma solo perché siamo sotto Natale) per questa puntata di Once Upon A Time in cui, credo, sia meglio limitarsi ad una maggior introspezione dei personaggi già esistenti e di quelli appena presentati, piuttosto che accanirsi su colpi di scena prevedibili che tirano in ballo sempre la solita vittima sacrificale. A lungo andare tutto questo stanca e anche tanto.
VOTO EMMY
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.
C'è da riconoscere però che l'attore che fa Henry, che a molti non piace, nel finale riesce a imitare perfettamente le espressioni dell'attore che fa Pan. Secondo me è il personaggio di Henry che è scritto male, il bimbo invece è bravo.
sì, su questo son d'accordo! l'attore ha 14 anni quasi e fa la parte di un undicenne sfigato -.-