“Not every day you can punch the Devil in the face.”
Due sono i punti-chiave per capire la trama di Outcast: il tema della scelta e del libero arbitrio (siamo noi a decidere del nostro destino o una forza soprannaturale muove tutte le nostre azioni?) e il classico adagio, divenuto ormai proverbiale, di Stan Lee, da un grande potere deriva una grande responsabilità.
Su questi due grandi temi esistenziali si gioca la partita dei nostri due supereroi Kyle e Anderson (perché, di fatto, questa prima stagione si potrebbe riassumere come “la nascita di due supereroi che decidono di lottare contro il Male”).
Così, seguendo uno schema narrativo molto classico e consolidato, questa nona puntata (la penultima prima del final season della prossima settimana) rappresenta il “finale apparente” della storia: i due supereroi sono giunti al punto più basso della loro missione/carriera e della loro relativa vita famigliare/sentimentale. Le due puntate precedenti, infatti, mirabilmente dirette da Leigh Janiak e Scott Winant, sono state un susseguirsi di eventi in cui tutto il mistero delle possessioni e il pericolo che derivava da esse sono stati messi pesantemente in dubbio, tanto da far pensare che il vero problema fossero proprio i due protagonisti, colpevoli di essersi accaniti contro un male inesistente. “Close To Home” parte direttamente da lì rimettendo, però, tutto in discussione ancora una volta.
L’episodio inizia, narrativamente parlando, in maniera molto lenta, facendo vedere gli effetti che i recenti avvenimenti hanno avuto sui due character, facendoli precipitare a poco a poco da un apparente quieto vivere (Kyle) all’emarginazione assoluta (il reverendo Anderson), facendo sprofondare entrambi nel baratro assoluto. Ma, proprio quando la missione sembra irrimediabilmente destinata a fallire, dopo lunghe sequenze condite da elementi di suspence e dialoghi sul filo della tensione (in cui assistiamo anche a una scazzottata, attesa da tutti gli spettatori, tra Anderson e Sidney), ecco arrivare, in una manciata di minuti, il cliffhanger finale (che non spoileriamo) che cambia completamente il ritmo assunto finora dalla puntata e promette non poche sorprese per il season finale.
Una scelta, da parte di regista e sceneggiatori, che si gioca tutta sui meccanismi narrativi dell’horror e della suspence (il manicomio dove si trova Allison, la luna piena, la musica inquietante di sottofondo…) che non sono solo una scelta dovuta agli amanti del genere, ma servono anche a mantenere alto il ritmo della tensione nello spettatore e salvano una puntata altrimenti destinata a essere un semplice raccordo tra le precedenti e l’ultima. E, di fatto, sono un abile stratagemma narrativo in funzione della “fine apparente” della storia che, invece, dimostra di non essere ancora pronta per essere chiusa.
Sono presenti, inoltre, i soliti elementi di detection che rendono la puntata un’interminabile partita a scacchi (che, almeno tematicamente, potrebbe ricordare quella celebre di Bergman) tra Anderson e Sidney. Il cliffhanger finale, inoltre, ci riporta ai “casi di puntata” con una nuova possessione che coinvolgerà molto da vicino i due protagonisti.
Motivi per guardare questo episodio, dunque, non ne mancano, oltre alla già nota bravura degli interpreti, in particolare Patrick Fugit (Kyle) e Philip Glennister (Reverendo Anderson) capaci di dare volto ed espressione a drammi esistenziali universali ma sempre con una costante intensità senza mai andare oltre le righe.
Contribuiscono a questo gli ottimi comprimari e il paesaggio che crea un’atmosfera sempre sospesa, adatta a darci l’impressione che qualcosa di grosso sta per succedere (e, da quel che sembra, succederà presto) nella “tranquilla” cittadina di Rome. Per maggiori spoiler leggete il fumetto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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What Lurks Whitin 1×08 | 0.15 milioni – 0.1 rating |
Close To Home 1×09 | 0.14 milioni – 0.6 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!