Person Of Interest cerca piano piano di rimettersi in moto. Vi è una bella differenza, e la si nota subito, tra una sceneggiatura che procede per filo e per segno nel modo in cui è stata concepita dagli sceneggiatori e le toppe aggiunte in seguito ad un imprevisto X. A noi telespettatori non è dato sapere se fino alla gravidanza di Sarah Shahi tutto sia sempre filato liscio come l’olio, né se l’imprevisto in questione non fosse già stato preventivato, e ora non si stia procedendo secondo una linea narrativa che vedremo sciogliersi nei prossimi quattro episodi. Sono poche le cose che, effettivamente, noi spettatori sappiamo o non sappiamo. Ma, volenti o nolenti, noi abbiamo saputo che la Shahi era felicemente costretta al riposo: lo abbiamo saputo e abbiamo guardato gli ultimi episodi di Person Of Interest con quest’ottica. E l’ottica è quella di una brusca frenata, capace sì di garantire episodi di qualità, ma anche di non mantenere (per ora) le attese che lo scorso season finale, ma soprattutto la prima metà di stagione di quest’anno (culminata qui), avevano promesso.
Con “Skip” non parliamo di un episodio malvagio, così come non erano assolutamente malvagi i precedenti. Si può senz’altro dire, con una certa dose di sicurezza, che sia stato fatto un enorme passo indietro, più o meno ai primi casi verticali che andavano a rimpolpare il repertorio delle prime due stagioni. Non esattamente ciò che ci si aspetta in un mondo distopico governato da un’intelligenza artificiale, con un’altra entità informatica a fare da clandestina e i nostri eroi da latitanti. “Skip” stabilisce invece una divisione radicale e monolitica in due parti, quasi simmetriche: Finch da un lato, Reese dall’altro. Come a riscaldare i motori in attesa del finale, entrambe le linee narrative contengono tutte le caratteristiche del DNA dello show: vi è il caso verticale (John) e la trama orizzontale (Harold&Root); è presente l’azione (John e Frankie ammanettati che picchiano tutti) e l’introspezione (i conflitti tra Harold e Root toccano il teatrale); la macroscopica storia gangster (John) e il microscopico intrigo informatico (Harold).
Fino a qui tutto bene, sembrerebbe. Una serie che in tarda quarta stagione non perde nessuna delle sue caratteristiche cardine non avrebbe niente di male. C’è da dire però che la separazione tra le due storyline, gestite dai due personaggi principali, è esageratamente, e forse forzatamente, netta. Ma non sarebbe questo un eccessivo problema, il vero problema è la ripetitività che inizia ad insinuarsi come un vizio. Abbiamo infatti l’ennesima ragazza che pare l’innocente vittima ma che poi si rivela potenziale killer. POI ha giocato tutte le sue migliori carte, sin dall’inizio della serie, su questo trucco. Sia per i trascurabili (anzi, irrilevanti) numeri sputati dalla macchina, sia per personaggi ben più importanti (Elias, Root, il capo di Vigilance, Control, Dominic su tutti). Oltre a questo effetto “sorpresa”, in questo caso relegato esclusivamente al numero del giorno, è proprio la figura stessa del personaggio a risultare già vista. Basti pensare a Shaw e Root, le figure femminili letali e sfuggenti non sono mai mancate nella serie. Senza contare che proprio un personaggio del genere era recentemente apparso. Harper, infatti, oltre ad essere figura recentissima, fa nuovamente capolino in “Skip”.
La contrapposizione con Frankie funzionerebbe pure: una è il giustiziere senza pace finché non riesce a compiere la sua vendetta, come già detto assolutamente infallibile nell’azione; l’altra è una fine stratega che riesce sempre a cavarsela da situazioni critiche grazie ad una buona furbizia e una notevole faccia tosta. Ricorda niente questo dualismo? La sensazione che arriva allo spettatore però è quella del continuo tentativo di non “verticalizzare” troppo questa parte di stagione dando continuità a personaggi frettolosi e, come già detto, ripetitivi. A conferma che Harper non è personaggio casuale, abbiamo la rivelazione che viene regolarmente contattata da The Machine e dalla sua fittizia identità. Qui si torna alla domanda di partenza: tutto calcolato o tentativo di riempire il buco lasciato da Sarah Shahi?
Ben più intenso è il momento che lega Harold e Root. Interessantissimi gli scambi di ruolo di cui i due sono protagonisti. Per la prima volta la sociopatica Root agisce di istinto e soprattutto di sua iniziativa, senza direttive dalla Macchina; di contro Finch, non solo si spinge in una missione kamikaze per una semplice mossa strategica, ma arriva a non farsi scrupoli nel sacrificare immediatamente la propria vita per salvarne un’altra. E non per salvare la vita di una persona per lui importante, bensì per il semplice atto di non sentirsi colpevole della morte di qualcuno. Il concetto di sacrificio viene sviscerato e rovesciato da ogni lato fino ad esplorare quello di amicizia. Concetto di amicizia che si contrappone al fuoco e all’immediatezza della svolta sentimentale di John e la psicologa. Non mi sento di esprimermi su questa novità in quanto solo eventi futuri potranno dirci a cosa porterà: se è un qualcosa di umanamente giusto nello sviluppo del personaggio e della trama, oppure se è una scelta gratuita e riempitiva. Per ora quindi sospendiamo il giudizio.
Si torna quindi alla domanda di partenza: la serie ha o non ha subito una brusca frenata? Era tutto calcolato perché avremo a che fare con un finale al cardiopalma? Oppure, semplicemente, si è deciso di cambiare i ritmi della serie in risposta ad imprevisti extra-scenici?
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Karma 4×17 | 8.67 milioni – 1.5 rating |
Skip 4×18 | 9.15 milioni – 1.5 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.