Prison Break 5×05 – ContingencyTEMPO DI LETTURA 4 min

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Superata l’iniziale fase di eccitamento dovuta all’effetto revival, il velo di maya che finora aveva obnubilato la percezione soggettiva dello spettatore finisce col cadere ai suoi piedi, rivelando schiettamente la sua (ovvia) natura commerciale.
Non è tanto la qualità dell’episodio, forse il migliore finora dal punto di vista dell’azione e dell’avanzamento diegetico, a riportarci coi piedi per terra, bensì l’artificiosità della trama nel suo complesso, vistosamente aggiustata così da consentire alla narrazione di giungere a una conclusione quantomeno coerente il più velocemente possibile.
Tra le ragioni che hanno portato milioni di spettatori ad amare la serie classica, forse la più significativa riguarda il brillante utilizzo della componente evasione – certamente non uno degli incipit narrativi più originali che esistano – rimaneggiata da Scheuring e colleghi in modo tale da immergere lo spettatore all’interno di un ambiente opprimente e spaventoso come Fox River allo scopo di renderlo, a evasione compiuta, parte integrante della fuga. Quasi fosse una sorta di Fox River ninth. Il carcere, da luogo fisico, diventa anch’esso personaggio, mettendo in mostra un micro-ambiente governato da regole ed equilibri precari in grado di prendere per mano lo spettatore, catapultandolo nella cella 33 insieme a Michael e rendendolo partecipe di ogni suo successo o fallimento.
Non c’è da stupirsi, quindi, se a partire dalla seconda stagione molte persone abbiano spesso lamentato un calo qualitativo sempre più evidente. Con il suo secondo atto Prison Break è riuscito a mantenere un ottimo livello, sia dal punto di vista narrativo che da quello del coinvolgimento emotivo con il pubblico, ma il costante alone di pericolo e insicurezza che pervade l’intera serie ha finito col perdere presa sullo spettatore a causa della variazione del contesto, quello della prigione, claustrofobico per sua stessa natura e, paradossalmente, molto più potente dal punto di vista scenico nonostante le location sostanzialmente minimali.
Ma non solo. Attraverso la costruzione di personaggi iconici del calibro di T-Bag, John Abruzzi o Alexander Mahone, tanto per citarne alcuni a caso, gli autori hanno saputo regalare un universo narrativo unico nel suo genere, in grado di rapire immediatamente fin dal primo istante in cui Michael ha varcato i cancelli di Fox River. Universo narrativo rimasto orfano ora di molti character di spessore, ai quali sono subentrati una schiera di personaggi carismaticamente carenti e ai quali sarebbe difficile affezionarsi anche avendo a disposizione un numero maggiore di puntate stagionali. Proprio per questo motivo una morte come quella di Sid, teoricamente uno dei momenti che dovrebbe colpire l’emotività dello spettatore, finisce col lasciare del tutto indifferenti. D’altra parte anche fare fuori personaggi storici (vedi Kellerman) non sembra sortire effetto, causando invece – almeno da parte dei fan più affiatati – una considerevole delusione. Delusione motivata in tre semplici parole: che morte ingloriosa.
Questa svalutazione della componente evasione, messa in piedi in una manciata di puntate e in questa quinta stagione ben lontana dall’essere il motore narrativo dello show, combinata alla totale mancanza di carisma dei nuovi compagni di fuga dei fratelli Scofield/Burrows, non può che condurre necessariamente a un esito disastroso. Le varie forzature, che un tempo potevano essere considerate semplici deus ex machina narrativi necessari alla costruzione dello stato di tensione, oggi sembrano essere invece il fulcro della narrazione stessa, tenuta in piedi da sequenze d’azione posticce e rivelazioni al limite dell’assurdo – quindi in pratica Michael è stato assunto da Poseidon per far evadere terroristi e personaggi di spicco da ogni prigione possibile e inimmaginabile (tra l’altro l’esatto contrario di Breakout Kings, altra creatura meno riuscita di Scheuring) fingendo la sua morte e cambiando continuamente identità? Il tutto sopravvivendo da solo per sette anni nelle prigioni più pericolose del mondo? Davvero? Va bene che qui si parla di fiction, ma forse stavolta abbiamo leggermente passato il segno.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Richiamo al finale della prima stagione
  • Episodio godibile nel complesso ma zavorrato da una marcata insensatezza di fondo
  • Personaggi privi di carisma
  • Componente evasione messa sullo sfondo
  • Trama non esattamente convincente
Solo una domanda: ma Sucre? Non per qualcosa, ma un cazzottone nei denti da Lincoln e una breve passeggiata in aeroporto non sembrano motivi sufficienti per avere il proprio nome in tutti i titoli di apertura. Ecco, ora come ora l’unico modo per risollevare la serie sarebbe scoprire che Sucre è Poseidon. Quello sì che manderebbe il nostro cervello in pappa.
The Prisoner’s Dilemma 5×04 2.75 milioni – 0.9 rating
Contingency 5×05 2.35 milioni – 0.8 rating

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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