“You want help? Fine! Let me tell you a story…”
Se il Pilota di American Gods aveva estasiato e lasciato interdetti per la sua estetica estremamente onirica e immaginifica, pur sacrificando la trama (ma, in fondo, chi dice che sia per forza un problema si veda il caso-Legion), il secondo episodio prova a rimediare a questa lacuna. Il che non vuole assolutamente dire che la puntata in questione sia didascalica. Anche in questo episodio, infatti, la narrazione viene scandita da piani-sequenza che passano dal Particolare all’Universale (in tutti i sensi) e da primi piani selezionati accuratamente tra smorfie, piccoli gesti e oggetti che vengono inseriti nelle vicende, narrate allo scopo di estraniare lo spettatore ma anche di fargli capire il senso della trama. Trama che è un immenso puzzle da ricostruire pezzo per pezzo, ovviamente più facile per chi ha letto il romanzo di Neil Gaiman, più difficile (ma neanche poi così impossibile) per chi non l’ha letto.
In questo senso un ulteriore tassello è rappresentato dalla scena iniziale dove fa la sua comparsa il dio africano Anansi (Orlando Jones) dapprima con le sembianze di ragno (ricalcando così lo schema della puntata precedente, compresa la comparsa della divinità sotto forma di animale) e poi di un anacronistico, ma azzeccato per il tema che propone, zio Sam di colore,con tanto di invettiva che farebbe impallidire gli amanti del politically correct. Queste scene storiche che raccontano lo sbarco delle divinità in America non sono solo un trait d’union tra le varie puntate, facendo luce sul loro passato (completando così alcuni particolari che nel romanzo vengono tralasciati o messi in secondo piano) ma, in un certo senso, funzionano da “proemio” per ogni episodio, indicando i temi costanti delle puntate (violenza, rabbia, vendetta…) lasciati sottotraccia ma ben visibili per lo spettatore attento capace di cogliere i particolari.
Mr. Wednesday: “In these moments should gonna ask yourself… Would I have been ignored?”
Shadow: “Yes. Ok, yes, ignore me.”
Mr. Wednesday: “Always is better dead than forgotten. No-one forgets ever you.”
Sono i dialoghi a farla da padrone in questo episodio e a tracciare i primi parziali passaggi di trama. Finora tutto quello che lo spettatore sa è il fatto che un ex-detenuto di nome Shadow Moon è stato assoldato come guardia del corpo e tuttofareda un certo Mr. Wednesday (un sempre più mefistofelico Ian McShane dagli occhi perennemente fissi), un individuo che sa molte cose del mondo e che è minacciato da alcune presenze inquietanti con poteri che vanno ben oltre la capacità umana (tra cui una convincente Gillian Anderson nel ruolo della dea Media).
In tutto ciò, quello che fa empatizzare lo spettatore con il protagonista è proprio il fatto che viene messo nelle sue stesse condizioni in quanto viene a sapere le cose nello stesso momento in cui le scopre lui. E forse, da questo punto di vista, la scelta di cripticità da parte degli sceneggiatori/adattatori del romanzo è più che azzeccata. Essendo una serie che ha come tema il “divino”, le vicende ruotano tutte attorno al fatto che lo stesso Shadow deve “accettare” tutto quello che vede come reale e non come frutto della sua paranoia. Tema che si fonde con quello stesso della Fede e della Fiducia (strettamente correlate l’una all’altra) in questo caso nelle proprie capacità. Si tratta pur sempre, infatti, di una storia di redenzione con un personaggio che cerca una seconda possibilità dalla vita. Calcare su questo aspetto è quello che fa stare in piedi l’intera trama e fa sì che si riesca a sopportare la passività che finora ha caratterizzato il personaggio di Shadow e la lentezza generale delle narrazione.
Sono poche (praticamente inesistenti), infatti, le scene d’azione in un episodio che si concentra più sui dialoghi pieni di significato e sulle inquadrature dei personaggi in lunghi e lenti primi piani, utili a farne capire la psicologia complessa. Tra questi, la famiglia composta dalle tre (due finora) sorelle Vechernyaya e da Chernobog (l’ottimo Peter Stormare, finora noto come cattivo nei film d’azione) altro mattatore della puntata e character dotato di un grande carisma narrativo che potrebbe promettere molto bene per le prossime puntate.
La sua comparsa è il vero scossone dato alla trama che si protrae fino al cliffhanger finale in cui lui e Shadow conducono una particolare partita a dama di bergmaniana memoria (anche se in quel caso erano scacchi ma tant’è). Da lì in poi, infatti, è un crescendo di tensione e gioco di sguardi che decreta l’inizio (anche se a fine puntata) del conflitto narrativo vero e proprio, per cui si può ben sperare che da qui in poi la trama prenda tutt’altra direzione diventando sempre più “attiva”. Occorre solo avere Fede.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Bone Orchard 1×01 | 0.97 milioni – 0.4 rating |
The Secret Of Spoons 1×02 | 0.71 milioni – 0.3 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!