Quando si aveva parlato di Beef nell’episodio del podcast che presentava tutte le uscite del mese, non si aveva prestato moltissima attenzione allo show Netflix in sè e per sè quanto piuttosto per il titolo che in inglese significa “carne” ma è anche utilizzato per dire che c’è un motivo di litigio tra due persone (per una spiegazione migliore si consiglia di ascoltare il suddetto episodio). In Italia ovviamente c’è qualche oscuro potere che continua a far tradurre tutti i titoli e quindi Beef è stato tradotto con il titolo Lo Scontro, titolo tutto sommato corretto ma che era serenamente evitabile, vedasi il caso di The Bear.
Uno dei motivi per aver snobbato questa serie limitata è il numero di episodi, addirittura 10 per una trama orizzontale che può essere riassunta molto semplicemente nel seguente modo: all’uscita da un parcheggio, un uomo e una donna hanno un alterco con le rispettive macchine, alterco a cui segue un inseguimento ed una serie di ripicche che col passare del tempo diventeranno sempre più insostenibili.
Pertanto, almeno sulla carta e basandosi sul trailer, la scelta di avere 10 puntate invece che 5 o 6 spaventava molto e sembrava l’ennesimo caso in cui Netflix aveva forzato la mano degli sceneggiatori, pregiudizio che invece, a giudicare dai primi tre episodi, sembra essere stato completamente sfatato. Addirittura, in una recente intervista, il creatore Lee Sung Jin ha dichiarato di avere in mente non una, non due ma ben tre stagioni per questa serie, ovviamente possibili solo nel caso di un successo che, ora come ora, Beef sembra meritarsi.
Danny: “7-C-7-6-4-F-1”
UNA TRAMA CHE NECESSITA DI TEMPO PER CARBURARE
Lee Sung Jin (noto fino a qualche tempo fa con lo pseudonimo Sonny Lee) non è un nome notissimo però ha un curriculum di tutto rispetto (It’s Always Sunny In Philadelphia, Dave, 2 Broke Girls), probabilmente celato alla maggior parte delle persone che non vanno oltre il mero pregiudizio del nome asiatico. Il motivo per cui si citano alcune serie dove ha scritto diverse sceneggiature è per dare un background circa la vena comedy di Beef, una vena comedy che emerge principalmente dalle “tragedie” personali dei due protagonisti, le classiche disavventure che se vissute in prima persona farebbero bestemmiare molti veneti e toscani ma che farebbero ridere se viste su Paperissima o su YouTube.
Elaborando un po’ meglio la trama vista in queste prime tre puntate, Beef si estende decisamente oltre il mero incontro-scontro tra i due protagonisti ed è paragonabile più ad una serie di foto istantanee dei due character che hanno una faida, ma al tempo stesso stanno pure affrontando diverse difficoltà nelle rispettive vite, difficoltà simili ad una spirale di eventi che continuano a peggiorare il loro status quo indipendentemente dalla loro diatriba.
Il punto interessante è che la faida che si instaura tra i due è un momento di decompressione della frustrazione personale, praticamente una violenza giustificata che aiuta a liberarli e anche a distrarli un po’ dalle loro difficoltà. Non è un qualcosa che emerge subito visto che ci vogliono un paio di episodi per capire il vero senso della storia architettata da Lee Sung Jin (specialmente per il character di Ali Wong), ma quando ci si immerge completamente dentro la storia si potrà apprezzare meglio il perchè di queste parole. E in tal senso il binge-watching aiuta molto di più rispetto che una visione a cadenza settimanale.
Amy: “6-R-K-P-6-3-2”
EMPATIA PORTAMI VIA
Quello che succede se una serie non ha degli attori validi nonostante una trama decente è ormai risaputo, quindi farà molto piacere sapere che non è il caso di Beef che può invece contare su due ottimi protagonisti. La serie infatti si regge totalmente sulle spalle di Steven Yeun e Ali Wong, due attori non completamente noti al pubblico (il primo principalmente per The Walking Dead) ma che si rivelano essere molto duttili sia nei momenti di rabbia che in quelli di tristezza e commedia.
Il peso di avere solo 30 minuti a disposizione a puntata ovviamente aiuta ma va sicuramente concesso ad entrambi ben più di qualche complimento, specialmente ad Ali Wong visto che tra i due è quella che soffre maggiormente nel processo di empatizzazione con il pubblico nella prima ora e mezza. L’incipit iniziale la vede infatti come una persona realizzata, con un’azienda di successo che sta per vendere e con una bella famiglia, tutto l’opposto del character di Yeun che invece è il classico loser a cui va tutto storto, è infelice e non riesce a risollevarsi da una situazione che peggiora costantemente. E questo è il motivo principale per cui lo spettatore medio empatizzerà subito con il Danny Cho di Yeun ma non con la Amy Lau della Wong, ma è solo questione di qualche episodio che è il tempo necessario per farla uscire da quel guscio di apparenze che si è costruita intorno a sè e da cui non riesce più ad uscire.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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I primi tre episodi di Beef sono tutto ciò che basta a Netflix e Lee Sung Jin per prendere uno spettatore indeciso e fargli cambiare radicalmente idea circa un prodotto che ha tutte le carte in tavola per evolversi verso direzioni completamente inaspettate. Ed è bellissimo.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.