Tutti conoscono il noto Festival Della Musica e Delle Arti di Woodstock, tenutasi nella cittadina di Bethel (vicino New York) nell’agosto del 1969.
Si tratta di un evento entrato nella memoria collettiva e considerato, ancora oggi, un momento spartiacque nella storia della musica e del costume.
Un evento che ha anche contributo a far conoscere al mondo la contro-cultura americana dell’epoca e la filosofia hippie.
Meno conosciuto, invece, (e dopo la visione di questa docuserie se ne intuiscono le ragioni) il concerto che si è tenuto a Rome (sempre nello stato di New York) nel 1999 per celebrare i trent’anni dell’evento.
Un concerto nato con tutte le buone intenzioni ma che si è ben presto trasformato in una catastrofe quasi annunciata.
QUANDO I BOOMER VOGLIONO FARE QUALCOSA PER I GIOVANI
Era partito tutto molto tempo prima: l’anniversario per i 25 anni del festival (1994) aveva avuto non pochi problemi logistici e di meteo. Il tutto culminato con una recinzione distrutta e molte persone che assistettero al concerto gratis senza pagare il biglietto. Dopo una tale esperienza gli organizzatori decisero di fare le cose in grande per quello che doveva essere un anniversario importante, con lo scopo dichiarato di guadagnare il più possibile dopo i magri incassi della precedente edizione.
E qui partono fin da subito i problemi. In onore di questo ideale viene sacrificato tutto il resto, comprese quelle che dovrebbero essere le basilari norme igieniche e di sicurezza, ovviamente in nome del risparmio economico. Il tutto co-finanziato nell’unico modo in cui gli eventi musicali potevano avere risalto a livello mediatico negli anni 90, ossia tramite MTV e la pay-tv. Woodstock ’99, nei fatti, non è stato niente di più che un normale happening musicale come i tanti che andavano di moda in quegli anni, con l’aggravante di essere stato organizzato male e aver tirato fuori il peggio dai sentimenti adolescenziali dell’epoca. Tutto questo senza un reale scopo che non fosse quello del denaro e il calcare su un sentimento nostalgico infondato verso i “ruggenti anni 60” americani.
Degli organizzatori il solo Michael Lang ha cercato di dare un significato ulteriore all’evento attraverso il tema della pace e la lotta agli armamenti (era l’epoca immediatamente successiva al massacro della Columbine). Ma, anche in questo caso, quello che se ne ricava sono solo tante buone intenzioni realizzate in modo un po’ naïve, dimenticando quello che era il contesto e il pubblico con cui si aveva a che fare.
HARD ROCK ANNI 90 E VIOLENZA
Il pubblico degli anni 90, infatti, (e in particolare quello hard rock, di cui facevano parte molti artisti della scaletta presente nelle varie giornate) era un pubblico completamente immerso nella cultura edonistica e consumistica del periodo, e ai valori del ’69 contrapponeva bel altri ideali, conditi da una volontà di mettersi in mostra e apparire che viene fomentata proprio dalle tv pay-per-view che fanno da sponsor all’evento.
A questo si aggiunge una rabbia di fondo tipica di quegli anni (fomentata, a sua volta, dagli stessi artisti presenti) unita ad un senso di frustrazione e tradimento per quello che, per loro, doveva essere un evento divertente e importante (per molti si trattava del primo concerto della vita).
La docuserie mostra bene questo miscuglio di sentimenti contrastanti e il rapporto controverso fra vecchie e nuove generazioni all’interno di Woodstock (anche all’interno della stessa organizzazione fra “vecchie guardie” e giovani “stagisti-schiavi”) e l’incomunicabilità fra questi due mondi.
STRUTTURA TEMPORALE E IPERBOLE DELLA VIOLENZA
Vedere Trainweck: Woodstock ’99 è come assistere ad una sorta di esperimento sociale malriuscito.
Cosa potrebbe mai accadere, infatti, nel mettere tanti adolescenti (già esagitati di loro) in un posto isolato e pieno di disagi, in condizioni animalesche e senza offrire loro nulla per ripararsi dal caldo rovente che non sia a pagamento (bibite incluse), per di più con artisti che non fanno che esaltare i loro istinti animaleschi fra cui quello di distruggere tutto?
La struttura temporale degli episodi, divisi per ogni giornata del festival, fa già intuire (anche per i neofiti) come andrà a finire questa storia, sottolineando ancora di più come il tutto fosse una catastrofe annunciata.
Trainwreck: Woodstoock ’99 si dimostra così un ottimo esempio di documentario musicale (poiché il genere è quello) che, con la scusa della musica, in realtà racconta molto di più. Si tratta di un vero e proprio compendio della cultura sociale giovanile degli anni 90 e, allo stesso tempo, un racconto che cerca sempre un aggancio anche con il presente e i problemi dei grandi eventi (dis)-organizzati che purtroppo permangono anche oggi, seppure con una consapevolezza diversa.
…THEM ALL!
How The F***k Did This Happened? 1×01 | |
Kerosene. Match. Boom! 1×02 | |
You Can’t Stop A Riot In The 90s 1×03 |
Nuova docuserie Netflix che analizza come e perché il concerto per il trentennale di Woodstock, avvenuto a Rome (NY) nel 1999, non sia andato esattamente secondo i piani degli organizzatori. Con un occhio al passato e la nostalgia per una grande occasione persa ma, soprattutto, con più di un occhio per quanto riguarda il presente e il futuro.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!