“I admit that, for a long time, I related the idea of family to Nietzsche’s ‘That of which does not kill you makes you stronger’. But I don’t think that way about family anymore.”
A pochi episodi dal finale, ci troviamo ad un punto di svolta: o accade veramente qualcosa o la serie si accartoccia su se stessa. E’ questo infatti il rischio di uno show come Sense8, quello cioè di rimanere bellissima sulla carta ma di perdere di credibilità sul piccolo schermo. In “What Family Actually Means” si tratta un tema sicuramente interessante – e che in realtà è ascrivibile alla ridda di argomenti su cui ruota una delle serie più coinvolgenti della scorsa stagione seriale – ma forse in alcuni momenti manca di forza e annega il buono che c’è con microstorie aggiunte alle già innumerevoli che fanno parte di questo enorme libro. L’episodio si costruisce da una parte mostrando nuove trame legate ad alcuni sensate e dall’altra scoprendo nuove carte sulla BPO e su Whispers, sulla lobotomia e sulla donna misteriosa conosciuta da Riley nelle puntate precedenti, di cui conosciamo il nome, Carol Cumberland. Si mescolano così due filoni: quello delle emozioni, delle piccole e grandi storie dei personaggi e quello più etico-scientifico. L’unica domanda da porsi è: stiamo andando in qualche direzione?
Sense8 è racconto di una famiglia allargata – attraverso la mostrazione di un nucleo che riempie i vuoti della famiglia di origine (i genitori di Nomi, il fratello di Sun) -, ma è anche narrazione di chi c’è sempre, nonostante tutto e tutti (la sorella di Nomi, il padre di Will). Questo ottavo episodio, “What Family Actually Means”, analizza bene l’argomento e lo fa attraverso le storyline di tre personaggi: Lito, Will e Nomi, prendendo in esame le diverse tipologie di famiglia, per mezzo di “eventi laterali” (il matrimonio, un padre vicino alla morte).
“My sister taught me what “family” actually means.”
La sorella è stata vicino a Nomi, ha festeggiato la sua nuova nascita (dopo aver subito l’intervento per il cambio di genere), l’ha voluta come damigella, nonostante i genitori fossero contrari, ha desiderato averla con lei perché così è giusto ed è proprio durante il racconto del matrimonio che comprendiamo ancor di più il disagio di Nomi. Durante la cerimonia appare evidente quanto sia stato duro per la sensate vivere in un nucleo che non l’ha mai accettata, che continua, nonostante il cambiamento, a chiamarla Michael. Ogni volta in cui quel nome, ormai dissonante, viene pronunciato dai genitori è come se una lama le venisse conficcata nella carne, come se il succo di un limone venisse spremuto su una ferita ancora sanguinante, perché riascoltarlo la riporta indietro nel tempo.
L’arrivo dell’agente e la disapprovazione dei genitori mescolano i piani e tutto sembra esplodere, vi è un cortocircuito e la donna è nuovamente in lacrime di fronte a tutti. Il suo universo si sta sgretolando, vede il disprezzo sul volto del padre e della madre, il dolore su quello della sorella e si sente sbagliata. Sono di nuovo la fidanzata e l’amico hacker, la famiglia scelta, a correre in suo soccorso; la sua compagna la difende, rimettendo tutto a posto e dimostrando che “famiglia” è una parola con tante declinazioni. La tensione si scioglie nel momento in cui il papà è spinto a cambiare idea e si stempera il dolore provato in tutti questi anni. E’ una doppia vittoria sia quando Nomi si salva dall’agente ma anche e forse soprattutto quando il padre per la prima volta la chiama “mia figlia”. Proprio questi attimi di vita sono quelli che solitamente risultano i più riusciti di Sense8 ma forse qui è un volo fin troppo pindarico.
La costruzione tensione-scoglimento è la stessa per la vicenda di Lito. L’uomo è depresso (a letto in lacrime guarda “Il Laureato”) e si lascia vivere, ed è ancora il suo nucleo “altro”, composto dal fidanzato e dall’amica, ad aiutarlo, il primo con il suo amore, la seconda facendogli ottenere una parte che sembra scritta proprio per lui. Dopo tante sofferenze anche per Lito sembra che le cose stiano andando per il verso giusto – ne è testimonianza l’abbraccio e i festeggiamenti dei tre seduti sul divano.
La situazione di Will va invece in una direzione diversa, per lui non c’è il lieto fine, scopre una notizia dolorosa: suo padre sta per morire. Si costruisce una sequenza lirica in cui, accompagnata dall’agente amico di Will, Riley che è lì con il corpo conduce il suo ragazzo nella camera del padre agonizzante. E’ interessante che il padre ad un certo punto riesca a vedere non Riley ma suo figlio, grazie a quei fenomeni inspiegabili e paranormali che accompagnano il trapasso. L’episodio spinge sull’acceleratore e fa vivere, inserendo dei flashback, anche lo spettatore nei ricordi di un padre e un figlio che dopo tanto tempo sono di nuovo assieme, grazie a sensazioni eccezionali.
“What Family Actually Means” è percorsa da una tensione diversa che tocca la fantascienza, fino ad arrivare all’etica. Siamo accanto a Riley che indaga ancora intorno a Wispers e alla BPO. Simbolo di ciò è la “discesa” negli inferi della mente umana, lo studio dello “scienziato pazzo” in cui la ragazza ha delle visioni. Grazie a lei scopriamo che Carol Cumberland, la donna che come lei si procurava tagli, si è suicidata, con molta probabilità quei “bisbigli” nella sua testa le hanno fatto compiere tale gesto.
L’episodio come tutti gli altri di questa seconda stagione procede con lo stile ormai tipico dello show, ritmo lento e misurato teso a costruire un rapporto stretto con lo spettatore che deve assolutamente stringere un legame con i personaggi, Ci sono pochi eventi perché è l’empatia ad essere il vero protagonista; questo episodio perde di forza proprio su questo punto: nonostante ci siano momenti molto forti drammaticamente – quando il padre di Nomi accetta il suo essere donna e quando il padre di Will muore – qualcosa manca.
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All I Need Right Now Is One More Bullet 2×07 | ND milioni – ND rating |
What Family Actually Means 2×08 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.