Storditi, emozionati, confusi, soddisfatti, abbandonati: sentimenti contrastanti che alla fine di questo episodio, l’ultimo della serie stagione, si sovrappongono nell’animo dello spettatore.
“The Final Problem” è un episodio dal cuore perfetto ma dalla forma non sempre eccelsa che però riesce nell’intento, ovvero far riemergere dalle acque più profonde dell’inconscio lo spirito di un personaggio stimolante, affascinante e immortale: Sherlock Holmes.
Il percorso intrapreso da Moffat e Gatiss nel 2010 ha guidato il detective del 221b di Baker Street attraverso esperienze che lo hanno portato in qualche modo a crescere, maturare, abbracciare la parte più umana di sé, per risultare pienamente vincitore nella giungla della vita. Tutto questo è stato reso possibile soprattutto grazie all’incontro con il prezioso John Watson che, essendo semplicemente sé stesso, ha risvegliato l’emotività sopita nel cuore di Sherlock.
Bisogna domandarsi quale sia la chiave di lettura che i due showrunner hanno fornito per comprendere al meglio questa puntata che mette sul piatto ogni passo fatto dal giovane Holmes, svelando un trauma che ha segnato la sua vita fino ad oggi, e ponendolo faccia a faccia con i suoi pregi e difetti, rendendolo più umano che mai, per poi rimetterlo al posto che gli spetta nella leggenda.
Se si guarda “The Final Problem” con mente fredda e lucida non si può evitare di riconoscere alcuni difetti: il ruolo di Euros nella vicenda di Culverton Smith è ancora nebuloso, così come la sua eccessiva presa di potere su Sherrinford ed il ruolo della donna nella grande macchinazione di/con Jim Moriarty. È indubbio che questi ingranaggi non funzionino al meglio all’interno della narrazione e, probabilmente, potrebbero essere motivo per non apprezzare pienamente l’episodio. Moffat e Gatiss qui richiedono una specie di atto di fede di lostiana memoria poiché è nel cuore, nell’emotività, la via per decifrare la puntata e da questo punto di vista non delude ma anzi si supera, confezionando un finale che chiude un cerchio, aperto con “A Study In Pink”.
La quarta stagione dice chiaramente e senza indugio che il vecchio Holmes è morto in favore di uno Sherlock migliore che, alla grande capacità di razionalità e deduzione, aggiunge quella di scoprirsi vulnerabile, capace di empatia, di instaurare legami con chi fa parte della sua vita e di essere finalmente “a good man“, un uomo buono che accetta la sua imperfezione.
Il tema portante della puntata è senza dubbio la famiglia: i precedenti finali di stagione, avevano già portato Sherlock a confrontarsi non solo con i villain di turno, ma con la più grande delle paure del detective, ovvero la perdita delle persone a lui care, coloro che formano la sua cerchia più ristretta e che sono per lui, appunto, famiglia. Su tutti il timore di perdere John, colui che lo ha risvegliato da una solitudine imposta a causa di un dolore mai superato. In “The Lying Detective” si fa finalmente la conoscenza di quel vento dell’Est sussurrato già nelle precedenti stagioni: esiste un terzo Holmes, una sorella, Euros, più intelligente, più scaltra e molto più sola di Mycroft e Sherlock. Quando i due fratelli e Watson cadono nella trappola orchestrata dalla donna, vengono costretti ad un gioco sadico che risulta essere la messa in scena crudele e folle di quei giochi da cui lei si è sentita estranea da piccola. Al centro del contorto mosaico di Euros c’è naturalmente Sherlock, su tutti, che è costretto a superare delle prove etiche e morali pensate dalla sorella per creare attorno a lui quel vuoto incolmabile in cui la donna ha vissuto tutta la sua vita. Da qui la metafora della bimba sull’aereo, completamente ignorata da adulti dormienti e che per trovare attenzione non può fare altro che usare ciò che ha attorno a sé, come fossero giocattoli.
La freddezza con cui uccide davanti agli sguardi atterriti di Sherlock, Mycroft e John, il modo con cui tortura i sentimenti di Molly e la volontà di distruggere il fratello, sono il prodotto di un’infanzia negata in egual misura a tutti i fratelli Holmes. Euros è isolata ed incompresa, Mycroft cresce in fretta dispensando bugie per nascondere segreti troppo grandi per un ragazzino e Sherlock non metabolizza un terribile avvenimento che lo costringe alla sociopatia che vive da adulto.
Non è un cane Redbeard, ma il migliore amico Victor Trevor, ucciso dalla piccola Euros per punire il fratello minore, reo di non capire il suo amore malato e smodato, alla ricerca della sua considerazione. Ed è così che tutto torna: la personalità controversa del detective, il rapporto con Mycroft, l’attaccamento a Watson, la droga e la razionalità come porto sicuro e scudo protettivo. Ma Sherlock è un uomo nuovo, diverso, che è in grado di accettare ciò che è accaduto grazie alla certezza incrollabile dell’amicizia di John, di quello che hanno condiviso insieme e dell’essere indispensabili l’uno per l’altra, sempre.
Come si diceva prima, il cerchio si chiude con Holmes e Watson non solo uniti contro il crimine ma con uno stato di famiglia allargata a Greg Lestrade, Molly Hooper, Mrs H., Mycroft e la piccola Rosie. Sherlock si apre ad un mondo di avventure, emotive e non, sorretto dall’affetto delle persone che ama e che lo amano accettandolo per quello che realmente è. Questo è il percorso del detective, questo è il punto focale di ciò che Moffat e Gatiss hanno scritto, prendendosi certamente delle libertà e dei rischi ma creando un personaggio unico nel suo genere, insostituibile nel cuore degli spettatori. Sherlock e John sono due lati della stessa medaglia e ogni passo compiuto dal detective dal momento in cui incontra il suo fedele compagno diventa la soluzione al suo problema finale: l’elaborazione di un lutto importante ed il perdono verso l’instabile sorella. L’immagine dei due che si parlano attraverso il suono del violino è emblematica, così come la voce della defunta Mary che immortala per sempre nell’immaginario i “Baker Street Boys“.
“The Final Problem” ha quindi concluso il percorso della serie per come si era imparato a conoscerla fin qui ma, al contempo, apre le porte ad una nuova storia con protagonisti due uomini più completi, temprati dalle vicende che li hanno portati a maturare emotivamente e ad ottenere uno Sherlock molto più saggio e comprensivo. Se questo “The Final Problem” alla fine si rivelerà essere un series finale, allora lo spettatore conserverà gelosamente la sensazione di una grande occasione sfruttata nel migliore dei modi che lancia definitivamente Sherlock nell’olimpo della serialità televisiva, così come i suoi interpreti che hanno più che egregiamente dato vita a due baluardi della letteratura mondiale.
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Con questa puntata si chiude un’era, consegnando definitivamente al mito Benedict Cumberbatch e Martin Freeman e, se mai ci sarà una quinta stagione, si partirà con un clima del tutto nuovo. Non resta che attendere nuovi sviluppi, apprezzando pienamente questo finale speciale, non scevro di difetti ma che lascia a bocca aperta, estasiati davanti ad un prodotto semplicemente “…awesome!“.
The Lying Detective 4×02 | 6.0 milioni – 27.4 share |
The Final Problem 4×03 | 5.9 milioni – 27.2 share |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.
Finalmente una recensione scritta bene e attenta a tutti i particolari
Ciao Eleonora, ti ringrazio molto! Condividila e continua a seguirci 🙂