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Tales From The Loop è una serie molto particolare: come si è detto recensendo il primo episodio, non nasce da un soggetto originale o da un libro o da un fumetto o da un videogioco, bensì da una serie di quadri dell’artista svedese Simon Stålenhag, di per sé già assai intriganti perché mostrano una Svezia retrò popolata da tecnologie avveniristiche. Ma un’altra particolarità del nuovo prodotto Amazon è il suo equilibrio tra formato antologico e organicità del tutto: ogni episodio racconta una storia a sé stante, ma la comune ambientazione nella cittadina immaginaria di Mercer assicura la possibilità di riproporre personaggi già visti, di gettare nuova luce su dettagli precedenti, di aggiungere poco a poco pezzi al gigantesco puzzle.
Non a caso “Transpose” racconta una vicenda diversa da quella di “Loop” ma ne riprende alcune figure, a cominciare da Jakob, figlio maggiore di casa Willard e protagonista insieme al migliore amico Danny di uno scambio di corpi. Il body switch è un espediente narrativo noto a tutti, riproposto spesso e volentieri in salsa comica o comunque al servizio di storie leggere, in cui si ride per le inevitabili goffaggini che derivano dal vivere la vita di un’altra persona. In Tales from the Loop, invece, la narrazione prende “presto” (il perché delle virgolette qui si capirà più avanti) una piega più sinistra e oscura, sicché quello che era partito come un gioco innocente sfocia in tragedia.
Jakob e Danny hanno la possibilità, più unica che rara, di vivere ognuno la vita dell’altro e di scoprire quanto le loro esistenze siano intrinsecamente simili, accomunate dal desiderio di intraprendere strade diverse da quelle che le rispettive famiglie vorrebbero imporre: Jakob, infatti, preferirebbe coltivare il proprio talento nel disegno piuttosto che portare avanti la tradizione lavorativa dei Willard nel Loop, così come Danny non vuole faticare per tutta la vita in una cava e aspira proprio a un impiego nel centro di ricerca. Da questa fatale coincidenza, cioè che il futuro a cui Jakob si ribella è esattamente quello che l’amico vorrebbe, scaturisce l’essenza del dramma: il trionfo dell’egoismo di Danny, il rifiuto di fare un altro scambio delle coscienze, il tentativo solitario di Jakob di rimediare e il suo conseguente coma, da cui non è dato sapere se si risveglierà mai. Anzi, si insinua persino il sospetto che la coscienza di Jakob si trovi intrappolata nel robot bipede visto già nel primo episodio e qui ricomparso nel finale. Di sicuro, anche se fosse nel corpo dell’amico lo scambio non sarebbe più possibile, perché viene mostrato lo smantellamento della strana sfera trovata nel bosco. Niente lieto fine, insomma, come invece accade nelle commediuncole in cui mamma e figlia ritornano alla normalità più unite che mai, dopo aver sperimentato ognuna la condizione dell’altra, ma un’amara conclusione in cui viene spontaneo chiedersi se sia valsa la pena, per Danny, sacrificare un amico per ottenere ciò che desiderava.
Purtroppo, la bontà dell’idea di partenza e del finale non compensano totalmente il vero punto debole della puntata, ossia la lunghezza. La storia di Danny e Jakob è troppo lineare perché possa reggere in maniera soddisfacente quasi un’ora di girato, e infatti la lentezza la fa da padrona, perché diventa necessario allungare il più possibile le inquadrature, le scene, i tempi morti al fine di arrivare al minutaggio desiderato. Non mancano nemmeno i riempitivi superflui, come la sottotrama della fidanzata di Danny per la quale anche Jakob ha un debole. Arrivati alla fine di “Transpose” si ha la sensazione, se non la certezza, che per raccontare la stessa storia sarebbero bastati trenta minuti, lo stesso formato di The Twilight Zone, serie a cui Tales from the Loop sembra guardare come una delle fonti d’ispirazione.
Si potrebbe annoverare anche tra i difetti la mancanza di chiarimenti sul fenomeno dello scambio dei corpi o sul funzionamento della macchina che lo rende possibile o ancora sul destino ultimo della coscienza di Jakob, ma è ormai evidente che la nuova serie Amazon non vuole dar vita a una fantascienza hard, non vuole offrire risposte (fanta)scientifiche allo spettatore. Anche in questo senso, si potrebbe riconoscere una diretta filiazione da The Twilight Zone, con le conseguenze dell’incontro tra l’uomo e l’ignoto al centro della vicenda, senza la necessità di fornire spiegazioni convincenti. E questo potrà forse deludere gli amanti di un certo tipo di science fiction, così come potrebbe essere per altri motivo di fascino e di interesse aggiunto. Ognuno la pensi come vuole.
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È un peccato che Tales from the Loop annacqui un’intelligente declinazione del body switch in un mare di lentezza narrativa solo per raggiungere la durata prefissata, eppure con rammarico bisogna prenderne atto. La serie tratta dalle opere di Stålenhag ha comunque una sua fisionomia ben precisa e farà sicuramente la gioia degli amanti dei ritmi placidi, delle storie surreali e della fantascienza più “fanta” che “scienza”.
Loop 1×01 | ND milioni – ND rating |
Transponse 1×02 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.