Diamo fiducia a Kurt Sutter. Diamogli fiducia perché possiamo metterci la mano sul fuoco sul fatto che se propone un pilot, o un plot, ad un’emittente, lui ha già davanti agli occhi il fotogramma finale.
È vero, in questo periodo televisivo, la pazienza degli spettatori – e di conseguenza dei canali televisivi – è labile. La voglia di investire è, giustamente, bassa. Troppo materiale all’orizzonte, magari anche migliore della serie in questione che starebbe momentaneamente deludendo.
Sono un po’ di episodi che iniziamo ad intravedere una lenta risalita nell’andamento del Bastardo Esecutore. Le trame iniziano a sciogliersi, senza apparire più come quella sottospecie di Game Of Thrones con attori meno bravi, scenografie meno convincenti, intrecci meno interessanti.
Senza andare troppo nel profondo, “The Bernadette Meneuver” pone su schermo una virtù tutta sutteriana: la viulenza. Non che fosse mancata negli altri episodi, ma era sempre stata troppo annacquata, sparpagliata in mezzo a tanti (troppi) momenti di lento dialogo, con sottofondi di anacronistiche chitarre acustiche (Kurt, occhio a ‘sta colonna sonora da soap!).
Teste mozzate non troppo bene, frecce che trapassano le facce, preti che si liberano dalle catene con un ossicino di pollo: le dosi di azione in un pre-season finale non possono che essere di ottimo auspicio.
Le linee narrative, oltretutto, sono favorevolmente ben suddivise. L’unione di gran parte dei personaggi, nella spedizione punitiva a sir Gaveston, rende impossibile frastagliare luoghi e persone. Senza contare che, indubbiamente, non si può non provare curiosità per il confronto tra Lady Love e Jessamy, soprattutto nel capire se quest’ultima ci fa o ci è. Per quanto riguarda la sottotrama del prete, la possiamo salvare soltanto perché punto di unione con il finale del precedente episodio, nonché situazione sospesa di cui tutti sono ignari. Tuttavia, non si può certo dire che la sottotrama religiosa sia limpidissima, o fonte di estrema curiosità e attenzione. Katey Sagal e Sutter sfigurato sono braccati da dei fanatici: tanto ci basta, per ora. La nostra vera attenzione è orientata altrove.
A tal proposito, la lungimiranza di Sutter è sicuramente una grande virtù di scrittura. Nasconde, però, anche alcune insidie. Esempio: Gaveston, nei precedenti episodi, ci è apparso come un personaggio simpatico come una gomitata sulle gengive. Nello scorso episodio ci viene fatto capire di come, off-screen, sia stato considerato nemico dai nobili locali. Verosimile, nell’ambito della pluralità di voci, situazioni e poteri dell’epoca. Tuttavia ciò che è mancato a Gaveston è stata un’evoluzione di fronte ai nostri occhi, dove poter osservare il passaggio dal far inginocchiare un ciambellano, al farsi ordinare la stessa cosa. Per questo motivo tutta l’intera spedizione punitiva risulta, ebbene sì, affrettata. Godibile, senz’altro, ma l’impressione è quella di aver saltato dei passaggi. Chissà, forse avere in mente un risultato ha fatto sì che l’autore si interessasse relativamente alle fasi intermedie. Lo stesso vale per la già citata parentesi religioso-esoterica. Abbiamo, però, ancora pochi elementi a riguardo per poter asserire la stessa cosa del già decapitato Gaveston.
La spedizione punitiva va ben oltre il valore approssimativamente negativo sopra attribuito. Lo sguardo finale di Toran, nei confronti degli oggetti della sua futura vendetta, è tutto un programma. Cosa hanno fatto Corbett, Wilkin & co. se non compiere un raid praticamente identico a quello del Pilot che aveva stravolto le loro vite? E non è proprio Toran a dichiarare di sentirsi molto più a suo agio con questa vita colma di sangue e violenza?
Un messaggio che Sutter già ci voleva trasmettere nella sua altra grande opera era che, per quanto il nostro antagonista possa sembrarci il nostro eterno nemico, potrà sempre capitare che ci alleeremo con lui per combattere qualcuno di molto peggiore. Milus Corbett avrà modo di pagare, forse, in futuro. I soldati sterminatori delle famiglie, di Wilkin e degli altri, moriranno per mano loro, ma per ora nello schermo appaiono tutti come momentanei alleati. A differenza, poi, degli schemi più o meno stabili di Sons Of Anarchy (il club era nucleo composto da molteplici personaggi, con il solo caso di Clay catalogabile come antagonista), TBX ci garantisce una struttura senza schemi. Wilkin è da solo, con due/tre amici e una nobildonna che lo ama: tutto è labile. Nascosto e in bilico. Deve muoversi in silenzio, con molta prudenza, mordendosi la lingua per colpa dei molti peccati che è costretto a compiere.
Alla fine della fiera – e alla fine dell’episodio – una morale salta ai nostri occhi. Vera, grande costante dell’universo sutteriano, che siano bastardi esecutori o figli dell’anarchia: la colpa è sempre di Katey Sagal. La Sagal che, come se non bastasse, si rivela anche madre del protagonista. È bello sapere che vi sono ancora delle certezze in questo mondo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Broken Things/Pethau Toredig 1×08 | 1.07 milioni – 0.3 rating |
The Bernadette Meneuver/Cynllwyn Bernadette 1×09 | 0.82 milioni – 0.2 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.