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The Big Bang Theory è innegabilmente un successo mediatico. Lo è ormai da anni. La serie però comincia a risentire della longevità, croce e delizia di ogni serie comedy, mettendo a nudo le debolezze che lo show, apparentemente intoccabile, presenta ormai da un paio di stagioni. Gli episodi mettono in scena sempre più spesso situazioni familiari, arricchite (o impoverite) da battute semplici e dirette che talvolta hanno l’effetto di un boccone già masticato. I confini sono marcati, gli stereotipi vengono spinti al limite e la scrittura non sempre stupisce per la sua originalità.
In molti staranno già componendo il numero di telefono del centro neuropsichiatrico più vicino, segnalando un recensore in preda a deliri nichilistici e vaneggiamenti al limite della blasfemia. Ecco, fermatevi. Quella che, con ragione, vi sembrerà una critica negativa, in realtà rappresenta il punto di partenza per un’analisi assolutamente orientata alla valorizzazione dello show di Lorre e Prady. Sì, perché Big Bang Theory, conservando il suo stile tradizionale, non può che affascinare. Gli attori hanno sviluppato una chimica difficilmente eguagliabile e lo dimostrano, puntata dopo puntata, donando alle interazioni tra personaggi una profondità emotiva davvero impressionante.
La settima stagione ha portato molti dei personaggi sulla cosiddetta “strada non battuta”, rovesciando gli schemi classici a cui ci eravamo abituati e uscendo da una situazione di potenziale stallo che di certo avrebbe portato il telefilm a livelli di monotonia estremamente rischiosi. Il rapporto tra Amy e Sheldon è diventato, giorno dopo giorno, sempre più somigliante ad un fidanzamento; Penny e Leonard sembrano finalmente lanciati verso il tanto agognato matrimonio e Raj ha addirittura trovato una ragazza dopo essere guarito dal suo mutismo selettivo. Solo la coppia Howard/Bernadette non ha subìto cambiamenti degni di nota, probabilmente in attesa di una (necessaria) gravidanza che finalmente potrebbe rivitalizzare i due personaggi, oramai da troppo tempo ancorati alla logica di coppia e purtroppo da essa penalizzati.
Per fortuna in questa puntata i due vengono separati, dimostrando quanto il valore dei singoli attori aumenti esponenzialmente una volta sganciati l’uno dall’altro. Da un lato abbiamo il ritorno di una storica rivalità, quella tra Sheldon e Howard, con quest’ultimo costretto a dimostrare al neo professore il proprio valore intellettuale. I momenti più divertenti dell’episodio arrivano grazie ai siparietti studente/professore messi in scena da Helberg e Parsons, magistrali come sempre nella loro interpretazione. Dall’altro lato invece abbiamo il comparto femminile dello show, con Penny e Bernadette in lite ed Amy nel mezzo. Questa storyline rappresenta sicuramente il punto debole dell’episodio, offrendo ben poche risate, fatta eccezione per un paio di scene interpretate dalla Bialik, perfetta come sempre nel recitare la parte della trentenne adolescente. Come abbiamo già detto, però, le loro vicende appaiono prive di mordente e quindi non suscitano molto interesse nello spettatore.
Il lavoro fatto sull’evoluzione dei personaggi in questi primi episodi è stato assolutamente prezioso. The Big Bang Theory cerca di mutare ma conservando il suo stile inconfondibile. Molte gag appaiono poco originali e le storyline fanno ancora parte di quel materiale “standard” da sit-com che ci è stato già proposto negli anni precedenti. Ma in fin dei conti, se una cosa funziona, perché cambiarla? Gli ascolti parlano chiaro, la serie nonostante tutto continua a piacere e, dopo otto anni, non è cosa da tutti. Il rischio è di inciampare in un ostacolo tanto pericoloso quanto fatale per una serie comedy: una scrittura pigra. Rischio che palesa la sua concretezza proprio negli attimi finali dell’episodio, un classico alla The Big Bang Theory, pericolosamente vicino alla piaga del cliché. Ennesima scena sul divano, ennesimo scontro tra nerd a colpi di nozioni scientifiche ed ennesima presa di coscienza sul proprio status da emarginati sociali ai tempi del liceo. Titoli di coda. Un modo non troppo originale per chiudere l’ottava sfida inaugurale affrontata dallo show.
Ma d’altronde, quando disponi di attori del calibro di Jim Parsons e un rinnovo già garantito, si capisce bene quanto la logica del “massimo risultato, minimo sforzo” possa far gola. Una sicurezza meritatamente guadagnata dagli autori, oramai dannatamente consapevoli del fatto che “squadra vincente non si cambia”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Questa premiere poteva sicuramente andare meglio, ma nel complesso i due episodi intrattengono e divertono quanto basta. La stagione è appena iniziata, azzardare un giudizio è sicuramente affrettato. Una cosa però è certa: dopo sette anni di messa in onda tenere incollati allo schermo 18 milioni di spettatori non è certo un’impresa da poco.
The Locomotion Interruption 8×01 | 18.03 milioni – 5.4 rating |
The Junior Professor Solution 8×02 | 18.24 milioni – 5.4 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.