(da “Fascisti su Marte”)
La citazione sopra riportata non ha senso. Però durante la puntata la cosa è venuta in mente al recensore, così, de botto.
Tornando seri, il sesto episodio dovrebbe trovare lo spettatore ormai già abituato al linguaggio dello show, una volta assorbito il rapido cambio di percezione. Se infatti ci si poteva immaginare in principio una serie con i viaggi spaziali al centro della narrazione, l’impianto a metà tra il family drama e il thriller sociopolitico potrebbe aver inizialmente spiazzato. In questo senso “Collisions” tocca forse la vetta più alta proprio della prima caratteristica, restringendo ancora di più l’aspetto “sociale”, economico e politico del viaggio su Marte, concentrandosi quasi soltanto sulle percezioni e sul vissuto dei protagonisti.
Il precedente bellissimo episodio era a suo modo uno spiegone che dava una risposta a quelle che fino a quel momento potevano essere state supposizioni sulla famiglia Hagerty. La 1×06, con tale bagaglio, porta avanti la vicenda del rapporto padre-figlia. Conosciuto il passato, ci si muove verso il futuro, mettendo su però un meccanismo ciclico di eterni ritorni: la mancanza del padre crea una sofferenza familiare, il disagio familiare crea un intoppo lavorativo. Se però, come visto in “Two Portraits”, la prima risposta è quella di sollevare Tom dal suo incarico, in questo caso Laz non agisce più da fredda CEO, lasciando uscire il suo lato più umano e mostrando un’evoluzione. Il passaggio da fredda donna di potere (che Willimon adora descrivere, vedere Claire Underwood come già detto qui) a idealista visionaria è reso magistralmente pur con un background di episodi non immenso.
Laz è l’effettiva protagonista dell’episodio. Grazie allo stile ovattato e compassato di Willimon, che evita totalmente di cercare l’empatia dello spettatore con i personaggi, la donna è il fil de rouge di “Collisions”. La sua posizione di comando viene puntualizzata continuamente dall’intervista in cui passa dalla prudenza alla diplomazia a fuoco e passione per la missione che sta mettendo in atto. Come già detto, tale micro-evoluzione non altera i toni di quanto mostrato. Croce e delizia dello stile del creatore di House Of Cards (US) è proprio questo ritmo piatto e compassato, distaccato e lontano. Lo spettatore si perde e si lascia avvolgere dall’introspezione (condita da una recitazione di altissimo livello: Sean Penn sugli scudi durante il litigio con la figlia), dai monologhi al limite dell’onirico, dalla fredda atmosfera fantascientifica. Lo spettatore però rischia anche di soffrire l’atmosfera eccessivamente drammatica. Per godere di questo tipo di scrittura bisogna accettare che Marte probabilmente non la vedremo mai, che la vita nell’astronave potrebbe essere proiettata nel futuro (forse anche mai), che l’appassionato di fantascienza si attacca amorevolmente.
Dove lo stomaco non arriva, arriva la testa. L’aspetto fantascientifico rimane volutamente sullo sfondo, senza spiegoni, senza il bisogno di accentuare e catturare l’attenzione del pubblico. Interessantissima la scena con gli ologrammi che fanno da psicologi (ammissione di colpa del recensore: non che si sia capito benissimo, i lettori sono invitati a puntualizzare bene sta storia).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Two Portraits 1×05 | ND milioni – ND rating |
Collisions 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.