The Lady 2×04 – Episodio QuattroTEMPO DI LETTURA 5 min

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Mi verrebbe voglia di buttarmi nel vuoto
Capisco, il vuoto è la cosa più comune
Ma, non sono certo che questo sia il momento giusto per mettere fine alla mia vita… Vado
Arrivederci
Arrivederci

Il vuoto cosmico ed esistenziale. Il disagio di chi si crogiola nel nulla. La banalità e il fascino indiscreto della vacuità, figlie di un’era fatta di lusso e ricchezza ad ogni costo, dimostrando che più importante di ogni cosa è avere. Quella tra l’uomo in attesa e un passante che pensa al suicidio è solo una delle tante citazioni della quarta puntata di The Lady – L’odio passionale, il capolavoro della Lady per eccellenza, Lory Del Santo, una e multipla nel suo ruolo di artista completa.
“Affondo il mio coltello nella piaga della società e ci sguazzo”; come se fosse alla cena di Trimalcione (cena in cui il padrone di casa esibisce un lusso pacchiano che infastidisce), la tuttofare “Arbiter rerum et super res” sguazza nei vizi e brutture umane e nella pochezza dei giorni nostri. Al centro di The Lady c’è quel mondo che non vorremmo vedere – quello del berlusconismo -, ciò di cui ci vergogniamo – quello del “tronismo” -; eppure fa tristemente e irrimediabilmente parte ancora del nostro oggi, fatto di bisogno di popolarità.
Quello della Del Santo è un mondo mostruosamente meraviglioso in cui è normale esseri bizzarri (l’ometto curioso spiritato che canta delirante “Il mio corpo che cambia”), imbarazzanti nella grottesca volgarità (“Fai come quell’uomo che va dalla sua donna ogni giorno e diceva ‘Tesoro, fammi baciare il tuo boschetto’ e così via di seguito. E poi, un giorno, lei rispose: ‘Senti caro, se non pianti l’alberello, dovrò vender l’orticello’“). Questo è un universo in cui fare il playboy è un mestiere – non a caso il mondo di riferimento è quello dei tronisti -, diventare famoso è la massima aspirazione ed essere sexy e bellissimi è status esistenziale.
I protagonisti di The Lady parlano del nulla, mescolando qualunquismo, frasi fatte, banalizzando ogni tipo di discorso, vivendo grazie ai loro corpi, palestratissimi e levigatissimi, dotati dell’abilità dello spogliarello disinvolto, specchi di una società votata al tatuaggio facile e all’abbronzatura da lettino solare.
Le persone si incontrano per caso nell’ufficio di The Lady, parlano di tutto e niente:

“Mi hanno detto che vale la pena di aspettare per vederla di persona (Lona)”
“Io vedo tutto al cinema e alla televisione, visualizzo, viaggio per il mondo, sono anche stato indietro nel tempo”
“Non mi disturbi! Le persone che sanno troppo mi annoiano”.

Si fanno domande “filosofiche”; un uomo con pantaloncini corti e cappellino, battendo sulla spalla di un tale in attesa, chiede, “Lei è felice?“, l’unica risposta è un annoiato “Talvolta“. Si parla stranamente di cose importanti, svuotandole di senso, dal momento che chi ne parla non è all’altezza di fare discorsi “seri” – “Le domande troppo difficili mi imbarazzano, chiedo venia“.
Questo quarto episodio è tutto costruito intorno all’attesa, i vari personaggi di cui non conosciamo nome, provenienza e direzione sembrano vagare in una bolla di sapone, in una stanza che non esiste, in un limbo in cui si deve passare per arrivare da qualche parte. C’è chi aspetta di incontrare The Lady (l’uomo in attesa appunto), ci sono poi i vari personaggi che si sono presentati al casting (brilla di luce propria il compagno della senatrice Pezzopane, Simone Coccia Colaiuta, che dibatte sui numeri primi con forza maschia e virile) e ancora le due antagoniste femminili, una pronta a agire, l’altra ignara di ciò che sta per succedere.
In questa puntata finalmente, nonostante le uscite senza capo né coda che punteggiano i dodici minuti, capiamo “qualcosa” in più sulla storia: Zora orchestra la vendetta contro Lady che le ha rubato il ruolo e anche il marito. Si delinea ancor di più la differenza tra la bionda e la mora, la malvagissima e l’arrivatissima, ricchissima e dotatissima. Si fa sempre più vicino lo scontro tra la villain, Zora, una donna “elettrica [,] sorprendente e altisonante“, e l’ipertiroidea Lona. Zora, aiutata dai suoi nudissimi scagnozzi e adorata dal nipote che vuole studiare “pissicologia” per essere un “combattente completo”, è sempre più forte, ha la stima e il supporto dei suoi alleati. Lona invece perde di forza, è turbata da sogni sconvolgenti, tutti da interpretare, secondo lei e secondo l’assistente Doris (scomodando insieme all’interpretazione di freudiana memoria, qualunque tipo di detti popolari – vacche grasse o magre – e creazioni di modi di dire per arricchire la lingua – “buoi dei paesi limitrofi“), sogni da cui invece si dovrebbe evincere chiaramente il futuro di Lona.
Interessante come la Del Santo in questa seconda stagione non ci mostri il suo alter ego solo come una donna alfa – come è stata dipinta nella stagione e nelle puntate precedenti -, ma sveli alcuni punti deboli della donna in carriera (fragile fisicamente e psicologicamente, invidiata, odiata addirittura e ancora innamorata di un uomo del suo passato, “Una scheggia positiva del tuo essere mi ha sfregiato il cuore“). Ci dobbiamo schierare a questo punto, siamo portati a scegliere da che parte stare: con Lona? o con Zora?

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il nipote di Zora
  • L’uomo che attende
  • Il non senso che nelle mani della Del Santo diventa critica ironica e brutale (sicuramente inconsapevole) ad una certa società
  • Buoi dei paesi limitrofi
  • L’uomo che canta “Il mio corpo che cambia”
  • L’assenza di Chang (evocato comunque da Lona) e di Maccio Capatonda
Con The Lady la donna del momento mette in scena l’elogio della banalità, superficialità e stupidità con dei fantocci di pezza monotoni, monocromi e monocordi che raggiungono perfettamente i desiderata; il risultato è che il pubblico è pazzo del prodotto. La Del Santo utilizza l’accetta, che è già solita usare per tagliare le scene, in maniera ancora più violenta e brutale; eppure tutto è talmente sbagliato, dalla recitazione al trionfo del non senso, da risultare perfetto in quanto metafora del vuoto di un certo tipo di mondo (quello patinato) e dell’individuo che lo abita.

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