Quando lo spettatore si trova davanti a serie di sopraffina qualità come questa, dove tutto è curato nei minimi dettagli, a volte tende a vederci una certa cura anche negli elementi più insignificanti. Ad esempio? Il titolo, a volte considerato dagli autori l’aspetto meno importante da curare. Magari l’hanno fatto apposta oppure forse stiamo vedendo un significato nascosto lì dove non esiste, però questa volta non c’è nome più azzeccato per descrivere dove stia andando a parare The Man In The High Castle: “End Of The World”.
La serie di Amazon si avvicina al suo season/series(?) finale sfoggiando una certa classe nichilista, distruggendo e rivoltando il mondo dei protagonisti fischiettando l‘omonima canzone dalla cantante Skeeter Davis. Nonostante la performance sia a lei accreditata, il testo di “End Of The World” venne scritto dai cantautori Arthur Kent e Sylvia Dee, anche se il merito va più a lei che a lui; infatti le parole del testo furono quasi tutte della Dee, le quali (a loro volta) si ispiravano ai sentimenti che provò riguardo la morte del padre. Quindi il titolo del brano non è tanto da interpretare e tradurre come “la fine del pianeta Terra”, quanto la fine del microcosmo esistenziale di Sylvia Dee, rivoltato come un calzino e cambiato per sempre dopo la triste dipartita di una figura importante della sua vita. Ecco, quello che succede ai protagonisti in questa puntata è esattamente questo, la fine del loro personale mondo. Fine mostrata quasi come l’inevitabile conseguenza scaturita non tanto dall’esistenza del filmino contenente immagini di come sono andate veramente le cose durante la Seconda Guerra Mondiale, quanto piuttosto dalla diffusione della notizia e dal coinvolgimento di chi voleva impossessarsene.
Il personaggio di John Smith è l’esempio più calzante per descrivere questa situazione. Uomo che da Übermensch da manuale, si ritrova a dover affrontare il dilemma di avere “un debole” in famiglia che soffre per una beffarda malattia ereditaria. Se lo spietato Obergruppenführer era già dagli inizi uno dei personaggi più accattivanti del serial per l’abilità di Rufus Sewell di calarsi nel ruolo, lo è ancora di più adesso, dove la situazione lo chiama a prendere una dolorosa scelta: applicare le leggi della purezza del Mein Kampf fino in fondo, oppure comportarsi più come un normale padre preoccupato per il figlio. Già dalla sua espressione incredula al responso medico si prospettano all’orizzonte grandi momenti di crisi esistenziale che andranno solo a migliorare il personaggio la cui ideologia va a scontrarsi in maniera diretta con ciò a cui tiene di più. Spotnitz schiaccia il tasto dolente che meglio riesce ad indebolire (in senso lato) un character apparentemente impenetrabile che non compie mai un gesto senza studiato tutte le possibili varianti di ciascun evento. Non c’è nessun piano però per una situazione imprevedibile, soprattuto per un prescelto come può deve essere il figlio di un Obergruppenführer. Un discorso simile, seppur riproporzionato, vale anche per Juliana e Joe, anche se per loro ci sono voluti ben cinquanta minuti di puntata prima di vedere la fine del loro mondo.
In tutto questo, vale anche la pena citare come, tra una trama e l’altra, il serial riesca a giocare con gli elementi di cultura pop che subiscono l’influenza dello scenario ucronico del mondo ispirato all’originale “La Svastica Sul Sole”. Non a caso il brano da cui prende il nome la puntata viene infatti cantato all’interno dell’episodio in un disturbante mix di Inglese e Giapponese, a volte parecchio stonato, non per mancanza di abilità di esecuzione, ma proprio perché il canto bilingue non è forzato, di più. Un dettaglio forse insignificante ma che fa invece riflettere. Anche l’arte, la forma più pure di libertà di espressione, è stata così tanto soggiogata alla vittoria dei nazisti e degli alleati del conflitto mondiale che, per non offendere i padroni vincitori, viene un po’ adattata alla loro lingua madre. Stessa cosa per quanto riguarda lo studio del tedesco come lingua (“Your children… sprechen sie schon Deutsch?“) o le materie scolastiche(“I got an A in Aryan literature, remember?“). Per quanto fittizio possa essere questo universo, se ci si ferma un attimo a riflettere su come sono andate storicamente le cose, si può soltanto dire quanto siamo stati terribilmente fortunati. Se poi si tiene anche conto della delicata situazione sociopolitica che stiamo vivendo, suona ancor più come un greve e crepuscolare monito di avvertimento. Quello che la storia non insegna lo si può vedere qua.
Per il resto, l’episodio ha molti punti in comune con “The New Normal“, dato che entrambi si presentano come puntate di passaggio, anche se con scopi e risultati diversi. Mentre il quinto episodio della serie si classificava come un re-start della trama generale – simboleggiando la fine della prima parte della stagione e l’entrata nella seconda parte – “End Of The World” si presenta invece come un prologo che spiega il tappeto rosso ai futuri “Kindness” e “A Way Out”, ultimi due episodi della stagione che si prospettano al fulmicotone.
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Truth 1×07 | ND milioni – ND rating |
End Of The World 1×08 | ND milioni – ND rating |
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